Skip to content

APPROFONDIMENTI

Elezioni Europee: che fare?

17/12/2004

Elezioni Europee: che fare?

Anche se molte volte lo si dimentica, il fatto che il Parlamento europeo –PE- non esprima un governo responsabile è un punto cruciale se si vuol parlare di elezioni europee: se non si ha ben presente questa atipicità si rischia di cadere o nell'euroscetticismo più nero che vuole il PE ''una perdita di tempo e di denaro'', o nell'euroentusiasmo più sfrenato, dato dalla mera esistenza del PE o, peggio, nell'indifferenza. Questa cronica assenza di potere politico disorienta gli elettori che, di conseguenza, optano sempre più per un'astensione di massa dal voto. Ad aumentare il disorientamento degli elettori contribuiscono gli stessi gruppi politici del PE: la forte eterogeneità che li contraddistingue –il PPE è un esempio lampante: liberali, conservatori, neoliberisti, democristiani, cristiano sociali – non è un fenomeno che è facile da capire soprattutto per quei popoli che hanno bisogno di punti di riferimento politici precisi e, allora, i gruppi presenti nel PE diventano una ''medaglietta'' che ogni partito si appende sulla giacca come garanzia di europeismo. Anche queste generiche dichiarazioni d'amore verso l'Europa sono fonte di contraddizione: come si fa ad essere tutti favorevoli ad un progetto politico così potenzialmente rivoluzionario? E soprattutto…perché l'Europa non è in grado di andare avanti nonostante tutto questo dichiarato europeismo?
Tutto sembra portarci a dire che le responsabilità ricadono sulle forze politiche nazionali. È fuor d'ogni dubbio che molti partiti approfittano della mancanza di potere e di lotta politica all'interno del PE per trasformare il voto europeo in una sorta di ''second-order elections'': così abbiamo governi in carica in cerca di plebiscito, opposizioni in cerca di rivincite, nuovi soggetti politici in cerca di legittimazione. Abbiamo due effetti: quello più evidente è che le campagne elettorali si svolgono su tematiche di rilevanza nazionale, se non addirittura micronazionale; il secondo è che i partiti non si curano più di tanto di rispettare le forme di incompatibilità previste dall'Atto giuridico del 1976 e dalla Decisione del 2002. Così nelle candidature, specialmente in Italia, abbondano sindaci, parlamentari nazionali, esponenti della società civile senza alcuna competenza europea, se non addirittura ministri in carica. Con queste premesse, allora è razionale il comportamento di quegli elettori che o disertano le urne, per disinteresse, o si esprimono secondo logiche nazionali.
Per uscire da questa empasse è necessaria una crescita politica e culturale da parte di tutti gli attori che intervengono nel processo politico, senza che nessuno si tiri indietro: sarà fondamentale che i mass-media si occupino delle elezioni europee in quanto voto europeo e non come test interno. Anche agli elettori sarà chiesta la loro parte, come? Diventando protagonisti e non spettatori, esprimendo loro stessi un voto europeo non ancorato a questioni interne o negandolo a coloro che strumentalizzano il voto. Quanto alle forze politiche, la loro crescita dovrà essere ad un triplice livello: 1) leadership: chi detta le linee guida del partito dovrà essere il primo a considerare il voto come europeo; 2) partito: tramite una campagna elettorale europea che sappia resistere alle sirene delle situazioni interne; 3) gruppo politico al PE: combattendo l'eterogeneità e l'europeismo di facciata. Tutto ciò sarà possibile solo se il PE diventerà quanto più simile, nella sostanza, ai suoi fratelli maggiori, i Parlamenti nazionali.


Altri articoli dello stesso autore:

Tesi dell'autore: