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Genere e disturbi di personalità

Costruzione della personalità e costruzione dei disturbi di personalità

Nelle pagine precedenti ho illustrato che l’attribuire determinati disturbi alle donne rispetto agli uomini può essere dovuto a pregiudizi diagnostici e culturali degli stessi medici, psichiatri e psicologi.

Vorrei ora dimostrare grazie al lavoro di Carol Gilligan (“Con voce di donna” etica e formazione della personalità) che maschi e femmine hanno modalità di pensiero differente che li portano alla costruzione di personalità dissimili. La mia ipotesi è che se la cultura è in grado di creare personalità diverse rispetto ai generi può essere altrettanto capace di costruire, e di conseguenza predisporre le donne a determinate affezioni e gli uomini ad altre. Cercherò perciò di fare un parallelismo fra personalità normali individuate da Carol Gilligan, rispetto alle cosiddette personalità malate.

Carol Gilligan fu allieva e collaboratrice di Lawrence Kohlberg famoso per la costruzione di un test, ispirato alla teoria degli stadi dello sviluppo infantile di Piaget, nel quale ci si propone di individuare, per mezzo di determinati dilemmi etici, lo stadio di sviluppo della moralità dell’individuo. I punteggi più alti a questo test sono ottenuti dagli uomini, mentre i punteggi delle donne sono solitamente scarsi, si fermano infatti al terzo stadio della sequenza. La Gilligan notando questa discrepanza ritenne che i risultati della prova fossero distorti perché i partecipanti alla ricerca erano prevalentemente maschi e di conseguenza la scala di valutazione tendesse ad avvalorare il modo di pensare maschile rispetto a quello femminile.

Nel pensiero di Kohlberg, secondo l’autrice, è insita l’idea che solo con l’ingresso nelle attività sociali di carattere maschile, la donna potrà riconoscere la sua inadeguatezza morale e progredire a stadi più avanzati di moralità, fino a raggiungere principi universali di giustizia.
La Gilligan nel suo scritto si propone di dimostrare che uomini e donne hanno sì modalità di pensiero diverso come sosteneva anche Kohlberg, ma che è lo sguardo maschile a ritenere la moralità degli uomini migliore del modo di pensare l’etica delle donne. A questo punto vorrei riproporre il dilemma morale più conosciuto “Heinz ruba la medicina”, perché grazie a questo esempio risulta più semplice dimostrare la tesi dell’autrice e fare una correlazione con i disturbi di personalità.

La moglie di Heinz ha un male incurabile che la condurrà presto alla morte.
Heinz viene però a conoscenza dell’esistenza di una particolare medicina in grado di guarire la malattia della moglie, e questa medicina la possiede proprio il farmacista della sua città. Si rivolge quindi al farmacista ma questi gli chiede una somma ingente che Heinz non può pagare totalmente, ma solo per la metà. Quindi chiede al farmacista di pagarla a rate, ma lui si rifiuta di dargli la medicina a meno che non paghi tutto subito. Heinz non riesce a negoziare, il farmacista dice che lui l’ha scoperta e che quindi ha il diritto di venderla al prezzo che preferisce. Heinz se ne va, però di notte torna, entra di nascosto nella farmacia e ruba la medicina. Heinz ha fatto bene o no a rubare la medicina? E perché?


Riporterò ora gli esempi di risposta di due bambini, un maschio e una femmina, ho scelto d’illustrare il caso di due ragazzini di undici anni perché ciò può dimostrare ancora di più come la cultura ci plasma in maniera differente fin da piccoli.

Alla domanda se Heinz ha fatto bene a rubare la medicina Jake di undici anni risponde fin da subito che ha fatto bene. Interpretando, come aveva previsto Kohlberg, il problema come un conflitto di tra due valori, uno è la proprietà privata, e l’altro la vita umana. Il ragazzo sa scegliere in base alla logica che la vita umana ha più valore del denaro, per Jake infatti, “è l’unica cosa che sia completamente logica” i problemi morali poco discostano secondo la sua modalità di pensiero da quelli matematici, con gli esseri umani al posto dei numeri.

Amy alla stessa domanda risponde in modo evasivo ed incerto, dicendo che secondo lei Heinz non avrebbe dovuto rubare la medicina ma nemmeno lasciare che sua moglie muoia. Quando le viene chiesto il perché Heinz non avrebbe dovuto rubare la medicina lei pensa agli effetti drammatici che questa cosa potrebbe avere sul loro futuro, dice che se Heinz venisse arrestato la moglie non avrebbe più chi si prende cura di lei. Il dilemma secondo Amy non è un problema di carattere matematico, ma la bambina immagina che la moglie avrà sempre bisogno del marito e lui si occuperà sempre di lei, prova oltretutto a pensare anche alle esigenze del farmacista, Amy si sta impegnando per trovare una soluzione che non distrugga i legami.

