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APPROFONDIMENTI

Linguaggio audiovisivo e Videoclip: stratificazione linguistica e innovazione targata 2.0

25/04/2009

Linguaggio audiovisivo e Videoclip: stratificazione linguistica e innovazione targata 2.0

Anno 2009. L’audiovisivo si presenta come un testo estremamente complesso, ricco di significati molto diversificati e dagli scopi comunicativi precisamente indirizzati a un certo tipo di spettatore. Il pubblico è il consumo e rappresenta il comun denominatore verso cui si indirizza la quasi totalità della produzione audiovisiva, che oggi, può arrivare al fruitore in una serie di soluzioni sviluppate grazie al mercato. Proprio l’accezione commerciale del prodotto artistico, se da un lato sembra influenzarne negativamente la produzione in senso consumistico, dall’altro ha sicuramente implementato notevolmente una “ricerca audiovisiva” che ha radici profonde nella cultura della commistione di immagine e suono del ‘900.
Il videoclip, che è il prodotto in questione, è una forma breve del linguaggio audiovisivo; un tipo particolare di opera che pur mantenendo la direzione commerciale dell’adiacente pubblicità se né riesce a distaccare per un motivo fondamentale alle aspirazioni artistiche dei realizzatori e del loro pubblico: non pubblicizza infatti, un prodotto preciso, il disco non si vede quasi mai1 e nessuno invita direttamente all’acquisto in un video, la promozione è indiretta e riguarda diversi aspetti che ruotano attorno all’artista. Si promoziona l’artista più che il prodotto e si riscontrano vantaggi indiretti per accessori che compaiono nel clip come l’abbigliamento dell’artista, alcuni elementi scenici del video, i personaggi che vi partecipano e tutto quello che è “segno” della comunicazione del video. Questa “multi-promozione” agisce però in sottotesto, non è esplicita e il tutto va avvantaggio delle aspirazioni artistiche dell’opera. Se non c’è una automobile da mostrare e non c’è bisogno di dire “comprala, ci sono gli incentivi” allora si amplieranno al massimo le possibilità espressivo-comunicative; eppure le pubblicità delle automobili sono fra i prodotti audiovisivi più avanzati… Adoperandoci nel classico 1+1 potremmo dire che il videoclip è sicuramente uno dei prodotti audiovisivi più all’avanguardia che lo spettatore possa fruire sui diversi media con velleità artistiche stimolate dalla promozione che spesso, al contrario, ha ruoli opposti... La breve durata temporale e l’accezione commerciale di tale prodotto, insomma, che potrebbero sembrare caratteristiche negative almeno per il lato artistico, non influiscono negativamente sull’elevato potenziale espressivo del prodotto, trasformandosi anzi in “paletti” che costringono il videoclip a superare i tradizionali limiti delle forme audiovisive più consolidate per andare a pretendere una propria autonomia espressiva.
Ma questa caledoscoipica potenzialità espressiva che si manifesta in prodotti all’avanguardia non è un diretto derivato delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie ma è frutto del continuo interscambio, a partire dagli albori del linguaggio audiovisivo, fra produzione, media e spettatore che ha fissato e stratificato nel tempo quella serie di convenzioni linguistiche capaci di instaurare un dialogo con lo spettatore. La produzione, per intenderci, è influenzata dai risultati sullo spettatore che a loro volta non dipendono solo dall’opera in se ma dal media con quale raggiunge lo spettatore stesso. All’epoca del cinema muto si produceva per un pubblico che assorbiva immagini e suoni separatamente grazie agli ormai noti pianisti di sala; arrivano poi, audio, televisione, internet e nuove tecnologie che interagendo con spettatore e produzione contribuiscono a portare avanti la magmatica costituzione del linguaggio audiovisivo. Quest’ultimo, quindi, non è assolutamente nulla di precisamente definito ma è in continua evoluzione di pari passo con società, tecnologia e le abitudini del proprio pubblico.
La letteratura sul videoclip ha classicamente indicato il periodo dello sviluppo commerciale del “(relativamente) nuovo formato” come il periodo di “nascita” del nuovo audiovisivo. Spesso è stato indicato addirittura il primo videoclip della storia ovvero “Bohemian Rapsody” video dei Queen del 1975 per la regia di Micheal Gondry, diventato celebre tramite questo video e ormai il maggior esponente per quanto riguarda la regia di videoclip d’autore. Tuttavia recenti uscite letterarie hanno, a ragione, scardinato tale tesi cercando di ricostruire le origini del formato videoclip e tracciando importanti passi nella storia dell’evoluzione del prodotto audiovisivo (tutti nella bibliografia della tesi). Il più importante lavoro è di Domenico Liggeri “Musica per i nostri occhi, storie e segreti dei videoclip”, un imponente volume in cui l’esperto reperisce nella storia dell’audiovisivo elementi costitutivi del futuro videoclip. Integrando tale lavoro si possono tracciare le evidenti linee evolutive del videoclip.
L’epoca del cinema muto ha contribuito alla ricerca audiovisiva con una particolare commistione fra immagini e suoni derivata dall’uso di musicisti e orchestre di sala che creavano colonne sonore direttamente nelle sale di riproduzione dei film ancora muti. Questo tipo di lavoro ha favorito l’elaborazione di particolari rapporti fra immagini e suoni che si sono poi sfruttati con l’avvento del sonoro. Per quanto riguarda la ricerca espressiva c’è da fare una considerazione: il videoclip è una forma breve, molto sincopata, con una costruzione audiovisiva complessa, articolata e piena di riferimenti incrociati, il montaggio è sicuramente lo strumento linguistico che determina il significato finale del videoclip. Le maggiori teorie di montaggio non sono frutto di recenti studi ma risalgono ai ’10 precisamente nella Russia delle rivoluzioni che sviluppo in quel periodo una scuola cinematografica d’eccellenza il cui maggior esponente è sicuramente Sergej M. Ejzenstejn. Il grande torico del linguaggio audiovisivo elaborò, più o meno fino agli anni dell’avvento del sonoro, una serie di teorie di montaggio che hanno influenzato pesantemente la produzione audiovisiva successiva con particolare riferimento a forme significative particolari come quelle del videoclip2.
Altri momenti fondamentali della ricerca espressiva sono da far risalire alle avanguardie di Richter, Man Ray, Duchamp, Léger e molti altri artisti che sperimentarono soluzioni espressive efficacemente e con evidenti tracce di influenza sul linguaggio del videoclip futuro. Liggeri indica come progenitore del videoclip, Entr’acte il celebre lavoro che scaturisce nel 1924 dalla collaborazione fra il regista cinematografico Renè Clair, il musicista Eric Satie e l’artista Francis Picabia. Proprio le caratteristiche dei tre artisti diedero vita ad un audiovisivo in cui tutto il linguaggio del futuro videoclip era perfettamente compiuto. L’attribuzione di una progenitura per il videoclip a Entr’acte è quindi rintracciabile nell’evento che si contrappone allo sviluppo narrativo così come accade nel videoclip, con questo film il cinema è come se si fosse liberato dall’obbligo di raccontare; nel frazionamento dell’immagine molto elevato, la media delle inquadrature è di 4 secondi ma la più lunga è di 31 secondi e moltissime sono di circa 1 secondo. Inoltre, valutando l’estetica delle inquadrature si rilevano un campionario di espedienti di ripresa tutti accolti e sviluppati nel linguaggio del videoclip come rallenty, sfocature, sbollature, giochi di luce psicadelici (molto in voga fra gli avanguardisti), tagli dal basso. Infine c’è da aggiungere che il prodotto è stato pensato nella sua utilità “industriale” come spiega Picabia quando descrive il suo lavoro come prodotto industriale di natura dichiarativamente utilitaria, così si può ricreare anche un parallelismo sul piano produttivo visto che il videoclip è un prodotto utilitario per l’industria discografica.
Arriva l’industria discografica e quale paese se non i gloriosi stati uniti del Jazz dai ’20 in poi potevano sfruttare al meglio le nuove opportunità audiovisive? Nascono quindi una serie di espedienti espressivi e tecnologici che influenzano in modo decisivo il linguaggio audiovisivo: I Jazz-film e i Jazz-toons erano produzioni molto simili ai moderni videoclip con addirittura innesti di personaggi dell’animazione famosi (Celebre l’intervento di Betty Bop nel video di Cab Calloway Minnie the Moncher) e sperimentazione tecnologica (per l’epoca) elevata.
