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La città bizantina

L’edilizia cristiana

Secondo lo storico del IV secolo Eusebio di Cesarea, nel periodo di tolleranza verso il culto cristiano prima della persecuzione da parte di Diocleziano, i cristiani, «non soddisfatti dei loro vecchi edifici, eressero spaziose chiese allo scoperto in tutte le città»; lo scrittore pagano Porfirio di Tiro (circa 232-303) deplorava che i Cristiani «innalzassero edifici che rivaleggiavano con i templi».
Probabilmente queste chiese si ispiravano già al tipo della basilica romana, poiché lo stesso Eusebio descrive la cattedrale di Tiro, costruita negli anni immediatamente successivi all’editto di Costantino, come un edificio con un atrio diviso in tre navate da due colonnati e con un tetto in legno. La basilica “civile” infatti non aveva una forma precisa, ma generalmente era un edificio spazioso e allungato, coperto da una travatura in legno, adatto perciò a ospitare numerose persone.

Prima di modellare il proprio tempio sullo schema della basilica romana, i cristiani celebravano il proprio culto in case private; la basilica, come primo edificio per il culto pubblico, si diffuse in tutto il territorio dell’impero, con funzione di chiesa episcopale (la futura cattedrale) o semplicemente parrocchiale. Secondo Cyril Mango, questo successo fu dovuto sia alla semplicità del modello, e quindi alla sua facile replicabilità, sia all’intenzione da parte dei cristiani di ispirarsi a un tipo di edificio appartenente sì alla società romana circostante – che il Cristianesimo non volle mai rifiutare a priori – ma che non avesse nulla di simile nell’aspetto ai templi della religione politeista greco-romana, edifici la cui facciata esterna era ben riconoscibile dalla gradinata e dal colonnato sovrastato da un frontone e da un timpano. Alcuni storici, come André Grabar, non escludono però che la basilica sia stata scelta anche perché la sua struttura ne permetteva un’interpretazione simbolica, capace di coinvolgere la psicologia del credente:

«La doppia colonnata simmetrica che si presenta alla persona che entra dalla porta di mezzo orienta il suo sguardo verso l’altare di fondo, trascinando tutto il suo essere verso Dio; poiché il coro, con la sua tavola eucaristica, è immobile davanti all’abside, che arresta la duplice fila di colonne, e nulla può meglio esprimere l’idea del soggiorno divino che è al di là dello spazio e del tempo. Simili vedute sembrano accordarsi con il modo di distribuire le immagini e con le spiegazioni simboliche dell’ edificio liturgico da parte degli scrittori più antichi: il coro evoca il cielo intelligibile; la navata raffigura la terra o l’universo materiale; le immagini del coro rappresentano dunque il compimento dell’opera di salvazione, mentre quelle delle navate, le tappe che vi conducono».

L’altare, essenziale alle celebrazioni liturgiche, si trova infatti

sempre al fondo della navata, contrapposto all’ingresso, in modo da conferire al vano una precisa ed unica direzionalità;

si potrebbe dire che questa architettura venisse letta dai cristiani come espressione della nuova concezione sia del divino -il monoteismo anziché il politeismo -sia del tempo della storia umana: finalizzato, nel pensiero giudaico-cristiano, anziché ciclico, come nella filosofia stoica propria dell’epoca. La basilica sarebbe stata così scelta come modello sia per la presenza del bema, il rialzo pavimentale che permetteva di evidenziare il ruolo dell’altare o di colui che presiedeva l’assemblea (vescovo o presbitero), sia anche per la struttura a tre navate, che rinviava alla Trinità di Dio (ma interpretazioni come quest’ultima costituirebbero elementi culturali più medioevali che tardoantichi). Il fatto poi che alcune basiliche paleocristiane siano state costruite con l’ingresso a est e con l’abside a ovest potrebbe richiamare il simbolismo (prima mitraico e poi cristiano) della luce del Sole che sorge a est e tramonta a ovest (eliodromia). Però, in seguito, furono edificate basiliche orientate in modo opposto, cioè con l’abside verso est e l’ingresso verso ovest, così da sottolineare che il fedele, entrando, si sarebbe diretto verso il Sole nascente simbolo del Redentore.