La sua immagine del mondo è fatta di rapporti, non di individui isolati, di una società impostata sui legami fra le persone, non da un sistema di regole. Per cui la questione fondamentale per Amy è la risposta negativa del farmacista, per lei questa faccenda è tutta un errore essendo convinta che “se nel mondo tutti si aiutassero non ci sarebbe bisogno di rubare”.

Entrambi i bambini riconoscono la necessità del mutuo consenso, ma lo vedono possibile in modi diversi, Jake attraverso il sistema della logica e della gerarchia dei diritti, Amy attraverso la comunicazione all’interno dei rapporti.
Continuando nella ricerca ai due bambini è stata posta la seguente domanda: “Quando c’è un conflitto tra la responsabilità verso se stessi e la responsabilità verso gli altri come si fa a scegliere?”

Jake rispose: “Bisogna guardare per un quarto agli altri e per tre quarti a se stessi (..) s’intende pensare agli altri quando faccio qualcosa, perché terrai conto dei tuoi vicini, come per esempio, se voglio tirare una sassata non la tiro contro una finestra, perché penso a chi poi dovrà pagarla, cioè non lo fai anche se ti va di farlo, perché bisogna vivere con gli altri quelli che ti stanno intorno” (Gilligan 1987 pp. 43)

Alla stessa domanda Amy disse: “Se si tratta della responsabilità nei confronti di qualcuno a cui sei molto legata, allora devi pensarci bene, e decidere chi è più importante in quella situazione, se tu o l’altro, dipende da che tipo di persona sei e da quello che provi per l’altro, o gli altri, a cui sei legata.” (e cosa s’intende per responsabilità?) che altre persone contano su di te per fare una certa cosa e tu non puoi semplicemente decidere: “Farò questo o quest’altro, mi piace di più questo o quest’altro.” (Gilligan 1987 pp. 44)

Anche in questo caso è possibile notare come per Jake la vita sia un’operazione di tipo matematico, i suoi conflitti sono ridotti alla pura logica, e così è in grado di risolverli. Interessante è anche vedere che secondo Jake la responsabilità non è una questione di fare bensì di non fare, lui non tira un sasso alla finestra, non perché non gli piacerebbe farlo ma perché la sua educazione alla responsabilità non glielo consente. Per Amy la responsabilità è qualcosa di più del non fare del male agli altri, ma è fare quello che gli altri si aspettano che lei faccia, indipendentemente da quello che lei vorrebbe in quel momento.

Va ricordato che Amy e Jake non sono due stereotipi isolati, Carol Gilligan riporta molte interviste fatte a bambini, adolescenti e adulti ed in tutti i casi si riscontrano queste modalità di giudizio, le quali portano a pensare che effettivamente per il genere maschile la priorità sia il proprio bene senza fare del male agli altri, mentre per il genere femminile il proprio bene non può prescindere in alcun modo dal benessere delle persone che costituiscono la propria rete di rapporti interpersonali.
A questo proposito vorrei riportare un esempio di due bambini di otto anni ai quali fu chiesto di descrivere una situazione in cui è capitato loro di essere in dubbio su cosa fosse giusto fare.

Jeffrey: Quando io avrei voglia di andare a giocare con i miei amici e mia mamma sta riordinando, prima penso ai miei amici, poi penso alla mamma, poi penso qual è la cosa giusta da fare.

Karen: Io ho molte amiche, ma non possiamo giocare sempre tutte insieme, perciò bisogna fare a turno, perché sono tutte mie amiche. Però se una rimane sola allora gioco con lei. (Gilligan 1987 pp.41).

Jeffrey come Jake individua i due valori, gli amici e la mamma, fa un piccolo calcolo su quali dei due fattori ha più importanza in quel momento, e poi prende la sua decisione. Per Karen non è così, la sua scelta non è una questione gerarchica di cosa viene prima e di cosa viene dopo, per la bambina si tratta di preoccuparsi dell’amica che resta da sola e Karen gioca con lei per non farla soffrire.
Si può dedurre da questi esempi che il pensiero maschile può essere “ridotto” ad un’immagine gerarchica, mentre quello femminile alla rete.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Genere e disturbi di personalità

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Pescarzoli
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2006-07
  Università: Università degli Studi di Bergamo
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Pietro Barbetta
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 33

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