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La formazione come strategia per il successo

Fare formazione e scritti di formazione (Gian Piero Quaglino)

Quaglino offre una teoria generale della formazione, cerca di riordinare livelli ed elementi, con tracce e spunti che, fanno parte della formazione.
Il suo è un lavoro molto complesso che si riferisce al modello Lewiniano del «non c’è più nulla di pratico di una buona teoria», in cui si vede la teoria come strumento per fare formazione. Quindi possiamo affermare che non occorre cercare un solo modello teorico finale, ma uno o più elementi che rendano la pratica affidabile e rinnovabile contemporaneamente, che riesce a stare al passo con i tempi e le mode di cercato.
Incontriamo, spesso, uno squilibrio tra teoria e pratica, che procedono su percorsi paralleli che tendono a incrociarsi ma senza successo ed è in questo contesto che diamo rilevanza:

- alla crescita esponenziale della domanda di formazione
- alla staticità dell’offerta della formazione
- alla diffusione e riconoscibilità del mestiere di formatore.

La domanda di formazione tende ad aumentare, anche se l’offerta stenta a tenere il passo, in quanto la formazione è vista sotto un profilo, sempre più strategico, finalizzato all’apprendimento e al cambiamento, nel caso sia necessario, nei processi organizzativi, istituzionali e sociali.
La formazione è stata vista dal pensiero comune come qualcosa di personale e non di collettivo, per questo a maggior ragionere si richiede in essa lo sviluppo e l’uso della tecnologia, ma senza mai dimenticare la perdita dei valori a suo vantaggio: «si sà ciò che si insegna, ma non più a chi».
Gli obbiettivi della formazione vanno dal tema delle competenze alla formazione del Se, cioè da una formazione che sia diretta allo sviluppo personale.
In questo contesto, rimane valida la voglia di apprendimento e di apertura soggettiva alla formazione, tra quello che già si conosce con la propria esperienza e l’approccio a un nuovo modello e metodo di pratica che la formazione propone, dove si evince una difficoltà a consolidare un sapere di base con metodi emergenti, definiti «outdoor».

È proprio qui ritroviamo le figure di tutoring, di coaching, di mentoring. e di counseling, molto discusse e sperimentate, che mostrano e indicano i diversi livelli di azione formativa e definiscono il profilo del formatore con un suolo specifico.
La formazione vive oggi, una fase molto complessa per il suo svolgimento e la sua applicazione.
All’inizio degli anni ’70 era eroica e pionieristica, a metà degli anni ’70 quasi totalmente tecnica, alla fine del decennio ha avuto quasi un ripiegamento su se stessa. Si potrebbe dire di essere passati da una direzione semplice a una complessa.
La complessità della formazione riguarda non solo la ricerca di un nuovo elemento a cui si riferisce, bensì anche la ricerca di nuovi strumenti di definizione della stessa.

In passato il carattere complesso della formazione è stato sminuito del suo valore con un’ eccessiva semplificazione. Oggi la natura complessa della formazione è data dalla differenziazione o specializzazione degli argomenti trattati, da un’implosione cioè della necessità di integrarsi ai temi a cui si riferisce. I caratteri distintivi della formazione sono:
- l’espansione della domanda: quale richiesta di attività e interventi formativi;
- lo stallo dell’offerta: riguarda la difficoltà a rispondere alla domanda con uno schema predefinito, quindi limitatezza e blocco di ricerca all’approfondimento dell’argomento;
- animazione della comunità degli operatori: esamina l’aumento dei professionisti della formazione legittimati a parlarne, con la consapevolezza dei vincoli e delle opportunità che ne derivano.
« La formazione è parte integrante di un più ampio processo educativo la cui necessità non è virtuale, ma […] connessa con il tipo stesso di società e dunque di organizzazione che noi conosciamo. Il mondo del lavoro esalta gli squilibri, della rapidità dei processi lavorativi alla qualità di vita di lavoro e in questo la formazione ha un ruolo strategico ».
« Il carattere […] della formazione, […], può spiegarsi: fare formazione è inevitabile, non fare formazione è impossibile ». Lo stallo della formazione è dovuto all’istruzione che nel nostro paese esalta la scissione tra imparare e fare l’apprendimento
non è visto come esperienza e viceversa, e quasi nessuno accetta il fatto che il processo educativo equivale a fatica.

