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Fonti astatuali


L’ultima fonte che ci interessa.
Sono gli usi e consuetudini internazionali e la lex mercatoria.
Sulla natura degli usi e consuetudini ne abbiamo già parlato: elementi costituitivi di una consuetudine → diuturnitas (ripetizione di un comportamento, elemento oggettivo, materiale) + convinzione di tenere un comportamento doveroso (elemento soggettivo, opinio iuris).
Questi usi vengono riconosciuti in molti ordinamenti nazionali.
Alcuni sistemi giuridici di alcuni paesi gli usi hanno una valenza fondamentale come in Giappone, Cina, paesi, arabi, africani dove la tradizione è fondamentale.

Nel nostro ordinamento gli usi possono essere di 2 tipi:
• usi normativi = fonti del diritto, l’uso e la consuetudine sono fonti di diritto come la legge. Io posso stabilire un uso normativo in una materia di qualsiasi tipo, come le leggi. Gli usi possono avere la loro forza di fonte normativa. Forni di produzione di diritti cioè fanno diritto.
• usi negoziali = gli usi possono essere anche utilizzati in materia di contratti con funzione di interpretazione o integrazione del contratto.
Quindi l’ambito è molto più stretto perché parliamo di materia contrattuale, quindi si tratta di diritto civile, dei contratti. Quindi un certo uso può essere utilizzato per interpretare o integrare un contratto sopratutto quando questo venga effettuato perché c’è un richiamo dalle parti contraenti. Per esempio la consegna di un certo tipo di merce, magari non c’è la legge che dice come si fa però nella pratica si è creato un modo di consegnare quel certo tipo di merce in modo particolare tanto è che si è sviluppato un uso negoziale per cui se io non lo richiamo non importa ma se io lo richiamo so già cosa viene richiamato perché è una regola che serve per o integrare il contatto se è una disciplina, se è un aspetto di quel contratto non è stato disciplinato oppure per interpretarlo, per capire come va applicato quel contratto.

Nei rapporti commerciali internazionali spesso acquistano un certo rilievo e molte convenzioni richiamiamo gli usi. Gli usi vengono richiamati da un’altra fonte che è la convenzione. Come per esempio la convenzione internazionale sulla vendita dei beni mobili e si segue un principi generale secondo il quale le parti sono vincolati dagli usi a cui hanno fatto espresso riferimento e dalle abitudini instauratesi fra di loro. Quindi nel momento in cui vengono richiamati o comunque ci si riferisce a delle abitudini ormai acquisite queste diventano vincolanti.
Come si interpretano? Normalmente facendo riferimento agli ambienti commerciali che sono interessati.
Quindi sono tutte situazioni fondate su ciò che accede piuttosto che su ciò che è scritto. In realtà si parte proprio dalla pratica commerciale. Questi usi e queste consuetudini è vero che nascono nella pratica commerciale però è successo che ci sono state delle organizzazioni che di fronte alla oggettiva utilità di queste usi e consuetudini, hanno deciso di metterle in ordine, hanno deciso di fare una raccolta, di sistematizzarli, di renderli disponibili, chiari e articolati in maniera funzionale per chi voglia richiamarli sopratutto per quanto riguarda gli usi negoziali, quelli che fanno parte dei rapporti di commercio, che possono servire ad interpretare o ad integrare le norme, le incoterms.
Questi sono una raccolta e codificazione di usi negoziali che sono stati organizzati e che vengono periodicamente rivisti e sistematizzati da un organizzazione che è la camera di commercio internazionale.
Anche se si tratta di fonti astatuali non scritte, possono comunque confluire in raccolte scritte ma il diritto di cui ci occupiamo non è un diritto scritto, non nasce come diritto scritto come  la convenzione, il trattato, il diritto internazionale privato, questo diventa diritto nel momento in cui viene ad essere norma ed è approvata. Questo tipo di diritto nasce dal basso, nasce dalla ripetizione + convinzione di un comportamento doveroso e poi arriva qualcuno che lo mette in forma scritta ma non è perché viene messo per iscritto che ha una valenza diversa cioè vale di più ma la scrittura è solo un opera di sistematizzazione, organizzazione degli usi negoziali per renderli consultabili. Qualcuno li ha messi in ordine e andando a vedere quello che è stato fatto nei vari contratti→ ricorrono certi tipi di usi strutturati in un certo modo.
È un diritto che è consultabile ma sempre nato dal basso, non come forma scritta.
Quindi nel momento in cui è riconosciuta la rilevanza e l’applicabilità degli usi e delle prassi che sono diffuse negli ambiti commerciali vari e soprattutto nel diritto del commercio internazionale (nella storia sono proprio questi usi e consuetudini che hanno salvato tentativi di statalizzazione forzata), possono essere utilizzati a determinate condizioni cioè intanto devono essere uno strumento integrativo di una volontà che si forma fra le parti che è o incompleta o non chiaramente espressa. Quindi non partiamo dagli usi per regolare un rapporto ma partiamo da quello che le parti vogliono, dall’accordo commerciale.
Quindi usi intervengono come strumento integrativo. Devono essere talmente inveterati in questi rapporti commerciali che le parti non devono avere neanche più la necessità di richiamarli o citarli, sono talmente stati costanti e utilizzati in un certo tipo di contesto a livello di commercio e imprenditoriale che ne sono diventati ormai una parte.
Sono talmente acquisiti che non serve più quasi richiamarli e citarli. Poi soprattutto questi usi quando noi li richiamiamo intanto non possono andare contro quelle che sono le norme inderogabili di leggi.