È importante considerare che, mentre «oggi tendiamo a vedere la basilica come un edificio isolato», in realtà essa era spesso circondata da altri edifici quali le abitazioni del vescovo e degli altri sacerdoti, le residenze per i pellegrini, le terme (che erano frequentate anche dai sacerdoti), gli uffici amministrativi e i magazzini; ne deriva che la basilica cristiana, inserita nel contesto urbano pur senza rivoluzionarlo, ne modificava alcuni aspetti.
Oltre alla basilica, l’altro importante edificio cristiano dell’epoca protobizantina era il martyrion, un santuario costruito nel luogo dove un cristiano aveva subìto il martirio, o dove si era svolto un importante avvenimento sacro. Non era perciò un semplice monumento funebre, anche se spesso veniva edificato sopra una tomba o nelle sue vicinanze: come suggerisce il nome, si trattava di una costruzione che indicava la testimonianza di fede resa dall’individuo defunto e che, in quanto tale, poteva diventare un centro di pellegrinaggio, e il punto di partenza per una successiva fondazione ecclesiale. Tuttavia si diffuse la consuetudine di chiamare martyrion anche altri siti religiosi, come un luogo reso importante dalla vicenda terrena di Cristo, o quello dove aveva vissuto un santo eremita.

Sembra che i primi martyria avessero la stessa forma dei monumenti funebri romani, cioè «una piccola edicola davanti a cui era una mensa di marmo», come il più antico monumento eretto per venerare san Pietro ai piedi del colle Vaticano. Col tempo però si ingrandirono, diventando veri e propri edifici ecclesiali, soprattutto nell’impero d’Oriente; infatti, mentre a Roma prevalse l’uso di costruire questi santuari sopra le sepolture - che si trovavano, secondo un’ antichissima consuetudine, fuori delle mura della città - in Oriente, a partire dal IV secolo, divenne consueto trasferire le spoglie dei martiri da un posto a un altro;

«non solo, ma divenne cosa comune smembrarle per far partecipare anche i fedeli più lontani al loro culto».

Nella costruzione dei martyria, ciò differenziò gli edifici costruiti su un terreno sacro o intorno a un monumento inamovibile, che perciò avevano un significato prevalentemente «evidenziale e liturgico», e gli edifici che invece avrebbero dovuto contenere le spoglie o le reliquie del santo, e che perciò dovevano essere adatti anche dal punto di vista funzionale; in questo caso, infatti, gli oggetti venerati erano collocati all’interno di normali chiese.
Tuttavia, i costruttori dovevano spesso improvvisare nell’edificare la struttura dell’edificio; vari fattori non permettevano di seguire sempre una regola fissa. Per esempio, la Chiesa della Natività a Betlemme, fatta costruire da Costantino, era composta da un atrio, una basilica a cinque navate e infine un ambiente ottagonale che racchiudeva la grotta; dagli scavi emerge però che non c’erano vie di accesso alla grotta, e non esisteva un altare per la celebrazione dei riti; si pensa perciò che il santuario non sia stato concepito né come edificio liturgico, né come centro di pellegrinaggio. Viceversa, nel caso della basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme (anch’essa fondata da Costantino), si è di fronte a una basilica a cinque navate, che termina con una struttura absidale a semicerchio, che però non contiene il sito sacro: il sepolcro di Cristo era situato infatti a ovest dell’edificio, in un cortile aperto, coperto da una struttura a baldacchino. Un terzo esempio di martyrion dalle caratteristiche particolari è la chiesa di San Demetrio a Tessalonica, edificata nel V secolo; era un’ampia basilica a cinque navate, dotata di transetto e galleria, dunque pensata per contenere un grande numero di persone; eppure non conteneva in nessun punto le spoglie del santo martire: fino al VII secolo, l’oggetto più venerato era un ciborio rivestito d’argento, che conteneva soltanto un’icona del santo, e che fu posto in un punto a caso della navata centrale; dunque la chiesa non era stata progettata per includere l’oggetto di venerazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La città bizantina

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Informazioni tesi

  Autore: Piervittorio Formichetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Umanistiche
  Corso: Scienze dei beni culturali
  Relatore: Mario Gallina
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 93

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