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Crowdfunding. La finanza social al servizio della produzione culturale

Crowdsourcing e crowdfunding

È abbastanza evidente che, nel mondo, i grandi apparati economici e politici abbiano capito che grazie al web si stanno diffondendo non più solo i “mi piace” e i “ti seguo”, bensì anche istanze economiche, espressione di vere e proprie comunità finanziarie tematiche. Trasformare una semplice idea in un’impresa di successo: come? Attraverso la partecipazione attiva degli utenti del Web durante la progettazione oppure attraverso il supporto economico per realizzarli. Entrambi gli esempi costituiscono forme di finanziamento conosciute come crowdsourcing e crowdfunding: si tratta di due modelli di business che partono dal basso mediante le diverse piattaforme.

Nello specifico quando si parla di crowdsourcing si indica l’esternalizzazione di alcune attività, di marketing in questo contesto, ad esterni: l’azienda si rivolge ai consumatori per sviluppare un progetto, un nuovo prodotto o campagne di comunicazione. Ovviamente gran parte di questi progetti passano per le piattaforme Web, strumenti ideali per diffondere un’idea e aggregare gruppi di persone uniti dalle medesime passioni. Tali gruppi basano il modello economico sulla condivisione di conoscenze per l’ideazione, lo sviluppo e la realizzazione di progetti. Si viene a creare così una sorta di rete di professionisti capace di portare a termine un lavoro senza la necessità di operare fisicamente nello stesso luogo: questa nuova organizzazione del lavoro permette alle aziende, alle istituzioni e agli enti di affidare un progetto, o parte di esso, ad un comunità di esperti che collaborano grazie alla rete. Il crowdsourcing viene, perciò, inteso come partecipazione vivace e ragionata della folla, come un fenomeno complesso che, attraverso il coinvolgimento di diversi attori, si basa sulla partecipazione attiva e sulla gestione dei contributi degli utenti. Data la sua natura indefinita, però, non risulta facile individuare i campi di applicazione di questa forma di organizzazione del lavoro: è potenzialmente utilizzabile in ogni ambito lavorativo anche se trova applicazione soprattutto nel settore creativo e nel finanziamento di nuove iniziative e start-up.

Per assistere al primo esempio compiuto di ciò che si intende per crowdsourcing bisogna attendere il 2001 con la nascita della prima enciclopedia della storia interamente generata dai contributi degli utenti: Wikipedia. Si tratta quindi di un esempio basato sull’intelligenza collettiva. Così come Facebook che dal 2008 ha utilizzato il crowdfunding per tradurre il sito grazie all’aiuto della comunità di iscritti.

A differenza del crowdsourcing, il crowdfunding consiste in un finanziamento da parte della folla: la parola deriva infatti da crowd (folla) e funding (finanziamento). Si tratta quindi dell’opportunità di raccogliere fondi sollecitando direttamente il pubblico attraverso apposite piattaforme Web. Più semplicemente si tratta della forma evoluta di quella che una volta si chiamava colletta. È quindi un sistema estremamente democratico e molto efficiente in quanto consente la disintermediazione finanziaria e la parcellizzazione degli investitori. In realtà il crowdfunding non serve solo a raccogliere fondi in quanto una campagna può essere anche uno strumento versatile da utilizzare come canale di marketing. Ad esempio, sottoporre la propria idea, servizio o prodotto al crowd è un modo per capire se potrà avere successo, i finanziatori inoltre potrebbero essere futuri potenziali clienti che aiuteranno a costruire una customer base da coltivare. Infine una campagna di successo è un biglietto da visita per mostrare ai Venture Capitalist o, più in generale la folla, il potenziale della propria iniziativa e quindi fare in modo che essi siano disposti ad investire.

La logica del crowdfunding è molto simile a quella di altre pratiche finalizzate a capitalizzare la forza del Web nell’aggregare la ricchezza dispersa sfruttando, non il sostegno di un sovvenzionatore, ma la raccolta di micro contributi da parte della folla. Innanzitutto cambia radicalmente l’organizzazione di un settore già esistente, in secondo luogo, come già detto, entrambe abbattono le gerarchie ponendo in contatto diretto i finanziatori con le persone che hanno bisogno di soldi. Questi due modelli di business si rivolgono soprattutto alle start-up ma non necessariamente: vengono utilizzati tanto dalle aziende quanto da una persona singola che ha un’idea da portare avanti. Il crowdfunding ed il crowdsourcing permettono di raccogliere fondi attraverso una sorta di offerta pubblica, ma il modo in cui si presenta il singolo inventore o produttore del progetto deve essere abbastanza convincente così come il suo prodotto deve essere appetibile, con delle prospettive concrete di business.

I finanziatori cercano due cose in particolare: l’accesso anticipato, esclusivo, al prodotto e questa è una delle tipiche “promesse” che vengono fatte. La seconda è la ricerca di un’opportunità di investimento per il ritorno finanziario, ossia il finanziatore riceverà delle somme in base al successo del prodotto sul mercato. Sotto questo punto di vista il crowdfunding ed il crowdsourcing possono essere considerati come un modello di business partecipativo. A volte ciò che si promuove attraverso questi due modelli può essere anche solo un concetto che poi si evolve in un prodotto finito e pronto ad essere immesso sul mercato. Suddividere il rischio stesso dell’impresa stessa fra più persone sicuramente facilita, ma non è detto, quindi, che gli utenti debbano necessariamente contribuire con cifre esorbitanti.

La vera rivoluzione del crowdsourcing risiede nella creazione, condivisione ed organizzazione virtuale di contenuti da parte degli utenti. La folla interagisce con i nuovi media con un approccio partecipativo e interattivo. La linea di separazione tra creazione e fruizione si assottiglia, gli utenti diventano simultaneamente generatori e spettatori di contenuti. Il rapporto di successo di questi contenuti è estremamente basso ma è la folla stessa ad individuare i membri di maggiore talento (ad esempio incrementando il numero di visualizzazioni di un contenuto). Un’altra manifestazione molto efficace di partecipazione della folla riguarda i pareri espressi da essa, quello che pensa.

Secondo questa formula la folla è chiamata ed esprimere un giudizio, tramite votazioni o recensioni, su elementi di una determinata categoria, per esempio foto, siti internet, video. Questo principio nasconde delle banalità: prima fra tutte la selezione del materiale, Il crowdsourcing e il crowdfunding creativo infatti hanno generato una tale quantità di materiale che selezionare quello veramente valido dalla spazzatura richiederebbe delle tempistiche notevoli. In questo modo la comunità mette in atto un meccanismo di autoselezione, riconoscendo e premiando i contenuti veramente interessanti, facendo declassare e sparire quelli peggiori.

Il crowdfunding individua nella comunità dei possibili finanziatori per determinate cause. La novità consiste nel basarsi sul concetto di microfinanza: chiedere alle persone di contribuire ai progetti in cui credono con compensi esigui. Inoltre vengono evitate tutte le figure di mediazione che spesso rallentano e rendono più difficoltosi i finanziamenti.
Con il crowdsourcing e il crowdfunding l'approccio alla progettazione va a stravolgere l'idea carica di pregiudizi secondo cui la moltitudine è incapace di prendere scelte sagge. La direzione è quindi quella della democratizzazione del pensiero, non più privilegio di pochi detentori del sapere progettuale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Crowdfunding. La finanza social al servizio della produzione culturale

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Bisurgi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Francesco D'Amato
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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