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APPROFONDIMENTI

Quarto potere cercasi: il vuoto informativo dei TG

09/06/2006

Quarto potere cercasi: il vuoto informativo dei TG

Qual è lo stato di salute dell’informazione televisiva? I tg riescono a svolgere in maniera adeguata il ruolo di principale, se non unico strumento, di conoscenza delle notizie del giorno per platee vastissime che non leggono i giornali né usano Internet e neppure, in molti casi, ascoltano la radio? Per rispondere a queste domande è stato messo a punto un monitoraggio di sette giorni consecutivi, presi casualmente nel mese di novembre, delle edizioni principali di Tg1, Tg5 e Sky Tg24: attraverso un confronto incrociato con tre quotidiani di diversa ispirazione culturale (Corriere della Sera, La Repubblica, Il Giornale) sono emerse delle risposte non certo univoche e non particolarmente incoraggianti.
I telegiornali coprono fette significative dei palinsesti (all’inizio degli anni Duemila questa quota era del 18,7% in Rai e del 12,8% in Mediaset); raggiungono un numero di cittadini esponenzialmente più alto del numero dei lettori dei giornali; sono le trasmissioni di punta delle reti televisive e fanno da traino per i programmi di prima serata; in particolare Tg1 e Tg5 rappresentano un’informazione «generalista» rivolta a un pubblico composito ma essenzialmente familiare, per il quale è essenziale una comunicazione efficace, semplice, chiara e – naturalmente – imparziale.
Ebbene nella settimana compresa tra l’11 e il 17 novembre 2005 i tre telegiornali da noi esaminati spesso sono apparsi disattenti, superficiali, incompleti.

In primo luogo c’è da osservare che proprio la natura del mezzo televisivo dovrebbe portare a una copertura in tempo reale delle notizie: invece si arriva in molti casi al paradosso che sono i quotidiani ad anticipare i telegiornali. Senza contare alcune sottovalutazioni importanti: si pensi al Tg5 che invece di concentrasi sulle promesse di Berlusconi sulla casa (argomento che diverrà centrale nel dibattito politico), sceglie il passaggio in cui il premier attacca per l’ennesima volta l’Europa. In secondo luogo emerge un frequente disquilibrio tra l’informazione politica e la cronaca nera. E’ vero che i telegiornali devono interessare un pubblico molto vasto e per sua natura popolare, ma troppe volte danno spazio a eventi di cronaca che, nella carta stampata hanno una rilevanza minima o addirittura nulla. E il giudizio concorde dei quotidiani non sembra davvero suffragare le scelte ora dell’uno ora dell’altro tg. Pare piuttosto che i telegiornali, e segnatamente il tg5, valorizzino la cronaca a prescindere dall’importanza delle notizie come scelta editoriale. Qualche volta ciò ingenera la sensazione che si voglia volutamente «parlar d’altro».
Quanto alla quantità e alla qualità dell’informazione politica bisogna dire che essa occupa con frequenza un posto d’onore nella scaletta dei telegiornali ma il linguaggio è spesso molto complicato, da addetti ai lavori. Così come spesso non si spiegano in maniera adeguata nè i provvedimenti approvati nè i contenuti delle polemiche che li accompagnano. Solo chi segue quotidianamente la politica riesce a orientarsi. Un esempio: le parole di Romano Prodi che in risposta alle promesse di Berlusconi sulla casa chiama in causa gli «stallieri» del premier. Che cosa può capire un telespettatore che non conosce l’ allusione (la presenza ad Arcore dell’esponente mafioso Vittorio Mangano, amico di Marcello Dell’Utri, negli anni ’70)? Inevitabilmente tg siffatti danno la sensazione di essere concepiti più in funzione di interessi ai criteri politici che non in base alle esigenze dei telespettatori.
E veniamo al carattere politico dei tg. Anche in questo caso facciamo un esempio: il Tg1 intervista Marcello Dell’Utri (Forza Italia) e dedica alla riunione dei suoi circoli un servizio in cui si lanciano varie accuse a Prodi e al mondo dei giornali, dove si potrebbe lavorare – così viene detto – solo se di sinistra. A queste parole non viene fatta seguire alcuna replica nè dell’opposizione nè del mondo della stampa.

