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Plasticità cerebrale e principi di neuromodulazione: uno studio sperimentale sul ruolo della neuromodulazione, tramite training cognitivi, nella regolazione emotiva

La riorganizzazione del cervello adulto dopo lesioni

Questa consapevolezza, legata ai processi di riadattamento, permette di comprendere e interpretare i fenomeni di plasticità che si realizzano spontaneamente dopo che un agente patogeno di varia natura ha causato una lesione periferica (Fagherazzi et al., 2014).
Le esperienze comportamentali post-lesionali costituiscono un importante campo di indagine per comprendere questa significativa dinamicità della corteccia cerebrale e per attenzionare quali modificazioni strutturali e funzionali si verificano spontaneamente o possono avvenire in seguito a interventi di neuromodulazione, permettendo la compensazione della funzione lesa o facilitandone il recupero (Làdavas, 2012; Knotkova & Rasche, 2014).
Viene evidenziato come i cambiamenti neuroplastici emergano sia in condizioni di modificazione del sistema nervoso a seguito dei cambiamenti dell’ambiente esterno, indotti ad esempio da variazioni in termini di deprivazione o arricchimento dei segnali afferenti nei sistemi sensoriali (visivo, olfattivo, uditivo, somatosensoriale), sia in seguito a modificazioni del sistema nervoso in risposta a cambiamenti dell’ambiente interno, che si verificano in presenza di lesioni cerebrali focali o diffuse (Làdavas, 2014).
In tali condizioni, la neuroplasticità si manifesta sia a livello dei singoli neuroni e delle connessioni sinaptiche tra neuroni ma anche attraverso modificazioni dell’organizzazione topografica delle aree cerebrali.
Il cervello infatti ospita delle rappresentazioni o mappe corporee e spaziali funzionali, ordinate topograficamente, che possono essere modificate dall’esperienza e dagli apprendimenti o da lesioni cerebrali (Figura 3a).
La plasticità neuronale si manifesta nell’organizzazione somatotopica tramite l’assegnazione preferenziale dello spazio corticale a quelle aree periferiche più in uso, in risposta ad un cambiamento nell’input sensoriale, che è l’esito di una modificazione delle informazioni afferenti.
I neuroni della corteccia somatosensoriale possono quindi acquisire nuovi campi recettivi, mentre le rappresentazioni somatosensitive corticali si espandono in settori funzionalmente poco attivi per rappresentare, con maggior dettaglio, le zone somatiche circostanti alla zona deafferentata (Knotkova & Rasche, 2014; Làdavas, 2014).
In particolar modo, gli studi sulla soppressione di input sensoriali (deafferentazione) hanno messo in luce i fenomeni di plasticità neuronale precoce e tardivi, a seconda del diverso periodo di latenza necessario per il manifestarsi degli effetti di riorganizzazione neuronale dopo denervazione periferica.
I fenomeni di plasticità neuronale precoci conseguono ad amputazione di parti del corpo e a selettiva denervazione sensoriale o motoria (Làdavas, 2014).
Emerge come l’alterazione dell’input, può mutare l’organizzazione interna di un’area sensoriale corticale e che la deprivazione può comportare una riassegnazione funzionale dell’area sensoriale danneggiata (Stiles et al., 2012).
Ad esempio, alcune ore dopo la sezione di un nervo periferico, si verifica un’immediata espansione nei campi recettivi dei neuroni sensitivi corticali, della corteccia sia controlaterale che ipsilaterale all’area di denervazione (Làdavas, 2014).
Queste rapide modificazioni sono prontamente reversibili se si ristabilisce un normale pattern di afferenza sensoriale: quindi, una deprivazione sensoriale di breve durata, induce solamente modificazioni funzionali delle risposte neuronali senza causare alterazioni strutturali delle rappresentazioni corticali.
Le alterazioni più profonde delle mappe corticali sensitive e motorie, invece, si realizzano più lentamente. Queste modificazioni sono irreversibili e dipendono da cambiamenti strutturali delle sinapsi neuronali e da persistenti variazioni nel livello dei neuromodulatori e dei loro recettori (Làdavas, 2014).
Quindi, in un primo momento, si assiste ad un’attivazione dei processi di riparazione cellulare; successivamente emergono modificazioni delle proprietà funzionali delle sinapsi di circuiti neuronali esistenti (plasticità funzionale) ed infine si assiste alla crescita di ramificazioni assonali con la conseguente formazione ed eliminazione di contatti sinaptici e alla proliferazione e differenziazione di nuove cellule (plasticità anatomica o strutturale).
Anche molti anni dopo la lesione, il cervello può mantenere tale capacità di riorganizzarsi. L’utilizzo delle metodiche di neuroimaging in associazione alle tecniche di neuromodulazione, ha permesso di esaminare come il sistema nervoso cambi e si adatti in risposta ai vari stimoli, confermandone la neuroplasticità, evidenziando anche la possibilità di giungere ad una riattivazione dei circuiti corticali formati in seguito a processi di riorganizzazione funzionale (Balconi et al., 2016).
Pertanto, la neuromodulazione in tali condizioni può facilitare un’inversione dei cambiamenti cerebrali verso una maggiore normalità e facilitare un percorso mirato al recupero della funzione compromessa, favorendo un consolidamento del funzionamento globale e delle specifiche abilità cognitive coinvolte (Knotkova & Rasche, 2014).

Questo brano è tratto dalla tesi:

Plasticità cerebrale e principi di neuromodulazione: uno studio sperimentale sul ruolo della neuromodulazione, tramite training cognitivi, nella regolazione emotiva

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Informazioni tesi

  Autore: Ilaria Peraino
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Psicologia Clinica
  Relatore: Massimiliano Oliveri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 90

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Parole chiave

emozioni
neuroscienze
tms
regolazione emotiva
neuroplasticità
plasticità cerebrale
corteccia prefrontale
tdcs
neuromodulazione
training cognitivi

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