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La paremiologia nella letteratura spagnola del ''Siglo de Oro''

La ''Lozana'' e il suo autore

Il romanzo, il cui titolo completo è Retrato de la Lozana Andaluza, fu composto a Roma e pubblicato anonimo a Venezia nel 1528.
L’opera mette in scena, con prepotente vigore teatrale, la grande selva romana delle cortigiane, dei truffatori, delle mezzane, dei gonzi e dei lenoni. In una serie di episodi ricchi di personaggi – si arriva a centoventicinque – però sempre centrati sulla figura della Lozana, cortigiana andalusa arrivata Roma in cerca di fortuna, si orchestra a poco a poco il ritratto di una Roma corrotta. La Lozana Andaluza scomparve ben presto dalla storia letteraria senza lasciar traccia. Prima che questo eccezionale documento della Roma di Leone X potesse essere recuperato dalla cultura europea dovettero passare più di tre secoli: fu soltanto nel 1845, infatti, che l’ispanista tedesco Ferdinand Wolf ne parlò per la prima volta, avendone trovato una copia, rimasta a tutt’oggi unica, nella Biblioteca Imperiale di Vienna.
Singolare sotto molti aspetti, come opera d’arte, come testimonianza storica, come documento linguistico, la Lozana è ormai entrata a far parte dei classici della letteratura spagnola e ha avuto numerose edizioni. Il suo ignoto autore fu identificato nel 1857, dal bibliofilo Pascual de Gayangos, nel prete spagnolo Francisco Delicado. Poche notizie si hanno di questo grande scrittore e umanista del primo Cinquecento.
Nacque intorno al 1480, era membro di un’importante famiglia ebraica di Córdoba, espulsa dal paese in seguito alle misure anti-giudaiche emesse dai Re Cattolici dopo la reconquista di Granada. Prima di abbandonare il paese natale, però Francisco fu quasi certamente allievo di Antonio de Nebrija, da cui imparò l’amore per i classici greci e latini.
I Delicado dovettero rifugiarsi nel ghetto di Venezia, ospiti di alcuni parenti, qui Francisco si mise in luce per le sue ottime qualità letterarie, traducendo brani dal latino all’italiano per la facoltosa nobiltà della Serenissima.
Rientrato a Venezia, dopo un breve soggiorno a Roma, Francisco ottenne comunque la protezione del coltissimo ambasciatore Andrea Navagero, che sponsorizzò i suoi scritti nei raffinati circoli culturali della città lagunare, assicurandogli una discreta tranquillità sociale ed economica. Morì probabilmente nel 1535, perché da tale data non si trovano più riferimenti diretti alla sua persona nella documentazione pubblica dell’epoca.
El Retrato de la Lozana andaluza è composto da varie parti tra loro disomogenee. Le avventure della protagonista a Roma occupano solo la parte centrale dell’opera che è divisa in mamotretos, cioè un insieme di fogli, irregolarmente assemblati. Il racconto verte sulle memorie agrodolci di una bellissima cortigiana che ha fatto fortuna negli sfarzosi postriboli della Roma papalina, frequentati continuamente da folle di preti e cardinali lussuriosi.
Il tono è ferocemente anticlericale, e trova efficace espressione in un linguaggio crudo e vivace, ricchissimo di italianismi e inflessioni dialettali romane. Ma riemergono sempre elementi tipici della tradizione popolare spagnola, compreso un genuino interesse per personaggi grotteschi e surreali già impostato da Fernando de Rojas nella Celestina. Inoltre, il sordido ambiente della prostituzione cinquecentesca viene descritto con notevole realismo, in virtù probabilmente delle esperienze dirette dell’autore, che risedette proprio nei quartieri più poveri della capitale pontificia. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La paremiologia nella letteratura spagnola del ''Siglo de Oro''

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Informazioni tesi

  Autore: Federica Ottavo
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Napoli "L'Orientale"
  Facoltà: Studi Letterari, Linguistici e Comparati
  Corso: Letterature e Culture Comparate
  Relatore: Roberto  Mondola
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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