Comunque non basta dar voce a tutti per rendere equilibrato un tg. Abbiamo visto un servizio in cui Berlusconi, osannato dalla folla, se la prende duramente con la sinistra definendola «anti-italiana» e «irresponsabile»; il servizio successivo è dedicato all’opposizione, ma sul tema della casa: le accuse del Cavaliere, dunque, sono rimaste senza risposta. Spesso nell’informazione politica dei tg sembra esserci, insomma, un colpevole squilibrio, e non solo per la ripartizione dei tempi fra maggioranza e opposizione, come dimostrano le tabelle finali.

Da rilevare anche come i tg continuino spesso, soprattutto il Tg1, a far ricorso al cosiddetto «pastone politico» di antica memoria: un contenitore unico e indistinto di fatti politici, dichiarazioni e commenti, dedicato a più temi, che tutto tratta e niente approfondisce. Con l’obiettivo chiarissimo di assicurare una presenza a tutti i protagonisti della vita politica stessa. In questo contesto è più che confermata la tecnica del «panino», cara alla Rai: prima si fa parlare il governo, poi l’opposizione e quindi la maggioranza (che sostiene il governo). Non c’è molto da aggiungere per concludere che l’informazione dei telegiornali, e – paradossalmente - soprattutto quella del servizio pubblico, risulta molte volte priva del requisito dell’imparzialità.

Si pensi alla pillola abortiva: nel Tg1 non viene dato minimamente conto delle sperimentazioni del farmaco nelle regioni e del conseguente scontro politico mentre il Tg5 in una settimana dedica a questo tema un solo servizio. Il tg di Sky invece se ne occupa tre volte.

Lo scarso tempo a disposizione e i molti temi da affrontare spesso rendono quasi obbligata la scelta «minimalista» dei tg. Ma troppe volte i telegiornali sembrano delegare alle cosiddette trasmissioni di approfondimento (da «Porta a Porta» a «Ballarò» a «Matrix») la spiegazione e l’analisi degli eventi politici.
Uno dei momenti più critici della settimana presa in esame è rappresentato dall’esclusione della vedova del regista Stefano Rolla, caduto in Iraq, dalla cerimonia di consegna delle croci d’onore nell’anniversario della strage di Nassiryia: non essendo ancora coniugata la donna non poteva accedere alla celebrazione riservata soltanto agli stretti parenti delle vittime. Davanti a questo evento tutti e tre i tg esaminati si mostrano piuttosto timidi. Tg5 e Sky Tg24 danno la notizia dell’esclusione ma non intervistano la donna: scelta abbastanza sorprendente, non solo perché quell’esclusione rappresenta il fatto del giorno (come dimostreranno i quotidiani) ma anche perchè invece vengono raccolte le impressioni dei parenti delle altre vittime. Il Tg1 neppure dà la notizia. E’ il paradigma di una difficoltà già da tempo rilevata: i tg sembrano incapaci di svolgere un ruolo di reale vigilanza sulle istituzioni, con una chiara autonomia rispetto al potere politico. In palese contrasto con il ruolo di prima fonte d’informazione di tutto il Paese. L’imbarazzo davanti a certe notizie, è palese.
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Ignorate le presunte azioni illegali della Cia sul territorio italiano, trascurati i risvolti politici delle rivelazioni del neo-pentito di mafia Tommaso Campanella. Ma anche, con l’eccezione del Tg5, l’arresto in Austria dello storico negazionista Irving per le nuove dichiarazioni sull’Olocausto. In questo caso più che l’imbarazzo politico sembra entrare in gioco un deficit culturale. La memoria delle redazioni, anche nei tg, qualche volta appare un po’ labile.


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