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Sport e Relazioni Internazionali: l'impegno dell'ONU e del CIO per la tutela dei diritti umani

Decolonizzazione e non allineamento: geografia politica e geografia sportiva

Per rispettare il principio di non interferenza e apoliticità dell'organizzazione, il CIO preferì spesso limitarsi a prendere atto soltanto delle nuove realtà territoriali dotate di autogoverno e già internazionalmente riconosciute, per non legittimare casi di secessione o creare contrasti e tensioni all'interno degli Stati. Il massimo organo sportivo mantenne negli anni una posizione super partes, rinunciando a pronunciarsi su questioni di autonomia. Essendo un requisito implicito per l'ammissione alle Olimpiadi quello di appartenere a un Comitato Olimpico Nazionale di uno Stato autonomo e riconosciuto internazionalmente, un apolide non può parteciparvi. Il legame della cittadinanza con un paese è fondamentale ed è questo aspetto a rendere il riconoscimento del CIO un'azione politica a tutti gli effetti. Questa regola, che si evinceva già dal documento del Congresso di Parigi, divenne norma espressa nel 1936, quando fu vietata la partecipazione alle Olimpiadi a una squadra di apolidi.
Pur riconoscendo nella Carta Olimpica l'esistenza di una geografia sportiva differente da quella politica, il CIO nei fatti ripropose, sin da subito, un sistema sportivo che rispecchiava quello delle relazioni internazionali: coincidendo geografia sportiva e geografia politica, le decisioni del CIO concernenti il riconoscimento di un CNO assunsero carattere politico ed ebbero la funzione di conferire legittimità internazionale ai nuovi soggetti.
Il sistema sportivo si poggiò su un sistema stato-centrico soprattutto per due motivi: da un lato vi fu la necessità di sviluppare unità di controllo e promozione del Movimento Olimpico a livello locale, che per comodità replicarono le divisioni e i confini territoriali che delimitavano l'area giuridica di ogni paese; dall'altro lato vi fu la decisione del CIO di mantenere il carattere apolitico dell'organizzazione. Queste scelte comportarono dei risultati manifesti: non volendo interferire con questioni politiche, i nuovi CNO vennero riconosciuti con molta cautela, rinviando particolari decisioni al momento in cui un dato territorio avrebbe realizzato un autogoverno locale autonomo e accettato dalla comunità internazionale. Nei limiti dei principi olimpici inoltre il Comitato Olimpico Internazionale evitò motivi di contrasto e opposizione con i CNO già riconosciuti, la cui volontà fu di norma rispettata.
Il riconoscimento dei CNO nazionali costituì nel corso degli anni il primo passo per il riconoscimento internazionale di molti Stati, dal momento che i Comitati Olimpici Nazionali operano all’interno di singole realtà territoriali e fanno riferimento alle rispettive tradizioni. Fu questa corrispondenza a rendere di grande valore le procedure di riconoscimento: esse rivestirono particolare importanza durante il processo di decolonizzazione, con la formazione di nuove entità politiche che conquistarono progressivamente l’indipendenza. L'ammissione ai giochi e al Movimento Olimpico in generale assunse connotazioni politiche, dal momento che l'accettazione di un Comitato Olimpico Nazionale equivaleva a un riconoscimento allo Stato di provenienza del Comitato. Lo stesso de Coubertin, avendo professato la missione internazionalista del CIO, intese la partecipazione ai giochi come la più estesa possibile. Per garantire libertà d'accesso alla famiglia olimpica, lo stesso concetto di nazione non fu inteso obbligatoriamente come quello di Stato indipendente, poiché esisteva una "geografia sportiva che può talvolta differire da quella politica". Volendo tracciare una linea di demarcazione tra politica e sport, il barone negò al Comitato Olimpico Internazionale la competenza ad intromettersi in questioni nazionali e confessionali per evitare interventi nei processi di formazione e funzionamento dei CNO.
Le Olimpiadi divennero presto uno strumento per accrescere il proprio prestigio e favorire i processi di decolonizzazione: dopo aver superato le difficili edizioni ospitate all'interno delle esposizioni universali, già dal 1908 a Londra diventarono vetrina internazionale nonché fattore di stimolo per quei territori che lottavano per ottenere l'indipendenza. Fu lo stesso contesto sportivo a fomentare la battaglia per l'indipendenza: la natura competitiva insita nelle attività sportive e gli stessi simboli di unità nazionale utilizzati nei giochi spronarono i territori sottomessi a proporsi come entità autonome. [...]

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Sport e Relazioni Internazionali: l'impegno dell'ONU e del CIO per la tutela dei diritti umani

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Informazioni tesi

  Autore: Fabrizio Calabrò
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Messina
  Facoltà: Dipartimento di Scienze Umane e Sociali
  Corso: Scienze delle Relazioni Internazionali e Politiche
  Relatore: Angela Villani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 88

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