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Il co-marketing: metodologia del marketing del cambiamento

Co-marketing proposition

Come espresso in modo esemplare dal titolo di questo punto si andrà di seguito ad esaminare la proposizione dell’accordo specifico di co-marketing. Si tratta innanzitutto di identificare una struttura adeguata rispetto ai termini che si vogliono inserire all’interno di esso e l’eventuale selezione delle risorse umane necessarie a questo scopo. Questo secondo aspetto è di vitale importanza per un accordo di questo tipo; per gestire le fasi preparatorie non si ha necessariamente bisogno di personale specializzato in partnership, si tratta in ultima analisi di azioni caratteristiche del marketing che non richiedono conoscenze particolari nell’ambito delle relazioni cooperative tra imprese, per la gestione di rapporti con un’altra impresa è invece auspicabile la presenza di soggetti qualificati per svolgere questo ruolo in particolare. La tematica della scelta migliore per quanto riguarda i soggetti preposti allo svolgimento concreto dell’accordo finale verrà ripresa poi nell’ultimo punto di questo capitolo con l’analisi delle scelte di insourcing contrapposte alle scelte di outsourcing.
Un importante presupposto per iniziare e poi proseguire con la negoziazione e la conseguente stipulazione dell’accordo è rappresentato anche dal fatto che il futuro partner abbia seguito in modo simile tutti i passi preparatori, non avrebbe infatti molto senso se l’accordo fosse stipulato sulla base di una proposizione unilaterale. Probabilmente una situazione di questo tipo avrebbe come conseguenza azioni opportunistiche da una parte come dall’altra: si potrebbe infatti trovare in vantaggio la parte che ha svolto nel migliore dei modi le fasi preparatorie come però potrebbe anche trovarsi in svantaggio a fronte di un partner che non ha alcun interesse a rispettare i criteri proposti a seguito di una grande mole di lavoro interno. Si arriverebbe infatti a una situazione in cui l’alleato potrebbe giungere a uno sviluppo di competenze maggiori proprio “rubandole” all’impresa che ha proposto la collaborazione. I partner sono infatti solitamente la risorsa più importante di nuove idee e informazioni che hanno inevitabilmente un riscontro concreto nella performance, cosa sicuramente positiva se osservata da un’ottica di interscambio reciproco di informazioni e conoscenze, ma l’obiettivo primario di un accordo deve comunque sempre restare il mutuo vantaggio ottenuto da entrambi i soggetti coinvolti.

Una volta che tutti questi aspetti sono stati esaminati è auspicabile la stesura di un documento finale che presenti il “Piano di co-marketing” in maniera riassuntiva e ben comprensibile in tutte le sue forme, a partire dall’esplicitazione sintetica degli obiettivi principali perseguiti attraverso la strategia di collaborazione, le metriche di misurazione scelte per tenere conto dell’efficienza dell’accordo, le tattiche da usare in ogni canale di marketing, le linee guida, il budget e ovviamente l’andamento auspicato e previsto in un ben preciso lasso di tempo. Tutto questo per tradurre in azioni operative tutto il lavoro “teorico” che fino a questo momento è stato svolto e indirettamente per rendere vero quello che afferma Philip Kotler: “Nel nuovo ambiente globale, con una competizione sempre più intenta a un volume crescente di prodotti e possibilità di scelta, le alleanze non sono più solo un’opzione di pianificazione, ma una necessità strategica. Secondo Jim Kelly, CEO di UPS, che ha formato varie alleanze globali, «Il vecchio adagio “se non riesci a batterlo, alleati con lui” deve essere cambiato in “alleati con lui e sarai imbattibile”» (Kotler, 2004). Proprio quest’ultima frase deve essere la linea guida di tutta la proposizione di co-marketing, l’obiettivo chiave che auspicabilmente deve reggere fermamente la volontà di collaborare, non tanto per una questione di “bene comune”, quanto per rafforzare il “bene bilaterale” e quindi la possibile imbattibilità dei due partner.
Questo documento rappresentativo della proposta di accordo è dunque il punto di partenza per la presentazione e negoziazione della collaborazione vera e propria. Lanciare un accordo di co-marketing può essere facilmente paragonato al lancio di un nuovo prodotto sul mercato, anzi forse è un’attività che deve essere svolta in modo ancor più attento e preciso, trattandosi in poche parole di “mettere d’accordo” due soggetti giuridici completamente diversi. È proprio in questo che il personale preposto allo svolgimento delle attività collaborative deve dimostrarsi all’altezza della situazione, comunicando eventualmente anche l’entusiasmo che un’opportunità di questo tipo dovrebbe portare con sé. Si tratta inoltre anche di dimostrare la propria capacità di ascolto di fronte alle, probabilmente differenti, necessità portate dal futuro partner e un sentimento, se così lo si può definire, di apertura rispetto alle modalità di marketing diverse, in modo da poter trovare un punto in comune su cui iniziare a lavorare. In questa fase è richiesta la creatività di tutte le persone coinvolte, non si tratta più soltanto di costruire un’immagine del proprio brand ma di due imprese diverse, tenendo bene a mente le aspettative del consumatore esaminate durante le fasi preparatorie.

