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La Torre di Babele tra mito, arte e storia

Babele nell’arte grafica del XVI secolo

Dal percorso fatto finora appare evidente che, lungo tutto il Medioevo, la torre di Babele viene rappresentata quasi esclusivamente all’interno di cicli figurativi tratti dall’Antico Testamento o apocalittici, a prescindere dal mezzo espressivo utilizzato dall’artista. Tale soggetto, pertanto, è del tutto ignorato dalla pittura di piccolo formato, su tavola o su tela, fino al XVI secolo, quando verrà consacrata tra i soggetti per eccellenza della pittura fiamminga. Ipotizziamo che le ragioni di una simile fioritura possano essere ricercate anche nel generale cambiamento epocale che vede l’opera d’arte entrare nel mercato e diventare oggetto di scambio da parte di collezionisti privati, stimolando conseguentemente la produzione e la diffusione di dipinti di piccolo formato, più facili da trasportare e da vendere. Anche questo aspetto, secondo il nostro parere, caratterizza l’età moderna. Più complesso è comprendere i motivi di una tale fortuna iconografica, riguardo alla quale faremo le nostre considerazioni più avanti. Intanto, però, è necessario tornare indietro di qualche decennio per ritrovare, sul finire del Medioevo, una nuova espressione artistica, la xilografia, a corredo illustrativo degli incunaboli, i primi libri stampati a caratteri mobili tra la metà del ‘400 e il ‘500 (detti anche quattrocentine). Se gli incunaboli e le loro immagini sono caratterizzati da una certa dipendenza grafica, stilistica e iconografica dai manoscritti, è indiscutibile l’importanza storico-artistica di questi testi, prodotti in serie con modalità proto-industriali e per questo fondamentali testimonianze della Modernità. Si è già accennato come le prime xilografie (copie e stampe di un’incisione da una matrice in legno) riproducano sostanzialmente le miniature contenute all’interno di due fonti principali, lo Speculum e la Biblia pauperum, non apportando sostanziali novità figurative riguardo al nostro tema.

È del 1473 la prima immagine a stampa di Babele, realizzata ad Augusta dall’officina di Gunther Zainer e contenuta in un’edizione dello Speculum Humanae Salvationis (fig. 31). L’incisione risulta essere piuttosto precisa e sicura nel tratto, seppur ridotta all’essenzialità per lo spazio limitato e la difficoltà tecnica propri della xilografia. La torre è posta al centro della scena, non molto alta e a pianta esagonale, attorno a questa si affaccendano quattro operai, ancora legnosi nei movimenti. Non vi sono elementi che riconducano alla divinità o al miracolo della dispersione dei popoli e, ancora una volta, è il cantiere della Torre il cuore della rappresentazione. Le varie fasi del lavoro sono mostrate con lineare e primitiva sintesi: il trasporto del mattone, la preparazione della calce, la scialbatura dell’edificio. In generale, le torri dei primi incunaboli sono di altezza moderata, il lavoro si svolge principalmente a terra o al primo piano come nel caso della xilografia qui riprodotta, in cui un artigiano, armato di cazzuola, è raffigurato seduto su di una impalcatura sospesa in cima all’edificio. Il numero degli operai aumenta col passare del tempo parallelamente alla dotazione di strumenti tecnici, come nella xilografia del 1479 di Peter Drach (fig. 32), in cui la torre è molto più definita e dettagliata e sulla cui sommità accanto a due lavoratori, decisamente più sciolti e disinvolti, compare una gru con un gancio a pinza per sollevare pietre. Non vi sono ancora elementi paesaggistici. Nel corso del XVI secolo, via via, la composizione del racconto si fa più articolata, inserita in un paesaggio più ampio e dettagliato. A partire dal Cinquecento si assiste ai primi tentativi di inserire la torre in un contesto urbano, probabilmente per la diffusione del testo erodoteo, tradotto in latino da Lorenzo Valla nel 1474. Hans Holbein il Giovane (1497-1543) è il primo a variare la forma della torre (fino ad allora quadrangolare o esagonale) conferendole una pianta circolare nell’incisione del 1526 (fig. 33), futuro modello per i dipinti di Bruegel e dei pittori fiamminghi89. Nemmeno la sua torre raggiunge un’altezza elevata, tuttavia i contrafforti sono una chiara allusione ad un edificio che vuole diventare gigantesco e imponente, collocato in un paesaggio urbano che, attraverso le sue cupole, evoca atmosfere orientali ed esotiche. Anche per il suo precoce tentativo di caratterizzare geograficamente e storicamente la torre, egli ci appare come un grande innovatore. Tutta la scena risulta essere più accurata e dettagliata: in cielo sono tratteggiate con leggerezza le nubi e uno stormo di uccelli e gli operai, ben più numerosi, hanno un atteggiamento più disteso e naturale.

