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Predisposizione alla mobilità internazionale: elaborazione e validazione di una scala di misura

Mobilità internazionale: studi, influenze e dimensioni sottostanti

Sono pochi gli studi che si sono focalizzati sul fenomeno delle relocation internazionali. Ciononostante, questi hanno dimostrato una correlazione positiva tra la predisposizione alla mobilità domestica e la predisposizione a quella internazionale. In letteratura esistono due recenti filoni di studi che hanno esplorato il fenomeno dell’espatrio: Il primo si è occupato di indagare come le organizzazioni si interfacciano con esso; il secondo invece come lo facciano gli individui. Certamente il filone che più ci riguarda è quello dedicato agli individui e ai fattori in grado di influenzarne le scelte. Pertanto il secondo filone, ovvero quello riguardante le organizzazioni, non sarà trattato nelle pagine a seguire.
Ripercorrendo a ritroso i pochi studi sulla mobilità internazionale, ci si rende conto di come la letteratura sull’argomento si sia negli anni concentrata proprio sula predisposizione ad accettare un’opportunità di relocation internazionale (Adler 1986; Brett et al., 1995; Tharenou 2003). Brett (1995), Yurkiewicz e Rosen (1995) nei loro rispettivi studi furono tra i primi a fornire un’overview pressoché completa dei fattori in grado di influenzare la predisposizione alla mobilità internazionale. Tra questi inclusero l’età, il grado d’istruzione, la razza, il genere, il tipo di lavoro, le ambizioni di carriera, l’attitudine a trasferirsi, la natura dell’incarico di lavoro, la situazione lavorativa del coniuge, l’avere o meno dei figli, il radicamento alla comunità, l’essere aperti a nuove opportunità ed infine l’aver avuto precedenti esperienze di vita all’estero.

Probabilmente però, lo studio più approfondito sulla predisposizione ad accettare incarichi internazionali, che come vedremo più avanti può essere considerata un sinonimo della predisposizione alla mobilità internazionale, lo si ebbe qualche anno dopo. Tharenou (2003) descrisse, infatti, un modello nel quale vengono evidenziati degli elementi definiti building blocks. Tra questi vi sono self-efficacy, preference for country ease, e outcome expectancies on one’s receptivity to relocate abroad, ai quali si aggiungono poi quelli definiti come environmental barriers, opportunities, e support. Mentre Tharenou si limitò a descrivere i mattoni della ricettività, Thomas, Lazarova e Inkson (2005) approfondirono l’argomento, fornendo una chiave di lettura più attuale e in grado di offrire uno spaccato reale della situazione. Per loro, gli spostamenti verso altri paesi imposti da una scelta del datore di lavoro sembrano incontrare una crescente resistenza, rispetto a ciò a cui eravamo abituati in passato. Al contrario, le “avventure” dettate dalla volontà di perseguire una carriera internazionale svincolata da aziende e datori di lavoro sono in crescita e sembrano rivelare nell’espatriato un maggior livello di realizzazione delle aspettative. I inoltre, sembrerebbero avere delle minori difficoltà in termini di adattamento ambientale, dimostrando quindi come la motivazione all’espatrio sia una delle cause principali per un felice adattamento nel paese ospitante.

Qualche anno dopo, Dickman, con l’intento di mettere ordine negli studi precedenti e di ridefinire ed estendere l’insieme dei motivi in grado di influenzare la decisione di un individuo di intraprendere un’esperienza di relocation internazionale, rianalizzò i molteplici risultati, spesso contrastanti, presenti in letteratura (Dickman, 2008). In questo studio egli non si limitò ad evidenziare i fattori che influenzano la predisposizione alla mobilità internazionale, ma li classificò in ordine di importanza, evidenziando quelli con la maggiore e la minore influenza sul fenomeno. Se molti dei fattori presi in considerazione da Dickman erano già stati indicati in studi precedenti come correlati alla predisposizione alla mobilità, altri invece erano stati tralasciati. All’interno della sua ricerca, Dickman inserì per la prima volta degli item volti a misurare la conciliazione vita/lavoro, la lunghezza dell’incarico e la sicurezza dello stesso. Questo, gli permise di scoprire l’esistenza di nuove relazioni e di dimostrare l’influenza considerevole delle medesime variabili sulla predisposizione alla mobilità internazionale. La ricerca appena presentata confermò, infine, che gli individui, prima di accettare un incarico internazionale, fanno delle complesse valutazioni e che queste considerazioni sono spesso dello stesso tipo di quelle che caratterizzano la scelta di intraprendere una carriera domestica di tipo proteiforme (Hall 1976): il che ci porta a ribadire quanto affermato ad inizio paragrafo, ovvero che la predisposizione alla mobilità internazionale è spesso influenzata dagli stessi fattori che influenzano le scelte di mobilità domestica.

