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Nel dubbio, fate uno spaghetti western: l'italianità di un genere

I personaggi

Partendo dal presupposto che numerosi autori hanno già affrontato in modo più che egregio questo tipo di disamina, riteniamo superfluo elencare per l’ennesima volta le tipologie dei personaggi del western classico. Quelle cioè che si ritrovano, sostanzialmente invariate, anche nel western all'italiana.
Ci riferiamo ai gruppi sociali stereotipati (i cercatori d'oro, le confraternite religiose, la banda del villain e gli abitanti della cittadina) o anche alle figure femminili.

Questo tipo di indagine richiederebbe un’analisi fin troppo sottile, viste le differenze certo non eclatanti tra la tradizione classica del western e la sua versione italiana.
Varrà tuttavia la pena soffermarsi su alcune tipologie di personaggi, in quanto esse risultano di specifica pertinenza dello spaghetti western ovvero sono utilizzate in modo diverso rispetto ai modelli originari. Sarà tralasciata soltanto la figura dell'eroe che, nel western nostrano, si trasforma in anti-eroe. E che pure è stato oggetto nel passato di innumerevoli trattazioni.

Il Bounty Killer: l'uomo medio del west
Ne Lo Sperone nudo di Anthony Mann la figura del bounty killer rappresenta un'opportunità per riflettere sugli effetti devastanti dell'avidità umana. In questa pellicola la scelta di James Stewart di improvvisarsi cacciatore di taglie è un gesto mosso dalla disperazione e dalla rabbia per le ingiustizie subite. Rileviamo una differenza basilare con il western all'italiana, nel quale il bounty killer è quasi sempre una sorta di “uomo medio” del west. Uno che fa un mestiere come un altro e come tale accettato dai più. Un elemento aggiuntivo di caos nel caos.

Il bounty killer, forse il character più ricorrente nel genere, è di un cinismo totale e radicato. Né ha un senso di giustiza tale da creargli conflitti interiori. Anzi, è il grado di brutalità a stabilire chi sia il bounty killer più cool di tutti. Proprio così. Anche se il bounty killer finisce regolarmente morto ammazzato, resta pur sempre il vincitore morale per lo stile irresistibile che riesce a mostrare.

Numerosi attori si specializzarono in questo ruolo. Primo tra tutti Klaus Kinski, che ha inanellato una serie di successi interpretando una galleria di personaggi uno più riuscito dell'altro (Tigrero in Il Grande Silenzio, Scalper Jack in Il mio nome è Shangai Joe). In essi ha riversato e sfogato la follia brutale che lo caratterizzava nella vita. Se Kinski ci ha regalato una galleria di liberi professionisti luciferini, scrupolosi quanto metodici, Lou Castel, con il suo savoir faire, ha saputo costruire la figura del raffinato e paziente “uomo d'affari”, altrettanto metodico e lungimirante (Quien Sabe?).

Si distinguono dunque almeno due tipologie di bounty killer. Quello a-la-Kinski, il bounty serial killer brutto e cattivo, un folle che uccide più per piacere che per dollari, con precisione maniacale e con un sadismo quasi feticista. E quello a-la-Lou Castel, raffinato, con una grande senso del self-control, con l'unico interesse del denaro, sempre serio. Il secondo predilige, rispetto al primo, un piano sicuro con meno spargimento di sangue possibile, spara solo se necessario e basa la sua forza sull'astuzia. Ciò non toglie che nessuno dei due abbia il benchè minimo interesse per la vita del prossimo.

Il bounty killer è quindi un anti-eroe che però suscita ammirazione ed esaltazione nello spettatore, piuttosto che sdegno e disprezzo. Anche questo la dice lunga sul cinismo tipicamente italiano, che fa a pugni col puritanesimo perennamente indignato, deliziosamente wasp dei classici americani.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Nel dubbio, fate uno spaghetti western: l'italianità di un genere

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Mutolo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Media e Giornalismo
  Relatore: Fabrizio Lucherini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 83

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