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APPROFONDIMENTI

Scienze della comunicazione, trend di corsi e iscrizioni dopo la riforma dell’università

24/10/2007

Scienze della comunicazione, trend di corsi e iscrizioni dopo la riforma dell’università

Nati alla fine del secolo scorso sotto il potente impulso di professoroni di semiotica, i corsi di laurea in Scienze della comunicazione hanno goduto più di interesse mediatico che della convalida di consolidate tradizioni accademiche.
Al proliferare nel giro di pochi anni di corsi in comunicazione e affini (comunicazione e marketing, teoria della comunicazione sociale e istituzionale, pubblicità e comunicazione d’impresa, e chi più ne ha più ne metta) nei vari atenei italiani, in particolare dopo la riforma universitaria Berlinguer del 3+2, è corrisposto un boom d’iscrizioni che, a fronte della crisi dei corsi scientifici in Italia, ha scatenato una serie di reazioni negative proprio tra gli addetti ai lavori. Giornalisti affermati, brizzolati e forti della gavetta hanno avuto gioco facile a scagliarsi contro questi studentelli che hanno la pretesa di entrare nell’Olimpo dei media con un pezzo di carta di facile conquista.

Qual è la situazione oggi? Si sono avverate le apocalittiche previsioni di chi, con un certo compiacimento, prevedeva per i giovani Scienziati della comunicazione un futuro a servire hot-dog nei fast food?
Oggi la situazione sembra andare verso la stabilizzazione delle immatricolazioni e dei corsi di laurea. I primi laureati in Scienze della comunicazione possono fare i conti col mondo del lavoro e affrontare le difficoltà che il mercato italiano riserva non solo a loro, ma a tutti i neolaureati in materie umanistiche.

Ad offrire un quadro del trend della domanda e dell’offerta formativa in Comunicazione, cercando anche di fare un distinguo (e mettere ordine) tra triennale e specialistica e tra diverse classi di laurea equipollenti, è l’Osservatorio Scienze.com di Comferenza, il coordinamento dei corsi di laurea in Scienze della comunicazione (pubblicato nel luglio 2007). Da una rigorosa rielaborazione di dati del Miur e dei siti dei singoli atenei italiani, emerge l’andamento dei corsi in Sdc dopo la riforma: per l’anno accademico 2001-02 si contavano in Italia 68 corsi triennali della classe 14, per il 2006-07 sono 70. Tenendo conto, però, che tra il 2003 e il 2005 è stata toccata una punta di 78 corsi, poi calati a 73 l’anno successivo e a 70 quello dopo.

Trend in crescita invece, per i corsi di laurea specialistica, suddivisi in 5 classi equipollenti ai fini dei concorsi pubblici:

13/S – Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo
59/S – Pubblicità e comunicazione d’impresa
67/S – Comunicazione sociale e istituzionale
100/S – Tecniche e metodi per la società dell’informazione
101/S – Teoria della comunicazione

Nel complesso, le specialistiche in Comunicazione sono passate da 39 nel 2003/04 a 80 nel 2006/07, con un boom del 75% nel 2004/05 (68 corsi), e poi una crescita rispettivamente del 10 e del 7 per cento negli anni successivi. In particolare, nel giro di quattro anni è più che raddoppiato il numero delle prime tre classi di laurea specialistica.

Vediamo adesso il trend degli iscritti sui dati del Miur: per la triennale dall’inizio del decennio a oggi si registra un costante calo delle immatricolazioni, dovuta a una politica di contenimento degli ingressi nei singoli atenei. Dai 19.587 immatricolati nel 2001/02 si è arrivati nel 2006/07 a 11.334, con una decrescita media del 10,6 % ogni anno. Per quanto riguarda il numero totale degli iscritti a Scienze delle comunicazione, dopo il picco di 57mila del 2004-05 (dai 26.500 del 2001/02) si va verso la stabilizzazione, con un lieve calo rispettivamente dell’1,5 e del 6 per cento nei due anni successivi.
Per le lauree specialistica, vista la recente “uscita” di neolaureati della triennale, il trend di immatricolazioni e iscritti è in crescita con veri e propri boom di anno in anno: dai 518 immatricolati e 1431 iscritti del 2003-04 si è passati nel 2006/07 a 4350 immatricolati e 10.042 iscritti (in media, un incremento del 119 % all’anno per gli immatricolati e 116 % per gli iscritti). La specialistica che raccoglie più iscritti è anche quella più presente sul territorio, la classe 13/S (Editoria e giornalismo), con 3249 studenti e 26 corsi di laurea nello scorso anno accademico.

La domanda che sorge spontanea è: riuscirà il mercato del lavoro italiano ad assorbire tutti i neolaureati in Scienze della comunicazione? La prova dei fatti è ancora in corso. E’ però da sottolineare che l’accesso alla triennale nel 63% degli atenei è a numero programmato (con varie modalità: 80% test d’ingresso, colloqui 14%, valutazione curriculum 3%, ordine cronologico d’iscrizione 3%). Analogamente è ad accesso programmato con selezione il 49 % cento dei corsi specialistici, un altro 24 % accetta un numero massimo di iscritti, mentre è ad accesso libero il restante 27 %.

Per quanto riguarda gli sbocchi professionali per gli “Scienziati della comunicazione”, sui siti dei singoli corsi viene indicata in primo luogo la comunicazione pubblica, poi l’attività di ufficio stampa e giornalismo, il management della comunicazione aziendale e la produzione di contenuti per l’industria culturale e i media. Ma anche, in subordine, l’attività di P.R. e organizzazione di eventi, la pubblicità, l’e-learning, new media ed editoria multimediale, la comunicazione sociale e internazionale, ricerca e gestione delle risorse umane.

Una vasta gamma di sbocchi, quindi, che però rischiano di rimanere sulla carta se chi intraprende gli studi non ha chiaro in quale settore professionale intende inserirsi. Il consiglio è quello di informarsi preventivamente sull’offerta del mercato, sui corsi di specializzazione disponibili e sulle possibilità d’accesso.


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