Contemporaneamente al tipo della torre a base circolare compare quello a sviluppo spiraliforme e l’edificio diventa imponente, gigantesco, anche per la progressiva diffusione delle tecniche incisorie su rame che consentono maggiore libertà iconografica e cura per i particolari, anticipando di qualche decennio le future soluzioni pittoriche. Ne è un esempio l’incisione del francese Etienne Delaune (1518-1583 circa) in cui la maestosa torre spiraliforme sullo sfondo sembra perdersi nel cielo. In primo piano compaiono Nimrod, vestito come un condottiero dell’antica Roma, e un architetto, munito dei suoi strumenti da lavoro e inginocchiato al suo cospetto (fig. 34).
Le illustrazioni divengono sempre più drammatiche e ricche di dettagli narrativi, la torre presenta spesso difetti costruttivi o sta già andando in frantumi come nella straordinaria acquaforte dell’olandese Cornelis Anthonisz (1499-1533 circa) datata 1547 (fig. 35). L’artista mette in scena la tragica distruzione della grandiosa torre ad opera di una invisibile forza divina che, dall’alto dei cieli, annunciata dalle trombe degli angeli, soffia come un vento impetuoso sulla sommità dell’edificio causandone il crollo. La struttura architettonica, a pianta circolare e a gradoni, ricorda da vicino il Colosseo, come pure le numerose rovine e i vari personaggi in abiti classici rimandano chiaramente alla Città Eterna, alludendo alle profonde tensioni religiose tra cattolici e riformati che hanno sconvolto e diviso l’Europa cristiana nel corso del XVI secolo. Forse non è casuale che l’incisione sia stata realizzata a due anni di distanza dall’apertura del Concilio di Trento, indetto da papa Paolo III come estremo tentativo del mondo cattolico di arginare la diffusione del luteranesimo e del calvinismo. Ai piedi della torre un’umanità straziata dal dolore e dalla paura fugge da ogni parte, tra cadaveri e feriti. Bellissima e innovativa è la figura centrale di una donna in fuga dai capelli sciolti e con le braccia alzate che per la forza drammatica ricorda la tragica figura femminile inginocchiata nell’affresco raffaellesco dell’Incendio di Borgo ai Musei Vaticani. Un altro particolare attrae la nostra attenzione: la scritta in alto “Babelon Genesis” testimonia non solo la sovrapposizione tra la torre di Babele e la città di Babilonia ma anche la fusione narrativa tra il racconto della Genesi e il testo apocalittico di Giovanni in cui si profetizza la caduta di Babilonia, a fini propagandistici e ideologici. La possente struttura della torre immaginata da Anthonisz avrà un forte impatto sull’immaginario degli artisti futuri, a cominciare da P. Bruegel il Vecchio, tanto da divenire la forma corrente per i secoli successivi.

Più esplicito è il messaggio trasmesso dalle xilografie di Lucas Cranach o di Hans Holbein a corredo delle Bibbie tedesche stampate negli anni ’20. Esse si inseriscono in un turbolento contesto culturale, caratterizzato da violenti contrasti di natura religiosa seguiti alla Riforma luterana, combattuti anche attraverso pubblicazioni e immagini. In questi anni, soprattutto a nord delle Alpi, vengono dati alle stampe molti libelli propagandistici diretti a screditare il papa e la sua curia, con toni decisamente insolenti, aggressivi e dissacratori. È del 1520 il De Captivitate Babilonica Ecclesiae di Lutero, come risposta alla scomunica decisa da Roma. Ma se i contrasti tra il monaco tedesco e il papa erano rimasti fino ad allora circoscritti agli ambienti clericali, è con la pubblicazione nel 1521, da parte dell’editore Grunemberg, di un opuscolo, il Passional Christi und Antichristi, che il conflitto religioso diventerà popolare e diffuso. Lo straordinario successo del libello è dovuto all’efficace e semplificato simbolismo delle sue immagini, opera di Lucas Cranach che divenne il ritrattista e l’illustratore ufficiale dei Riformatori. Il testo era corredato da tredici illustrazioni, accompagnate da un passo della Sacra Scrittura in lingua tedesca e raffiguranti episodi della vita di Cristo, da una parte, e del papa, dall’altro, emblemi del Bene e del Male. Va riconosciuta l’eccezionale abilità di Cranach nel trovare immagini-chiave capaci di dimostrare con immediatezza e semplicità che il papa avesse sovvertito la dottrina evangelica. Se il papa-Anticristo ricorda nei lineamenti Leone X, esplicite e precise sono anche le allusioni alla curia romana. [...]

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La Torre di Babele tra mito, arte e storia

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Informazioni tesi

  Autore: Erika Morici
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Conservazione dei Beni Culturali
  Corso: Conservazione dei Beni Culturali
  Relatore: Barbara Ghelfi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 106

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Parole chiave

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torre
iconografia
babilonia
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bruegel
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iconologia

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