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APPROFONDIMENTI

Adolescenti per sempre: l'elisir dell'eterna giovinezza nel mercato delle merci

12/09/2005

Adolescenti per sempre: l'elisir dell'eterna giovinezza nel mercato delle merci

Nel film American Beauty un padre di famiglia fugge da una soffocante quotidianità recuperando l’adolescenza con trent’anni di ritardo; in Thirteen una ragazzina delle medie si trasforma in una giovane irrequieta dedita a droghe, furti e macabre autolesioni sotto gli occhi distratti di una madre in piena crisi di mezz’età.
Se è senz’altro opinabile che Hollywood renda davvero ragione alla realtà complessiva, si tratta comunque di ipotesi meritevoli di verifica, essendosi spesso dimostrata indicatrice sensibile delle tendenze più profonde.
Sia sociologi che giornalisti si sono infatti occupati di questi “sconfinamenti” di generazione: se alcuni lo hanno definito come prodotto di strategie di marketing, poichè è interesse dei settori produttivi che le nuove generazioni entrino sempre prima ed escano sempre più tardi dal periodo migliore per i consumi, quello dell’adolescenza, altri lo considerano l’emblema di un paesaggio sociale ormai trasformato.
La moda è tra i primi recettori, indicatori e promotori di questi cambiamenti: essa mostra pre-adolescenti in atteggiamenti ambigui o apertamente erotici, come la trasgressiva campagna Sisley, o CK underwear, la linea casual di Calvin Klein, con i giovanissimi modelli in atteggiamento da pasoliniani “ragazzi di vita” in versione glamour, ormai entrata nella mitologia della comunicazione pubblicitaria.
Anche nell’abbigliamento per bambini sembra essere lontano il mondo rassicurante delle tinte pastello di ninnoli e peluche, poichè in esso i tratti caratteristici dell'innocenza infantile, dell'aggressività adolescenziale e della malizia adulta hanno dato origine a degli ibridi nei quali la seduttività sembra sconfinare nella perversione: troviamo infatti incursioni del nero, colore della seduzione e del tormento, per questo tradizionalmente assente nell’età infantile; i bambini rappresentati mostrano volti seriosi e sguardi annoiati, adottando atteggiamenti blasè propri di una esistenza precocemente problematica. Vengono cosi a ritrovarsi gli stessi caratteri diffusi nella comunicazione delle griffe più note del fashion system.
Certo è che il lolitismo nella moda è presente da molto tempo, da quando Nabokov scrisse sulle capacità seduttive delle tredicenni americane a partire dal dopoguerra: il mito della ninfetta non sembrò però esaurirsi nella moda estiva degli occhiali a forma di cuore, ma divenne specchio di una realtà culturale che oggi perde ogni peculiarità anagrafica.
La fine precoce dell’infanzia viene infatti recuperata procrastinando quanto più possibile l'età adulta, fino ad arrivare agli “ultratrentenni” che giocano con la Playstation e i Lego, si appassionano di manga e comprano i gadget di Hello Kitty; del resto, cartoon come Daria, i Simpsons, South Park, sono tipicamente un prodotto per giovani adulti, grazie al loro mix di espressioni scurrili e parodie sarcastiche della società americana, proposti ad un livello non immediatamente comprensibili dal pubblico infantile.
La comparsa di prodotti commerciali che si indirizzano ad un target ormai trasversale realizza cosi un’estensione di quella che poeticamente fu definita l’ “età dell’inquietudine”, dando quindi la possibilità di affermare, come fa lo psicologo Robert Bly, di trovarsi in una “società di eterni adolescenti”: in essa i biologicamente giovani sembrano vagare senza trovare né una meta né una guida, mentre i pochi adulti rimasti si crogiolano in nostalgici quanto patetici revivalismi di tempi ormai lontani.
Alcuni hanno definito tali profonde trasformazioni socio-culturali come prodotto del mercato: è infatti interesse della produzione che l’individuo si senta sempre giovane, tanto da restare dentro al circolo del consumo in condizioni dinamiche, e nella fluttuazione emotiva che attraversa stati, necessità e desideri imprevedibili, ma in continua trasformazione, l’adolescente è il consumatore ideale, come colui che ricerca una risposta alla propria crisi attraverso l’identificazione con prodotti diversi.
L’industria avrebbe quindi deciso, da un punto di vista estetico e narcisista, di concedere sia agli adulti che ai bambini un’indefinita estensione di desideri tipicamente adolescenziali: un rapporto nuovo tra individuo e società, tra io ed oggetti ha determinato quello stato di confusione dei ruoli che trova nel mito della giovinezza il suo titolo più efficace.
Sarà quindi sempre più frequente trovare madri e figlie che litigano per i capi migliori di un guardaroba in comune, o diverse generazioni accomunate dalla stessa passione per fumetti e videogames: si può essere adolescenti ad ogni età, se si possiedono le predisposizioni opportune e si dimostri di essere in grado di tenere testa alla rapidissima obsolescenza di qualsiasi innovazione, perché, come propugna l’emittente televisiva “under20” per antonomasia: “finché guardi Mtv resti giovane!”


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