Un passo avanti verso il vero e proprio formato video venne con un serie di Juke box visivi che comparvero prima in America e poi in Italia e Francia. Questi nuovi media si diffusero in quanto la televisone ancora non si era sviluppata e comunque non accettava nei suoi “stretti” palinsesti il nuovo e particolare formato. Per questo l’industria discografica fece leva sull’abitudine di usare il Juke box che ha raggiunto i picchi massimi dal ’50-’60 (un po’ prima in usa) e promosse la creazione di macchine come il Panorama Soundie (USA), il Cinebox (Italia) e lo Scopitone (Francia). Queste apparecchiature erano dei veri e propri Juke box visivi, funzionavano a pellicola ed erano collocati nei posti di fruizione collettiva che spopolarono sino all’avvento della televisione.
L’incontro con la televisione, come accennato, fu problematico perché le prime produzioni discografiche non riuscivano a essere competitive per una serie di motivi come gli scarsi budget, la scarsa propensione dei musicisti (fino ad allora) all’immagine. Solo produzioni qualitativamente migliori identificate come quelle dell’era del New Pop inglese (l’era dei Beatles per intenderci) promossero il videoclip ad audiovisivo “meritevole” dei palinsesti televisivi. Arrivarono così programmi come Top of the pop primo e immortale format da classifica discografica e soprattutto l’emittente dedicata esclusivamente al videoclip MTV. L’emittente musicale sperimentò nuove forme di promozione musicale e di rapporto con le case discografiche, di sicuro i rapporti industria discografica – Mtv sono pieni di zone d’ombra, di speculazione e di quant’altro di negativo commercialmente si possa trovare ma comunque li volessimo giudicare è innegabile che la loro cooperazione è stata decisiva per crescita ed importanza del videoclip.
Ma la vera rivoluzione di questo mondo arriva grazie a internet la cui influenza si manifesta sul videoclip prima e nel periodo dello sviluppo, nelle accezioni più “piratesche” ovvero col “file sharing” che permettendo la libera circolazione delle informazioni costringe le grandi case discografiche prima a cause e poi ad obbligatori accordi. Successivamente arriva lo Tsunami 2.0: non solo i video delle grandi case finivano puntualmente su internet costringendo nuovamente i discografici ad accordi ma, grazie anche al digitale, ci fu l’innovativa possibilità di per tutti di fare delle autoproduzioni, alcune delle quali si dimostrarono molto efficaci. Molti artisti grazie all’autoproduzione sono diventati famosi, hanno fatto un bel video, lo hanno messo in rete e il successo è arrivato. Di conseguenza se si sviluppa l’autoproduzione si deve sviluppare anche l’autopromozione e i social network come Facebook ma soprattutto per la musica Myspace: sono degli spazi in cui l’artista si autopromoziona con vari prodotti multimediali (canzone, video, volantino, banner…ecc). La portata innovativa del fenomeno diffusione di massa si è impressa nella cultura audiovisiva odierna andando a generare fenomeni di imitazione anche da parte dei grandi registi e delle grandi case di produzione che spesso hanno indirizzato i loro prodotti verso una dimensione casalinga che potesse avvicinare lo spettatore all’artista. Insomma un video molto homemade che fa dire allo spettatore: “lo potevo fare anche io”!
Le modalità espressive del videoclip quindi, sono frutto di una complessa stratificazione di elementi dell’audiovisivo nel tempo, una codificazione che continua ad avvenire grazie al rapporto con lo spettatore che fa sue e riconosce importanti novità espressive e linguistiche rendendole parte del patrimonio espressivo condiviso.

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Note:

1. La copertina del disco, fisicamente non compare quasi mai nei video, eccezzion fatta per i casi in cui viene mostrata con espedienti che né rafforzano il messaggio. Vedi GRANDE A., Modalità espressive del videoclip – Evoluzioni e Metodi di un genere autonomo, Tesi di laurea, Ferrara, 2008, p. 99-100.
http://http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=25155/

2. Le teorie di montaggio possono essere approfondite nella seguente tesi. GRANDE A., Modalità espressive del videoclip – Evoluzioni e Metodi di un genere autonomo, Tesi di laurea, Ferrara, 2008, p. 15 e seguenti.
http://http://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=25155/


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