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APPROFONDIMENTI

Ilaria Alpi: l’importanza di non dimenticare

25/10/2005

Ilaria Alpi: l’importanza di non dimenticare

Ho deciso di scrivere questo articolo per cercare di portare all’attenzione dei lettori un argomento che purtroppo credo sia caduto un po’ nel dimenticatoio, e che trovo invece possa interessare molte persone, non solo perché la vicenda di cui vi voglio parlare è molto intensa e toccante, ma soprattutto perché è di grande attualità. Mi riferisco al caso di Ilaria Alpi, la giornalista del Tg3 uccisa nel 1994 a Mogadiscio assieme al suo operatore Miran Hrovatin.
A rendere la sua storia del tutto particolare non è solo il legame con i tragici fatti accaduti a molti inviati di guerra, che negli ultimi anni, come tutti sappiamo, si sono trovati a subire rapimenti e violenze (tutti noi ricordiamo Luciana Sgrena, ad esempio, e il ben più sfortunato Enzo Baldoni).
Ilaria non è stata uccisa “solo” perché si trovava per lavoro in un posto di guerra.
Ilaria è stata uccisa perché aveva una particolare passione, che metteva ogni giorno nel lavoro da lei scelto:questa passione si chiamava VERITA’.
Ilaria non era una di quelle persone che si accontentano della superficialità; amava il suo lavoro, voleva conoscere, capire.
E’ morta perché nei mesi passati in Somalia aveva intuito che qualcosa di anomalo stava accadendo . L’intuizione si è fatta poi ricerca, approfondimento, e si è trasformata in consapevolezza. Ilaria non ha fatto in tempo ad esprimere quello che aveva scoperto, perché è stata uccisa. La verità ancora oggi, a 11 anni dalla sua morte, non è venuta a galla.
Il problema di cui Ilaria si stava interessando è il traffico di rifiuti tossici e di armi, che lega l’occidente (Italia compresa ) al terzo mondo. Riassumendo e semplificando potremmo dire che esiste una sorta di baratto: l’occidente, che si trova a dover smaltire l’enorme mole di rifiuti tossici prodotti dalle fabbriche, ha pensato bene di spedire questi rifiuti nei paesi sottosviluppati, sotterrandoli o buttandoli a mare. In cambio di questo “piccolo favore” l’occidente cosa offre a paesi poveri, come la Somalia? Armi, armi per uccidere, per fare la guerra.
Ma c’è di più: Ilaria sospettava che in questo traffico fosse coinvolta anche la cooperazione internazionale. I soldi e i mezzi destinati dai governi, primo fra tutti il nostro, agli aiuti umanitari alla Somalia e ad altri paesi del terzo mondo sembra venissero,invece, utilizzati dalla mafia per gestire ed organizzare il traffico di armi e rifiuti.
Questa è la pista che Ilaria stava seguendo nei suoi viaggi, nel ‘93 e nel ‘94. Una pista che la porterà, il 20 maggio 1994, alla morte.
Da allora è iniziata una lunga serie di indagini, inchieste, perizie e controperizie, che in teoria avrebbero dovuto portare alla risoluzione del caso, ma che in realtà hanno portato spesso ad un allontanamento, talvolta volontario, dalla verità sulla morte della giovane.
Recentemente lo Tzunami ha riportato all’attenzione dei media (di quei pochi media che hanno trattato la questione) il problema dei rifiuti nucleari in Somalia. L’onda anomala del 26 dicembre ha infatti trasportato verso le spiagge del paese una grande quantità di fusti, che un tempo sembra contenessero rifiuti tossici, e che erano stati gettati in alto mare. L’Unep ha denunciato, dopo quell’incidente, il diffondersi di malattie respiratorie e dermatologiche provocate con tutta probabilità dalle sostanze tossiche, nonché i danni subiti da attività fondamentali di sostentamento come la pesca e l’agricoltura.
Conoscevo già a grandi linee la storia di Ilaria, ma quando, dopo aver scelto il suo caso come argomento per la mia tesi di laurea, ho approfondito la sua storia sono rimasta veramente esterrefatta: sono successe delle cose, in questi 11 anni, che sono al limite del verosimile: documenti che spariscono, procuratori sostituiti di punto in bianco proprio mentre erano sul punto di scoprire la verità, testimoni che si dileguano nel nulla.
Purtroppo però non si tratta della ben articolata trama di un film poliziesco, ma della realtà.
Una realtà fatta di ipocrisia e di corruzione in cui tutti noi viviamo, e in cui i pochi che credono ancora nella forza della verità si trovano a combattere una battaglia disperata, come Don Chishotte contro i mulini a vento.
In questo momento sul caso di Ilaria sta indagando “la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin”, presieduta dall’onorevole Carlo Taormina. Il termine dei lavori, previsto per lo scorso giugno è stato posticipato al luglio 2005, con relazione conclusiva entro il novembre 2005.
Ma a quanto pare le cose non stanno andando proprio per il verso giusto: i genitori di Ilaria sembrano avere forti dubbi sul lavoro svolto della commissione, che da quanto si evince dalle dichiarazioni rilasciate da Taormina stesso, sosterrebbe la tesi della morte accidentale di Ilaria (niente traffici di armi e rifiuti, solo un tragico incidente) ,tesi sostenuta più volte nel corso degli anni ma quasi sempre smentita dalle prove, e che non incontra, ovviamente l’approvazione dei coniugi Alpi, che forti di quanto raccolto in questi anni (e sono davvero tante cose) vorrebbero che finalmente fosse fatta giustizia sulla morte della loro figlia.
“Ce la faranno i nostri eroi?”, verrebbe da dire. “La verità vincerà la sua annosa lotta contro la menzogna?”
La storia ci insegna che purtroppo non sempre è così, anzi, purtroppo non lo è quasi mai.
E chi davvero può fare qualcosa per cambiare ciò che non va spesso non lo fa, per interesse.
L’unica cosa che possiamo fare noi è informarci, ricordarci di lei e del suo caso, ricordarla come una persona che aveva degli ideali e che ha lottato per questi ideali.
E allora, se così fosse, parziale giustizia sarebbe fatta, e Ilaria non sarebbe morta invano.


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