In uno studio del 2013 (Altman et al., 2013), riprendendo studi precedenti, Dickmann evidenziò come le inclinazioni individuali e le motivazioni alla mobilità internazionale dei singoli lavoratori possano essere divise in due sottogruppi. Da un lato, una serie di forze dette “push”, che spingono l’expat verso l’esperienza internazionale, come ad esempio la mancanza di opportunità lavorative nel proprio paese d’origine; dall’altro, una serie di forze dette “pull”, che attirano l’expat verso il paese straniero, ad esempio opportunità di crescita e sviluppo professionale e personale offerte dal nuovo paese. L’analisi di queste forze permise l’emergere di un ulteriore divisione. Tra le forze pull e quelle push si annidano infatti da un lato delle forze collegate alla dimensione “persona”, tra le quali si trovano i valori, i bisogni, le preferenze personali e la situazione lavorativa; dall’altro invece, una serie di forze collegate alla dimensione “paese” ad esempio la sua cultura ed il suo sistema legale ed economico. A conclusione del medesimo studio, si evidenziò come negli ultimi dieci anni sia emersa con prepotenza una terza forza. Questa forza, che si trova allo stesso livello di quelle “persona” e “paese” viene identificata come “transactional trends, prospects and aspirations”. Una dimensione che può essere considerata come trasversale rispetto alle due precedenti e che è, inevitabilmente, trainata dai trend odierni ed affonda le sue radici nel fenomeno della globalizzazione. Questa dimensione è in buona sostanza riassuntiva delle tendenza attuale alla mobilità internazionale, vista come qualcosa di socialmente condiviso e auspicabile. Quindi, da questa e desiderabilità sociale di cui si è rivestita la predisposizione alla mobilità internazionale consegue un complessivo aumento della difficoltà riscontrata nell’individuare i fattori che realmente influenzano la predisposizione alla mobilità internazionale.

Coerentemente con quanto detto finora, Black e Mendenhall (1999) evidenziarono come uno dei principali aspetti da indagare, tra quelli che possono avere un’influenza sulla mobilità internazionale, sia relativo al profilo dell’espatriato da un punto di vista interculturale. In particolar modo, essi fanno riferimento al controllo psicologico, alla fiducia in se stesso, alle relazioni con persone di diverse culture. Con riferimento a ciò, Mol (2009) evidenziò l’esistenza di una relazione tra la expatriation willingness e alcuni costrutti da lui definiti come expatriate specific predictors. Tra questi è bene citare la tolleranza per l’ambiguità, la flessibilità culturale, la sensibilità interculturale, la tolleranza per l’incerto. Nello stesso studio, Mol evidenziò come le variabili che influenzano la predisposizione alla mobilità internazionale siano le stesse che influenzano la performance del lavoratore all’estero e di conseguenza il successo dell’esperienza di mobilità internazionale (Mol et al., 2009). Emerse così che le caratteristiche personali del lavoratore, come nel caso della relocation domestica, sono da considerarsi ottimi predittori della predisposizione alla mobilità internazionale. Ciò rese possibile ripercorrere e rianalizzare, sotto una nuova luce i risultati ottenuti in una meta-analisi precedente in cui Mol aveva già affrontato il problema della performance del lavoratore in mobilità internazionale (Mol et al., 2005).

Nel medesimo studio, Mol evidenziò come realistici predittori della predisposizione alla mobilità anche quelli che lui identificò come “Biodata“, ovvero una serie di fattori riguardanti informazioni biografiche dell’individuo. Tra questi è importante sottolineare variabili quali il numero di viaggi all’estero, il numero di paesi visitati per vacanza, le precedenti esperienze di vita all’estero, il numero di amici residenti all’estero e l’abilità nel parlare lingue straniere. Controintuitivamente, sempre nello stesso studio, non si riscontrò l’esistenza di una relazione tra la passione per i viaggi all’estero e la predisposizione alla mobilità internazionale. Inoltre, dall’analisi di quelli già definiti come expatriate specific predictors, ovvero tolleranza per l’ambiguità, flessibilità culturale, sensibilità interculturale, tolleranza per l’incerto, emerse come tra tutti fosse la sensibilità interculturale a mostrare i legami più forti e positivi, con la willingness to expatriate oltre che con la performance lavorativa dell’expat. Ultima conclusione dello studio fu che tutte le sfaccettature riguardanti le capacità del lavoratore di adattarsi al nuovo paese, alla sua cultura e alle sue differenti dinamiche lavorative siano relazionate con il costrutto di predisposizione alla mobilità internazionale. Quest’ultimo risultato sembra essere in totale accordo con studi precedenti, che avevano già dimostrato l’esistenza di questa relazione con la job performance dell’espatriato.

Riassumendo, dall’analisi dei vari studi condotti da Mol, considerabili come i più completi sul tema della predisposizione alla mobilità internazionale, emerge che caratteristiche quali cultural flexibility, tolerance for ambiguity, ethnocentrism, intercultural sensitivity, siano validi predittori della predisposizione ad accettare un’offerta di mobilità, della job performance internazionale e soprattutto di ciò che più da vicino ci interessa: la Predisposizione alla mobilità internazionale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Predisposizione alla mobilità internazionale: elaborazione e validazione di una scala di misura

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Informazioni tesi

  Autore: Nicola Puliafico
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia
  Facoltà: Comunicazione ed Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Maria Cristiana Martini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 111

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Parole chiave

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internazionale
mobilità
lavoratori
labour mobility
expat
espatrio
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