Per questo se l’istruzione è vista solo come «promozione del sapere» la domanda di formazione aumenterà, ma l’offerta non riuscirà a soddisfarla, a causa di un bagaglio culturale insufficiente che porta ad un vuoto di teoria.
Il vuoto di teoria è dato:
- dalla negazione, che la teoria sia importante e abbia un ruolo determinante;
- dal disinvestimento, come se la teoria non si evolvesse, non cambiasse nel tempo aumentando le proprie conoscenze conta conseguente «loss of confidence», (perdita di fiducia);
- dalla scissione, che riguarda il modo di porsi operando su altri fronti.

Tutto questo porta a un rafforzamento dello « stallo dell’offerta » nel medio periodo, e il saper fare viene visto come un intento se non giustificato.
«Si tratta di sapere meglio ciò che si fa, (facendo formazione), per farlo sempre meglio. Non vi è altra soluzione, […] se nono quella di ripensare la teoria e di ricostruirla».
L’obbiettivo della formazione è il sapere in quanto attività educativa, sopratutto se consideriamo la formazione come un’organizzazione che è disposta a cambiare man mano che i soggetti imparano, quindi avremo un legame fra apprendimento e cambiamento, con diversi livelli di complessità, tenendo sempre presente che la formazione ha un suo processo, un grado di strategia e necessità di tecnologia senza perdere di vista i valori.

Quindi, il processo formativo riguarda l’analisi dei bisogni e la progettazione che porta ad un’azione formativa ed a una valutazione di risultati. La strategia serve a valorizzare il progetto in «tempo reale» della formazione, che considera la qualità della vita e un modello culturale della persona. La necessità tecnologica e rispetto dei valori in quanto indispensabili al raggiungimento delle finalità preposti e che riguardano il legame tra apprendimento e cambiamento.

Naturalmente sarebbe opportuno chiarire, per l’efficacia della formazione, che quando parliamo di dispositivi intendiamo attrezzature e quando diciamo azione, intendiamo il funzionamento, così occorrere individuare i criteri di compatibilità le congruenze tra i vari sistemi analizzati nonché l’interazione fra di essi, recuperando in tutto ciò il soggetto orientandolo al ritrovamento dei valori.
La teoria è l’insieme delle conoscenze, che permettono di «spiegare» un certo oggetto, si desume da ciò che l’esperienza personale appresa da diverse fonti e canali, trasformata ed elaborata in modo ufficiale.

Nello specifico abbiamo l’esigenza di definire la teoria della formazione manageriale come l’insieme di tre teorie:
- teoria dell’organizzazione
- teoria del management
- teoria dell’apprendimento/cambiamento.

La teoria dell’organizzazione è vista come insieme di conoscenza dell’organizzazione e dei suoi sottosistemi.
La teoria del management è considerata come insieme dei soggettivi della formazione (es. i manager), che fa da tramite tra apprendimento individuale e cambiamento organizzativo.
La teoria dell’apprendimento/cambiamento comprende tutto il sapere dato dagli obbiettivi, dell’apprendimento dai metodi del formatore.

La nostra analisi, non riguarda come segnalano, Burgoyne e Stuart, una teoria dell’apprendimento che racchiude l’implementazione del programma formativo, ma un molteplice insieme di teorie che guidano l’attuazione del programma della teoria generale della formazione in diversi ambiti.
Il pensiero di Lewin non è mai abbastanza ricordato: «Non vi è nulla di più pratico di una buona teoria».

Oggetto sostiene l’impresa come un luogo di apprendimento. Per lui l’azienda è un sistema cognitivo, metaforicamente considerata come un cervello che apprende e che si organizza autonomamente, grazie all’elevata competitività dei soggetti che la compongono e che necessitano di repetiti cambiamenti. In quest’ottica la formazione si presenta come un insieme di processi in evoluzione che rivede e analizza anche strategie già consolidate.

Nell’ultimo decennio si è reso necessario il confronto delle aziende cn l’ambiente esterno a fronte di scenari instabili di mercato. Prioritaria diventa la formazione nei processi gestione per rafforzare le proprie capacità, e cogliere nuove soluzioni in termini di produzione e resa.
La formazione prende rilevanza nel momento in cui si apprende che le strategie tradizionali non sono più sufficienti ed entra a far parte del meccanismo la complessità dell’agire, che diventa un elemento costitutivo.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La formazione come strategia per il successo

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Crescenzo
  Tipo: Tesi di Master
Master in Direzione del Personale e Sviluppo Risorse Umane
Anno: 2018
Docente/Relatore: Daniela Bosetto
Istituito da: Università Telematica "E-Campus"
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 164

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