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Specie ittiche aliene nel bacino del Mar Mediterraneo

La situazione nel bacino del Mediterraneo

I cambiamenti climatici che stanno avvenendo sul nostro pianeta hanno un ruolo importante nella diffusione delle specie ittiche aliene nel Mediterraneo con effetti diretti e indiretti sugli organismi. Gli effetti diretti dipendono dall’influenza che la temperatura ha sul tasso di sopravvivenza, dal successo nella riproduzione e dal modello di comportamento e di dispersione. Gli effetti indiretti invece risiedono nell’influenza delle correnti marine con gravi ripercussioni sulla capacità dispersiva degli organismi marini (Bianchi et Morri, 2003).

Le migrazioni dal golfo di Gibilterra e soprattutto dal canale di Suez sono la via principale di introduzione di pesci alieni nei mari del Mediterraneo, seguito da un influsso minore, proveniente da specie di interesse acquariofilo e da specie entrate attraverso il commercio marittimo. Il 92 % delle specie ittiche non indigene presenti in Mediterraneo ha affinità subtropicale (48%) e tropicale (44%) percentuale che cresce nelle specie ittiche insediate al 96%. Il ritrovamento di specie non indigene negli ultimi anni nel Mediterraneo è aumentato esponenzialmente, si ritiene sia triplicato.

Dal 1980 infatti, sono aumentate sia il numero di specie, sia le regioni “invase” con i primi individui introdotti che sono riusciti ad espandere il loro areale iniziale di distribuzione. Un classico esempio è rappresentato dal pesce scoiattolo Sargocentron rubrum Forsskal, 1775. Il primo avvistamento di questa specie risale al 1940 lungo le coste Israeliane, due decadi dopo veniva ancora considerato raro con sporadici avvistamenti. Invece a partire dal 1998, S. rubrum divenne comune fino a essere una delle specie più abbondanti nel bacino orientale del Mediterraneo.

Un altro esempio è quello dello sgombro spagnolo Scomberomorus commerson (Lacepede, 1800) avvistato per la prima volta nel Mediterraneo nel 1935 e considerato raro fino ad almeno il 1970. Alla fine del 1990 invece è ritenuto essere la specie più comune tra i grandi sgombri e viene catturato con le reti, in grandi quantità, lungo le coste di Israele ed Egitto. Tuttavia ci sono altri casi in cui le popolazioni di specie migranti esplodono immediatamente
dopo i primi eventi di colonizzazione. L’esempio più eclatante è quello del pesce lucertola Saurida undosquamis (Richardson, 1848). Il primo avvistamento nel Mediterraneo risale al 1952 e dopo soli due anni è divenuta la specie più catturata dai pescatori nei mari israeliani (Golani, 2010).

La prima segnalazione di un migrante lessepsiano nel Mediterraneo ê avvenuta subito dopo poco l’apertura del canale di Suez. Si tratta dell’Atherinidae Atherinomorus lacunosus Forster, 1801 avvistato nel 1902 (Mouillot et al., 2010).
Molti recenti migranti come il Lagocephalus sceleratus (Gmelin, 1789) e la Fistularia commersonii Ruppel, 1838 stanno mostrando una grandissima capacità di adattamento al nuovo ambiente che ha portato sia ad un aumento del numero di esemplari presenti nel Mediterraneo, sia delle zone invase da queste due specie, raggiungendo addirittura tassi di diffusione di 1000-1500 km l’anno nel caso di Fistularia commersonii (Azzurro, 2012). Il numero di specie è destinato ad aumentare, soprattutto a causa delle specie introdotte attraverso il canale di Suez recentemente ampliato, e a causa del riscaldamento della superficie del mare con grande preoccupazione e attenzione da parte dei ricercatori , convinti che questo fenomeno sia destinato a peggiorare (Galil et al., 2015).

Le caratteristiche che debbano avere le specie aliene per insediarsi con successo nel nuovo ambiente sono diverse. Prima di tutto devono riscontrare delle condizioni biotiche e abiotiche simili tra l’areale primario di provenienza e il nuovo ambiente da colonizzare e le differenze presenti, devono rientrare nel range di tolleranza delle specie aliene, soprattutto per quanto riguarda i parametri di temperatura e salinità. Il successo nell’areale secondario può anche dipendere dalla quantità di cibo disponibile. Per esempio il Siganus luridus (Rüppell, 1828) e il Siganus rivulatus Forsskål, 1775 si sono ambientati molto bene nel Mediterraneo nutrendosi della stessa alga di cui si cibavano nell’ambiente di origine. I migranti hanno maggiori possibilità di colonizzare i nuovi ambienti quando ritrovano poche specie rivali nel nuovo habitat prescelto.

La rapida diffusione dei migranti lessepsiani nell'est Mediterraneo è da attribuirsi anche alla povertà faunistica dei bacini orientali di questo mare, dovuta a vicissitudini biogeografiche, che ha lasciato numerosissime nicchie ecologiche libere. Le specie che vivono in banchi numerosi hanno maggiori possibilità di insediamento nella nuova area rispetto a individui solitari in quanto possiedono maggiori capacità e probabilità riproduttive come nel caso dei Clupeidae (sardine) con 4 rappresentanti nel Mediterraneo (Golani, 2010).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Specie ittiche aliene nel bacino del Mar Mediterraneo

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Informazioni tesi

  Autore: Cristina Papadopoulou Fivoli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
  Corso: Scienze della Terra
  Relatore: Marina Cobolli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 64

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Parole chiave

scienze naturali
alloctone
specie ittiche
mar mediterraneo
specie aliene
invasioni
canale suez

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