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APPROFONDIMENTI

1862, Filippo Cordova: una moderna proposta bocciata

02/03/2009

1862, Filippo Cordova: una moderna proposta bocciata

Si presenta uno studio sul disegno di legge 18.2.1862 di “Filippo Cordova” ministro di agricoltura, industria e commercio.
Filippo Cordova (Aidone, 1 maggio 1811 - Firenze, 16 settembre 1868) fu un patriota siciliano durante il Risorgimento e un uomo politico del regno d'Italia. Si laureò a Catania in legge e in geologia e nel 1831 entrò nello studio dell'avvocato Agnetta a Palermo, dove conobbe diversi patrioti, tra cui Michele Amari, Vincenzo Fardella di Torrearsa, Ruggero Settimo. Aiutato dallo zio-cugino Gaetano Scovazzo nel 1838 partecipò al "Congresso scientifico di Clermont-Ferrand" e si fece conoscere presso l'Accademia di Francia. Nominato "Consigliere d'intendenza" a Caltanissetta, nel 1839 studiò le decime feudali in Sicilia per alcuni Comuni e nel 1841 partecipò al "Congresso scientifico" a Napoli. Tramite il principe di Canino entrò a far parte della massoneria nella loggia AUSONIA che aveva l'obiettivo dell'Unità d'Italia con capitale Roma.
Nel gennaio 1848, quando la Sicilia si ribellò ai Borboni, fu segretario del comitato rivoluzionario provinciale e fu eletto in marzo deputato alla "Camera dei Comuni". Si occupò della redazione dello Statuto Siciliano. Il 13 agosto il capo dello Stato siciliano, Ruggero Settimo, lo nominò Ministro delle Finanze nel governo guidato dal marchese Torrearsa.
Ideò un "Comitato Misto" che assumesse le decisioni più importanti per il nuovo stato siciliano. Come Ministro propose l'introduzione della carta-moneta con la creazione del Banco di Sicilia. Per decreto stabilì che i beni ecclesiastici e le argenterie delle chiese fossero dati in pegno per i prestiti allo Stato; abolì inoltre l'odiata “tassa sul macinato” che gravava particolarmente sugli strati più poveri della popolazione. La radicalità delle sue proposte, che mirava a trasformare il latifondo siciliano con la creazione di tanti piccoli proprietari terrieri, venne osteggiata dai nobili presenti nel parlamento siciliano e dal clero.
Redasse il documento che sanciva la decadenza dal trono di Ferdinando II di Borbone e appoggiò l'offerta della corona a Ferdinando di Savoia, duca di Genova, figlio del re Carlo Alberto.
Per reperire fondi per la guerra contro i Borboni propose il progetto per un “mutuo coattivo”, in base agli accordi presi con una banca francese da Michele Amari, suscitando una netta opposizione dei nobili e fu costretto a dimettersi.
Nel maggio 1849 l'esercito del re Ferdinando guidato dal Satriano riconquistò la Sicilia. Filippo Cordova ,uno dei 43 proscritti patrioti siciliani, fu costretto all'esilio prima a Marsiglia e poi a Torino.
A Torino il Cordova, che già aveva fatto esperienza giornalistica in Sicilia con il suo giornale "La Luce", di tendenza liberale, entrò a far parte della redazione del giornale “Il Risorgimento” diretto da Camillo Benso conte di Cavour e ne divenne nel 1852 il direttore; l'anno seguente il giornale prese il nome di "Il Parlamento".
Insegnò inoltre diritto presso l'Istituto Commerciale e statistica ed economia politica presso il Collegio Nazionale di Torino.
Nel 1857 Cavour lo chiamò a dirigere l'Ufficio di statistica del Ministero delle Finanze e curò l'elaborazione delle leggi sul "Consiglio di Stato", sulla "Corte dei Conti" e sul "contenzioso amministrativo". Nel 1859 pubblicò una relazione sul censimento generale del Regno.
Fornì le carte della Sicilia per la spedizione dei Mille di Giuseppe Garibaldi, a cui partecipò anche il nipote, Vincenzo Cordova. Nel luglio del 1860 poté rientrare a Palermo.
Garibaldi lo nominò inizialmente procuratore generale della Corte dei Conti, ma venne in seguito espulso dalla Sicilia in seguito alla lotta politica che si era scatenata tra Giuseppe La Farina, inviato di Cavour, e Francesco Crispi, segretario di Garibaldi. Dopo aver soggiornato a Napoli, rientrò in Piemonte e Cavour lo nominò segretario del ministero delle finanze nel primo governo del Regno, con il compito di unificare i bilanci degli Stati preunitari. Si batté per l'annessione della Sicilia al regno d'Italia e nel nuovo parlamento venne eletto deputato nei collegi di Caltanissetta, Caltagirone e Siracusa.
Dopo la morte di Cavour fu nominato al ministero dell'Agricoltura e Commercio nel primo governo Ricasoli (1861-1862), dove istituì la "Divisione di statistica (attuale ISTAT). Fu poi Ministro di Grazia e Giustizia e Culti nel primo governo Rattazzi (1862), Consigliere di Stato e ancora Ministro dell'Agricoltura nel secondo governo Ricasoli (1866-1867).
Nel 1868 venne eletto presidente della "Commissione di inchiesta sul corso forzoso", ma fu colpito da infarto il 2 giugno mentre si recava alla votazione per l'abolizione della legge. Si dimise per motivi di salute e morì il 16 settembre a Firenze,ove venne sepolto al cimitero di S.Miniato al Monte. Il nipote Senatore Vincenzo Cordova pubblicò nel 1878 le sue memorie con i discorsi al Parlamento Italiano.

Ordinamento dell'istruzione speciale agricola
Che l'istruzione per il settore agrario dovesse avere caratteri particolari lo si rileva dal progetto di legge presentato dall'on. Filippo Cordova il 18.2.1862, Ministro del gabinetto Ricasoli, che, eletto deputato al primo Parlamento, fu nominato da Cavour nel 1861 Ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio e nel 1862 Consigliere di Stato, e che, fino alla sua morte, avvenuta nel 1868, ricoprì incarichi prestigiosi.
Il riordinamento voluto anche nel 1866 dal Ministro Cordova, rafforzò il ruolo dell'istituto nel sistema dell'istruzione industriale, affidandogli l'insegnamento superiore della chimica industriale, della chimica agraria, della fisica industriale, della metallurgia e chimica metallurgica, della meccanica industriale e agraria, dell'agronomia, della geometria descrittiva e disegno di ornamentazione industriale.


Progetto Di Legge
“ Signori,
tra i provvedimenti necessari all'agricoltura del nostro paese è per certo urgentissimo l'ordinamento dell'istruzione speciale agricola; imperocché non può nascere desiderio di miglioramenti generali o particolari dove manchi la conoscenza del difetto e del rimedio, né ancora, nato il desiderio e cominciate le opere, si può sperare buona riuscita, dove i mezzi per conseguirla non siano universalmente conosciuti e pregiati.
Ho creduto pertanto mio debito proporvi, col qui progetto di legge, di porre la prima base di un ordinamento, dal quale possa il nuovo regno aver tosto qualche notevole incremento di ricchezza e maggiore ripromettersene in avvenire.
Diverse sono le ragioni che mossero il Ministero a dividere in quattro classi ed ordinare nel modo proposto l'istruzione agraria nel regno.
Innanzi tutto conveniva provvedere alla parte più alta di cotesto insegnamento, a quella che debba mantenere ed accrescere di continuo la dottrina scientifica speciale che è base insieme e fastigio delle agrarie discipline; parlo dell'istruzione degli insegnanti, dei dotti di professione, dei direttori di vaste e complesse coltivazioni, siano ricchi e colti proprietari o direttori agronomi per conto altrui. Senza questo ogni altro insegnamento non potrebbe riuscire razionale ed efficace, né stabilmente ordinarsi in Italia.
A quest'alto grado d'istruzione intendo che debbano adempire gli Istituti superiori, nei quali però, mentre la scienza dovrà essere svolta largamente, non si dovranno omettere gli insegnamenti pratici che servono all'arte ed all'applicazione dei principi scientifici.
Provveduto allo studio della scienza e dei fondamenti dell'arte, si volle con lo stabilimento delle Fattorie - scuole promuovere la maggior diffusione dell'arte istessa. L'insegnamento, movendo in esse dai postulati della scienza e dai principi tecnici immediatamente applicabili, dovrà versare più particolarmente dalla regole delle pratiche agrarie, in modo da riuscire utile a quei mezzani proprietari che intendono dirigere i loro figli al governo dei propri fondi o alla professione dei fittaiuoli o di fattori di campagna.
A queste necessità si è creduto di sopperire con lo stabilimento delle Colonie agrarie e delle Istituzioni speciali.
Con le prime si vuol provvedere all'educazione di esperti operai campagnuoli, i quali, oltre al vantaggio immediato che potranno recare all'agricoltura locale, combatteranno con la voce e con l'esempio i pregiudizi delle popolazioni rurali che fanno ostacolo all'incremento della nostra agricoltura.
Con le seconde si intende promuovere lo svolgimento delle speciali colture e industrie rurali, per le quali ha indole propria e di preminenza sovra tante altre l'agricoltura italiana, vogliam dire del filugello, del gelso, della vite, dell'ulivo, degli agrumi, della frutta, degli ortaggi, fiori, bestiami, del cotone, dei mezzi di acclimazione, del caseificio, e di altri simili specialità che formano sovente la maggior ricchezza delle nostre province.
Nell'ordinare l'istruzione di cui è parola, dopo aver ottenuto i pareri di uomini competenti ed aver preso per norma principale i bisogni conosciuti della presente agricoltura italiana, non si lasciò di consultare l'esperienza delle alte nazioni in cui da molto tempo esiste un insegnamento agrario, per vedere fino a qual grado dallo studio dei fatti fossero confermate le idee già concepite e quali delle istituzioni straniere potessero essere per noi imitate, e quali avvertimenti di pratica prudenza, suggeriti dall'esperienza e dal giudizio degli uomini intelligenti di tali materie, dovessero accogliersi.
Gli ottimi risultati che si ottengono in Germania dalle scuole dei contadini, ed i benefizi che si traggono in Prussia e nel Belgio da alcune scuole speciali, servirono si esempio agli stabilimenti della terza e della quarta classe, cioè alle Colonie agrarie ed alle Istituzioni speciali.
Col determinare che ad ogni scuola fosse annesso un convitto ed un podere o altro stabilimento sperimentale, e col confidare al medesimo individuo la direzione dei poderi e quella dell'insegnamento propriamente detto, si volle prevenire alcuni gravi inconvenienti avvertiti dall'esperienza appunto la dove non furono poste siffatte cautele.
E siccome in tali istituti all'insegnamento scientifico, che è generale e uniforme, deve andar congiunta la dimostrazione dei fatti pratici, i quali sono subordinati alle condizioni locali, così necessario appare che in ciascuna regione debba trovarsi il suo istituto.
Parve infine opportuno che con la presente legge si avessero solo a stabilire le basi essenziali dell'istruzione agraria, e lasciare alle disposizioni regolamentari tanta parte da poter agevolmente introdurre quelle variazioni di modi che l'esperienza consiglierà".
La proposta dell’allora Ministro di Agricoltura, Industria e Commercio Filippo Cordova, peraltro non passata in Parlamento nel 1862, possiamo definirla innovativa, con una visione proiettata verso il futuro e verso quel connubio, tanto mancante “tra il proprietario e il coltivatore, di entrambi dallo scienziato, e di questo da quelli”.

