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Espressioni idiomatiche in Italiano e in Spagnolo

Tradurre metonimie

Come spiegato in precedenza, le metafore si basano su concetti molto generali e diffusi; le metonimie, al contrario, si fondano sulle conoscenze più specifiche di una comunità linguistica ed in particolare sulla cultura di tale comunità. Per esempio: Versele a uno el plumero, come verrà illustrato in seguito, è un'espressione che nasce da un frangente storico spagnolo. Questo ci porta ad affrontare un'ulteriore difficoltà che nelle estensioni metaforiche non riscontravamo, in quanto all'interno di esse il sostrato concettuale è condiviso e quindi comprensibile – per esempio i sentimenti sono persone care, per cui possiamo abbracciare una causa o nutrire una speranza – e l'ostacolo nasceva dalla non corrispondenza tra i valori lessicali delle diverse lingue. Parlando di metonimie, invece, può accadere che il sostrato concettuale stesso sia opaco per un individuo proveniente da una realtà linguistica diversa.

Avendo precisato ciò, possiamo dire che nel tradurre metonimie ci troviamo di fronte ad un problema di tipo culturale e proprio in questo frangente risalta l'influenza di un popolo all'interno della lingua. La metonimia, infatti, è spesso generata dall'aneddoto, dalle usanze e dalle tradizioni dei parlanti; ciò implica che abbiano un significato composizionale che però non è pertinente ma, allo stesso tempo, non c'è una chiave concettuale condivisa che riconduca al significato idiomatico, es.: Pelar la pava, dove il significato composizionale è chiaro, ma quello idiomatico è del tutto opaco. Proprio questo aspetto ne rende difficile, se non talvolta impossibile, la traduzione.

Spesso nemmeno i parlanti di una lingua sanno spiegare l'origine di alcune espressioni che utilizzano quotidianamente, alcune di esse saranno riportate di seguito con un corrispettivo letterale e concettuale in italiano e con una spiegazione della loro genesi, a dimostrazione che la ricchezza di una lingua va ben oltre il suo aspetto formale.

Pelar la pava (letteralmente “pelare un tacchino femmina”) è un'espressione relativa al corteggiamento amoroso, in particolare conversazioni fra innamorati. Nasce nell'Andalusia antica, dove spesso i ragazzi si intrattenevano a parlare con le fanciulle affacciate alla finestra, per corteggiarle. Secondo la tradizione, una signora ordinò alla sua cameriera di preparare una tacchinella per pranzo, così la ragazza ne approfittò per sedersi accanto al davanzale mentre spennava l'animale ed intrattenersi così con il suo innamorato. In italiano corrisponderebbe a “fare i piccioncini”, ovvero sussurrare frasi d'amore al proprio partner.

Echar un polvo (letteralmente “buttare della polvere”) si riferisce all'intrattenere relazioni puramente sessuali. Proverrebbe dall'abitudine in voga nell'alta società dei secoli XVIII e XIX secolo di inalare attraverso le narici il tabacco in polvere, chiamato “rapé”. I signori si ritiravano in una stanza apposita, e questo non era solo il momento per svolgere un'attività tipicamente maschile (come ritirarsi per fumare sigari e bere brandy in Inghilterra), ma era anche l'occasione per appartarsi con le cameriere ed avere un rapporto sessuale furtivo. Per estensione, tutt'oggi l'espressione mantiene questo significato, che in italiano equivarrebbe a “fare sesso con qualcuno”.

Que te den morcilla (letteralmente “che ti diano una salsiccia”) indica disprezzo, rifiuto e disinteresse nei confronti di una persona. Questa espressione allude all'antica usanza di debellare le epidemie di rabbia fra i cani randagi alimentandoli con salsicce avvelenate da stricnina. In italiano è simile l'espressione “Vai al diavolo!”

Vérsele a uno el plumero (letteralmente “gli si vede lo spolverino”) esprime il concetto di svelare le proprie opinioni o intenzioni. Si rifà al pennacchio di piume che coronava l'elmetto dei volontari della Milicia Nacional creata in Spagna nel 1812, la quale difendeva idee liberali, per cui il pennacchio diventò il simbolo di una certa tendenza politica e per estensione oggi mantiene il significato sopra citato. Anche questa è un'espressione che ci rimanda alla storia di un popolo, dimostrandoci che la lingua è radicata profondamente nella nostra storia e ci rappresenta non solo in quanto suoi parlanti, ma come membri di una comunità con una certa tradizione in comune. Potremmo ricondurlo forzatamente all'italiano “la tua espressione ti tradisce”, ovvero rivela i tuoi sentimenti.

Aquí hay gato encerrado (letteralmente “qui c'è un gatto rinchiuso”) indica l'esistenza di una circostanza occulta, una situazione non chiara. In questo caso particolare è interessante come una parola oggi comune, nel passato avevesse un altro significato: nel XVI secolo, “gato” si riferiva ad una borsa o astuccio in cui si riponeva il denaro (probabilmente foderata con la pelliccia del felino) che veniva poi nascosta in luoghi strategici della casa. Verrebbe spontaneo paragonarlo all'italiano “gatta ci cova”, ma in realtà la nostra espressione ci arriva dalla posizione d'attacco che l'animale assume, detta proprio “di cova”, che per estensione ci rimanda a qualcuno che vuole trarci in inganno o tenderci un tranello. Per precisare, potremmo accostare a questa espressione la nostra “avere scheletri nell'armadio”, che ha origini nella storia francese; è collegata ad un episodio del 1792, che vede coinvolto il Conte di Mirabeau, considerato sostenitore dei rivoluzionari. Dopo la sua morte, infatti, si scoprì in un armadio blindato un'abbondante documentazione che provava l'esistenza di accordi segreti fra il Conte ed il re, volti a contrastare gli sforzi degli stessi rivoluzionari. La reazione dei Giacobini fu immediata, i quali si avvalsero anche della stampa: in un'illustrazione satirica dell'epoca troviamo lo scheletro di Mirabeau posto nell'armadio a custodire le prove del suo tradimento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Espressioni idiomatiche in Italiano e in Spagnolo

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Fattore
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli studi di Genova
  Facoltà: Lingue e Culture moderne per l'impresa e il turismo
  Relatore: Michele Prandi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 25

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