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Gli anglicismi nella lingua italiana

Italiano o Itanglish?

All’italo-peruviano Gabriele Valle, professore e saggista, preoccupato per la forte tendenza da parte dei parlanti italiani ad accettare l’inserimento degli anglicismi nella propria lingua, afferma di temere lo stravolgimento dell’italiano.
Sempre più spesso accade infatti, che gli italiani abbandonino le parole del loro patrimonio storico nazionale per iniziare ad utilizzare parole inglesi.

“Questo non è più italiano, è itanglish”, afferma il saggista. Il fenomeno appare a Valle talmente imperversante, da temere che i bambini inizieranno ad apprendere questo italiano contaminato fin dalla culla, lo studieranno a scuola e l’italiano vero, puro diventerà la lingua degli usi dotti e letterari.
Valle invita gli italiani ad osservare il comportamento sicuramente più cauto dei parlanti spagnoli.

L’accostamento delle due lingue e la proposta dello spagnolo come possibile modello di scelte linguistiche italiane non sono basate solo sul pensiero soggettivo dell’autore, ma anche su dati linguistici oggettivi. Secondo la nozione tecnica di distanza linguistica il castigliano e l’italiano sono, insieme al logudorese (una delle principali macrovarianti della lingua sarda, utilizzato nella parte centro-settentrionale della regione), gli idiomi romanzi che meno si sono allontanati dalla matrice latina e protoromanza. La distanza linguistica tra loro è perciò molto minore rispetto alla distanza che ciascuno ha con il francese, con il ladino o con il romeno.

In Italia è stata più volte segnalata la mancanza di un’ istituzione che preservi la nostra lingua, tanto che nel 2001 si arrivò ad una proposta di legge per la creazione di un Consiglio Superiore della Lingua Italiana, presentata dal senatore di Forza Italia Andrea Pastore. Il progetto, tuttavia, si arenò al senato dopo vari tentativi di modifica sulla base soprattutto delle richieste delle associazioni di linguisti italiani, in particolare l’Accademia della Crusca e l’ASLI, che lamentarono l’eccessiva presenza di esponenti politici nella gestione dell’istituto ed l’esclusione di esperti linguistici per la formulazione delle regole di intervento.

Nel vocabolario di base dell’italiano del 1980 apparivano solo pochi anglismi: bar, film, sport, tennis, tram, whisky. Oggi invece, come afferma Il filologo Arrigo Castellani, siamo sempre più colpiti da quello che l’autore definisce un morbus anglicus, un virus (il rapido diffondersi degli anglismi) capace, secondo lo studioso, di infettare e corrompere la lingua italiana.

Questo fenomeno è cresciuto soprattutto a partire dal Novecento, in particolare dalla seconda metà del secolo, periodo in cui parole già comuni sono entrate a far parte dell’italiano di tutti i giorni e nel vocabolario di base della lingua:

* ok e okay, design, copyright, software, designer, gay, sexy, hobby, band, share, killer, slogan, hobby, sexy, software, test, quiz, brand, designer, baby, bit, boss, box, detective, fax, fan, fiction, flash, global, gossip, home, jeans, killer, leader, link, live, look, marketing, menu, monitor, monitoring, network, news, offline, online, party, poker, pop, privacy, pub, pullman, record, rock, set, share, shopping, show, single, software, spot, stress, style, tag, team, top, tour, trend, weekend;

Ma a quanto ammonterebbero i termini inglesi entrati a far parte della lingua italiana negli ultimi cinquant’ anni?
Tullio De Mauro (1932-2017) nella prima edizione di Storia linguistica dell’Italia unita (1963), sulla base di un campione di 500 vocaboli estratti dal Dizionario etimologico dell’italiano di Battisti e Alessio e dallo Zingarelli, calcolò che i forestierismi (parole o locuzioni prese in prestito da una lingua straniera ) non adattati presenti nell’italiano, escludendo grecismi e latinismi, ammontassero all’1,4%.

Non si ha nell’opera un chiaro riferimento agli anglicismi, ma – dato che nell’edizione dello Zingarelli del 1958 il loro numero ammonta a circa un terzo dei forestierismi – si può dedurre che un’influenza degli anglicismi tra lo 0,5 e l’1%.

Alessandro Aresti (dottore di ricerca in linguistica italiana) riflette sull’avanzata linguistica angloamericana. Il cosiddetto itanglese, infatti, ha continuato a guadagnare spazio non soltanto tra i media, nella stampa, nei linguaggi settoriali e nella narrativa di consumo, ma anche nel parlato quotidiano degli italiani, appartenenti a diversi strati sociali.

Per la sua ricerca, Aresti, analizza il lessico del Corriere della Sera, in un periodo compreso tra il 15 marzo e il 14 aprile 2011 e per ognuna delle principali sezioni tematiche del quotidiano (politica e cronaca, economia e finanza, cultura, sport), propone una panoramica lessicale al fine di osservare in ciascuna di esse il grado di incidenza dell’anglicismo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gli anglicismi nella lingua italiana

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Informazioni tesi

  Autore: Patrizia Russo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi Guglielmo Marconi
  Facoltà: Lettere
  Corso: Lingue e culture moderne
  Relatore: Fabio Luppi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 85

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