Anche in questo contesto è interessante compiere una breve digressione su due famosi esempi di accordi di co-marketing. Il primo esempio che verrà di seguito descritto è uno dei casi di alleanza di co-marketing degli ultimi anni più longevo e importante, si tratta dell’alleanza tra il programma Intel Inside, prodotto dalla Intel Corporation, una multinazionale statunitense nata nel 1968, e diversi produttori di computer. Intel Corporation produce componenti fondamentali per molti tipi di personal computer, in modo particolare chip e microprocessori. Nel 1991 per la prima volta venne stipulato un accordo di co-marketing con i principali clienti di Intel che si impegnarono ad apporre il logo del fornitore su tutti i propri prodotti. Fino ad oggi la maggior parte di computer portatili in commercio portano, applicato solitamente nella parte inferiore della tastiera, il logo celeste di Intel Inside. Il programma lanciato dalla Intel Corporation la aiutò a raggiungere in pochi anni una delle prime dieci posizioni della classifica dei brand più influenti al mondo. Ma il vantaggio fu ovviamente sentito anche dalla controparte e cioè dai produttori di notebook: se da un lato l’apposizione del logo contribuiva costantemente ad aumentare la brand awareness per quanto riguarda Intel, dall’altra contribuiva ad aumentare il valore del computer stesso rappresentando una specie di “sigillo di qualità”. Come anche in tanti altri casi, avere una garanzia di qualità apposta sul proprio prodotto è anche un grande vantaggio per quanto riguarda i costi pubblicitari, è infatti dimostrato come i costi in pubblicità dei produttori di computer risultarono molto contenuti proprio a seguito dell’accordo di co-marketing. Kim Hefty, una manager di programma della Intel Corporation, in una testimonianza raccolta recentemente, racconta come inizialmente il programma fosse abbastanza semplice da gestire, e come poi con l’andare del tempo i rapporti con le imprese partner siano andati intricandosi sempre di più con numeri in termini di budget e personale addetto sempre più ingenti per consentire una ristrutturazione degli accordi in modo da consentire lo svolgimento efficace delle azioni previste. Si tratta dunque di un magnifico esempio di accordo di co-marketing ben pianificato sin dalle sue origini, sia nei termini dell’analisi delle necessità del consumatore finale del prodotto finale – che in questo caso è costituito dal singolo computer – ma anche in tutte le caratteristiche fondamentali dell’accordo a partire proprio dal personale addetto al budget dedicatovi. Un’ultima caratteristica molto interessante da aggiungere all’accordo appena descritto è il fatto che negli anni in cui venne stipulato non era assolutamente un’ovvietà che una partnership di questo tipo venisse conclusa e soprattutto non con gli obiettivi posti da Intel e dai suoi partner. È forse anche per questo sentore di novità che il programma Intel Inside è riuscito poi a raggiungere una notorietà così ampia che attraversa trasversalmente tutto il mercato.

Un altro esempio, molto più recente e con una durata invece limitata, è quello costituito dalla partnership di marketing proposta al mercato nel 2015 da due colossi molto giovani: Uber e Spotify. La prima delle due è un’impresa americana, ormai diffusa in molti paesi del mondo, che offre un servizio di trasporto automobilistico in forma privata che collega i potenziali passeggeri e gli autisti iscritti al programma tramite un’applicazione per smartphone; la seconda impresa nasce invece in Svezia e offre lo streaming on-demand di qualsiasi tipo di musica sempre tramite un’applicazione mobile (utilizzabile però anche dal computer). All’apparenza entrambi i brand non hanno molto in comune per quanto riguarda il servizio offerto, l’idea dei marketing manager delle due società è però stata fondata sul fatto che “solitamente in macchina piace ascoltare buona musica”. È proprio da questo concetto che nasce il programma promozionale “Soundtrack for your ride”. Il funzionamento della doppia promozione è in realtà molto semplice: quando un cliente Uber prenota un viaggio in macchina gli viene suggerito di collegarsi all’applicazione Spotify per diventare in questo modo il DJ del proprio viaggio. Attraverso questa strategia si incentiva l’utilizzo dell’applicazione musicale da un lato, ma anche quella automobilistica, proprio per l’associamento – auspicato – che va a formarsi nella mente del consumatore tra i due brand. È proprio quest’ultimo fattore che va a creare anche un ulteriore vantaggio risetto alla concorrenza dei due partner, un’imbattibilità data proprio dall’unione di due tasselli di un puzzle che si intersecano e si completano a perfezione. Lo scopo perseguito dai due partner in questo caso risulta essere molto evidente: acquisire più clienti e soprattutto raggiungere un engagement maggiore sulle proprie piattaforme in ogni caso. È molto peculiare infatti notare quanto sia importante per aziende operanti prevalentemente attraverso piattaforme informatiche che ci sia interazione e “movimento” costante su di esse. Lo si può notare in modo esemplare dai numeri raggiunti da Spotify in pochissimi anni: 75 mln di clienti attivi sulla piattaforma, di cui più della metà paganti. Utilizzare la piattaforma è il primo passo per pagare il suo servizio, e se ciò può essere raggiunto una partnership di marketing ancora meglio. Anche nel caso di questo secondo esempio si può sicuramente affermare che il valore aggiunto portato dalle due imprese è proprio quello della novità e della “moda”. Unire due brand che hanno in comune solo il fatto di essere alla moda e sempre più in espansione può essere un’idea scaturita soltanto da soggetti esperti in materia, o meglio, può essere soltanto essere stata messa in atto da soggetti esperti in partnership e co-marketing, tutto ciò attraverso una grande attenzione al rispetto delle fasi preparatorie e delle conseguenti azioni di benchmark e di analisi dei risultati.

Quando dunque i soggetti occupatisi della proposizione e negoziazione dell’accordo sono finalmente giunti a trovare un punto in comune e sono riusciti a sviluppare una strategia comune l’alleanza può definitivamente “uscire allo scoperto”. Ovviamente la modalità in cui ciò avviene dipende strettamente dalla modalità in cui si è deciso di procedere per attrarre l’attenzione dei clienti di entrambe le imprese. Un elemento importante prima del lancio definitivo di qualsiasi azione di marketing e tanto più di un’azione di co-marketing può però essere il testare l’azione su un numero ristretto di consumatori per analizzare l’effettivo raggiungimento, perlomeno in linea teorica, di quei risultati attesi che sin dall’inizio sono stati prefigurati. Questa ultima azione preliminare può avvenire tramite focus group, interviste, sondaggi e altre tipologie di analisi delle reazioni dei consumatori di fronte a un “possibile accordo” tra due imprese specifiche. Si tratta in ogni caso di una buona strategia, ancora una volta applicabile in modo particolare dalle imprese di grandi dimensioni, per evitare un eventuale spreco di risorse durante il proseguimento dell’accordo vero e proprio nel caso in cui ci si renda conto della sua ineffettività. Decisioni di questo tipo però devono essere conseguentemente adattate alla situazione specifica, non sempre sono necessarie o adatte alla circostanza economica. Con l’avvento delle nuove tecnologie spesso non è neanche più necessario condurre un test dichiarato su soggetti accuratamente scelti: per esempio nel caso dell’accordo Uber-Spotify è sufficiente provare l’efficacia della promozione doppia su un numero limitato di clienti (in questo caso soggetti con l’applicazione Uber scaricata sul proprio telefono) per verificare in questo modo se la reazione è quella sperata o meno.
Il risultato delle negoziazioni tra le due imprese si dimostra essere solitamente un contratto siglato da entrambe le parti che riassume i punti principali di collaborazione tra di esse. Avere questo sostegno giuridico è essenziale per la buona riuscita dell’accordo proprio perché entrambe i partner devono avere la possibilità di appoggiarsi a una forma di accordo scritto nel caso in cui uno dei due dimostri comportamenti opportunistici che vanno a tradire la fiducia di fondo auspicata. Il contratto in questione può presentarsi in forme diverse, il fattore importante è che contenga i punti principali necessari alla collaborazione: oltre alle definizioni, le premesse e gli allegati, i principi regolatori e l’ambito di applicazione del contratto, devono essere espressi formalmente l’oggetto del contratto con i relativi obblighi delle parti e le garanzie poste, i termini di durata e recesso e ovviamente gli obblighi di riservatezza da rispettare.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il co-marketing: metodologia del marketing del cambiamento

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Informazioni tesi

  Autore: Josua Herbert Wallbrecher
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi Europea di Roma
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Roberto Cucco
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 104

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