L’attuazione della proposta Cordova la troviamo, almeno in parte, nell’Istituto agrario Castelnuovo di Palermo, prima con l’Inzenga e poi con l’Alfonso Spagna, che adottarono in quest’Istituto un regolamento, delle precise norme, una minuziosa organizzazione dell’istruzione agraria, la ricerca delle metodologie, ingaggio di un corpo docente adeguato, un’amministrazione aziendale, la pubblicazione di un giornale agrario, la sperimentazione e la convittualità degli studenti che avvicinava sempre più quel connubio tra scienza e pratica come esperienza totalizzante.
Un tentativo di riorganizzazione organica del settore dopo l'unità si realizzò a novanta anni di distanza con una legge del 1923, la n. 3214, che cercò di dare un assetto unitario alle allora 27 scuole pratiche e 7 scuole speciali esistenti (Firenze, Reggio Emilia, Cagliari, Avellino, Alba, Catania, Conegliano). L'organizzazione degli Istituti Tecnici Agrari venne mutata nel 1928 dalle esperienze realizzate in circa quaranta anni da quelle scuole che, auspicava Francesco De Sanctis, avevano operato alle dipendenze dell'allora Ministero dell'Agricoltura, Industrie e Commercio.
Ricollegandosi proprio alla proposta Cordova, il De Sanctis Ministro dell’Istruzione, aveva ravvisato la necessità di considerare le scuole di agricoltura come scuole speciali; e come tali furono individuate, per il loro funzionamento, dalle circolari Cairoli e Miceli del 1879/80, successivamente riassunte nella Legge 3141 del 6.6.1985.
Il perché di un particolare ordinamento, che aveva fin d'allora previsto una completa autonomia amministrativa, era da attribuirsi alla particolare complessità di tali scuole, fornite di Convitto, di aziende con strutture complesse, con animali, con industrie di trasformazione, con laboratori che operavano anche per conto terzi, con reparti di sperimentazione dai quali vennero fuori non pochi orientamenti per lo sviluppo delle attività agricole nominali.
Tali aziende, ed è questo un motivo da sottolineare con forza, non erano modellini su cui realizzare piccole esercitazioni esemplificative, ma realtà funzionanti attraverso la cui conduzione ed il relativo esercizio gli allievi, soprattutto quelli dei corsi superiori, realizzavano esperienze non manuali, ma di direzione, di gestione, di osservazione e riflessione critica. Erano quindi gli Istituti Agrari i soli a possedere tali caratteristiche, in conseguenza delle quali l'impegno annuo durava 365 giorni, giorno e notte senza né ferie, né vigilie, né abbandoni occasionali. Erano e sono i soli per la cui gestione il capo o direttore di Istituto è pienamente responsabile della conduzione tecnico-contabile ed amministrativa delle Aziende, con collaboratori che lo aiutano, che ne sono il braccio, che operano in tanti reparti, ma che non possono, sotto il profilo delle responsabilità di qualsiasi tipo, sostituirlo.
Si tratta di aziende estese in qualche caso per decine ed anche centinaia di ettari, con decine di capi bovini, a volte centinaia di piccoli animali, la cui complessità è dimostrata anche dal livello delle quote latte superate, in diversi Istituti per cinquanta milioni.
A tale ordinamento particolare e diverso gli Istituti, tecnici o professionali che siano, non possono rinunciare, pena un rapido decadimento, con perdita di capacità formativa e di valenza tecnica.
Nel 1931 fu promulgato il testo unico dell'istruzione tecnica, la nota ed assai ben strutturata Legge 889, ed iniziò un cammino che, seppur con alterne vicende, vide le nostre scuole fornire un contributo prezioso all'economia nazionale. La legge 889 previde specializzazioni per la sezione agraria dell'Istituto tecnico e specifiche norme speciali per le iscrizioni alle classi successive alla prima escludendo possibilità di accesso a coloro che non possedevano la promozione alla classe precedente, impedendo cioè esami di idoneità e quindi l'iscrizione di candidati privatisti.
Si realizzarono progressi vistosi: la formazione degli allievi veniva curata in istituti dotati di buoni mezzi e di aziende organizzate, a volte molto estese ed organicamente strutturate. La media delle superfici aziendali superava i 40 ha, ma Brescia disponeva di 256 ha, Macerata di 74 ha, Roma di 80 ha, Reggio Emilia di 115 ha.
L'orario delle lezioni comprendeva dalle 39 alle 44 ore settimanali. La partecipazione degli alunni alle attività pratiche, sia di laboratorio che di azienda, era programmata, costante, organica. L'integrazione con il mondo del lavoro regola senza eccezioni, e il controllo da parte del Ministero assiduo ed orientativo.
Dopo una formazione generale, occorre sempre percorrere una esperienza specialistica perché gli allievi possano effettivamente impadronirsi di metodi e di esperienze precise e puntuali. Con tali convinzioni, alcune delle quali derivate dall'appartenenza sino a quegli anni al Ministero dell'industria commercio ed agricoltura, le scuole affrontarono le innovazioni cui venne assoggettato l'intero sistema formativo ed entrarono organicamente a far parte del nuovo Ministero, conservando anche la tradizione delle Scuole specializzate, quelle enologiche, che avevano sempre ottenuto successi notevoli.


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