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Nascita ed evoluzione della Primavera di Praga

Gli intellettuali e il socialismo

Gli intellettuali erano concordi nel ritenere che lo stato dell’economia cecoslovacca fosse piuttosto critico. A loro avviso, il tenore di vita della popolazione era in continua discesa a causa della diminuita efficacia dei mezzi produttivi impiegati. Non si poteva più continuare, evidentemente, con la cosiddetta concezione ferrea, vale a dire l’indirizzo di politica economica per cui veniva anteposto lo sviluppo dell’industria pesante ad ogni altro obiettivo. Ad ogni modo, la ricostruzione di una serie di settori tradizionali dell’industria di trasformazione, dove operavano attrezzature decisamente antiquate, richiedeva ingenti investimenti, per i quali non si aveva la disposizione dei mezzi necessari. In termini generali, appariva necessario, per l’economia cecoslovacca, elaborare progetti e meccanismi che permettessero di superare gradualmente il lungo periodo di stagnazione economica e tecnica. Secondo gli intellettuali, il socialismo realizzato in Cecoslovacchia offriva la sicurezza sociale, la quale si fondava sul principio del diritto assoluto al lavoro e su un sistema di remunerazione in cui l’ammontare di salari e stipendi dipendeva in misura poco rilevante dalla prosperità delle fabbriche e delle imprese, e in misura ancor meno rilevante dal rendimento individuale. Tale sicurezza sociale, tuttavia, era un ostacolo all’efficienza economica, poiché, a lungo andare, provocava la scomparsa degli stimoli economici e morali al rendimento. Un altro aspetto del sistema socialista ritenuto positivo dalla maggioranza della popolazione era costituito dall’applicazione del principio egualitario, da cui derivava un livellamento di salari e stipendi. In Cecoslovacchia non esisteva, infatti, un solo gruppo sociale, economicamente attivo, che non lamentasse il fatto di essere insufficientemente remunerato; tuttavia, poiché si riteneva che in un’economia non prospera sarebbe stato possibile, al massimo, migliorare la situazione degli uni a scapito degli altri, la maggioranza della popolazione era convinta che, in fin dei conti, lo stato più giusto fosse quello del livellamento. In questo modo si era liquidato quasi del tutto lo stimolo materiale al rendimento, principale presupposto di una economia efficiente. Inoltre l’assenza di disciplina, la scomparsa dell’autorità dei capireparto nelle fabbriche, dei tecnici e dei dirigenti economici nelle imprese, operavano in modo tale che il rendimento fornito dalla maggioranza dei lavoratori finiva col dipendere principalmente dalla sua buona disposizione al lavoro. Per costoro, il rendimento effettivo era quindi, secondo gli intellettuali, quanto mai aldi sotto di quello potenziale. Evidentemente, che aveva capacità spesso preferiva non dedicarsi troppo al lavoro, per compensare in questo modo lo svantaggio causato dal livellamento. Tuttavia, ciò provocava una sostanziale diminuzione della produttività sociale del lavoro nell’impossibilità, per la maggioranza dei prodotti, di sopportare la concorrenza mondiale ed europea.Per favorire una sana evoluzione economica, che garantisse nello stesso tempo il successo dell’auspicato modello di socialismo democratico, occorreva dunque liberarsi della peggiore eredità dell’era novotniana: il rilassamento della morale sul lavoro nelle imprese e negli uffici.
In molti settori dell’economia, oltre al mancato rispetto dell’orario di lavoro, veniva assicurata la remunerazione anche per prodotti non buoni, del che si lamentavano poi i consumatori e gli esportatori, che riuscivano a malapena a vendere a prezzi bassi. Il miglioramento della morale sul lavoro, ottenuto tramite l’intervento degli uomini politici competenti sui lavoratori, sui direttori e sui consigli dei lavoratori, avrebbe garantito un incremento quantitativo e qualitativo della produzione e in generale della capacità economica delle imprese e degli uffici. I dirigenti politici dovevano altresì spiegare la necessità di rinunciare, al fine di correggere il grave squilibrio economico, alle rivendicazioni relative ai salari e agli investimenti, nonché alle eccessive sovvenzioni, dotazioni e agli interventi statali. Secondo il fronte intellettuale, non era possibile migliorare la situazione dell’economia cecoslovacca soltanto con la pressione del mercato sulle imprese, con la commercializzazione dei rapporti, con la chiusura delle imprese non redditizie e il solo uso di altri strumenti economici. In caso contrario il processo sarebbe durato anni e anni, frenando a lungo il possibile decollo economico. Si rendevano quindi necessari sacrifici economici da parte dell’intera popolazione, nel quadro generale di una riabilitazione dei fattori morali nell’economia.

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Nascita ed evoluzione della Primavera di Praga

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Informazioni tesi

  Autore: Daniele Ormella
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 1989-90
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze Politiche
  Relatore: Guido  Donnini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 161

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