Nel nostro ordinamento (diverse dalle norme di applicazione necessaria) le norme sopratutto in materia di diritto civile si distinguono in norme imperative e norme derogabili o chiamate dispositive.

Le norme imperative possono trovare applicazione per esempio in relazione ad un contratto non possono essere derogate dalle parti, cioè se per esempio un contratto è nullo per un certo motivo stabilito dalla legge in via tassativa le parti non possono mettersi d’accordo e dire che a loro non va bene. Queste sono le imperative mentre le altre che possono essere derogate.
Le norme con le quali possiamo disporre di una certa situazione giuridica sono le norme dispositive o derogabili.
Quindi l’uso non può andare contro una norma imperativa e gli usi possono essere: PRETER LEGEM, SEGUNDUM LEGEM ma mai CONTRA LEGEM.
Cioè possono o integrare o sopperire a una norma di legge ma non possono mai andare contro una norma imperativa.
Tutti questi usi sono di qualsiasi materia, non solo commercio internazionale, in qualsiasi ambito possono trovare applicazione gli usi. Quando questi usi e consuetudini diventano usi e consuetudini negli scambi commerciali internazionali allora ricominciamo a trovare la lex mercatoria che è stata l’unico collante, che in tutto questo tempo ha tenuto insieme il diritto del commercio internazionale soprattutto di fronte ai vari tentativi degli stati di nazionalizzare queste regole a partire dalla Ordenance di Luigi XIV. Ogni tentativo di statalizzazione è stato controbilanciato dagli operatori del commercio internazionale sempre ricorrendo alla lex mercatoria tanto è che si è creato una sorta di ordinamento parallelo alle normative degli stati sia nazionali che trattati e convenzioni. Mentre il diritto scritto procedeva in un certo senso il diritto non scritto, statuale continuava ad operare e a far funzionare il sistema.
Questo diritto non scritto quanto è in grado di sostanziarsi in un sistema normativo autonomo, autosufficiente e indipendente (per gestire scambi commerciali internazionali) rispetto alle leggi nazionali? (un sistema che nasce dalla pratica, non da un legislatore) Se è in grado da sola a regolare l’intero settore del diritto del commercio internazionale. La conclusione a cui si è arrivati è che sostanzialmente in primo luogo si sottolinea la frammentarietà di questo sistema dovuto anche alla diversa estrazione culturale orale e sociale di chi l’aveva generata per poter immaginare di raggruppare tutto questo sistema in un unica regolamentazione organica, il problema è anche quello dell’incompletezza. Le regole della lex mercati non sono completamente autonome e indigenti dai sistemi giuridici nazionali, valgono sempre delle leggi di ordine pubblico e dei limiti di ordine pubblico su cui non si può soprassedere. Molti dei principi inoltre propri della lex mercatoria sono accolti all’interno da molte leggi e ordinamenti nazionali. Ci sono anche alcune regole che fra di loro sono contraddittorie e come tali pregiudizievoli della certezza dei rapporti commerciali internazionali. Manca un sistema sanzionatorio certo e applicabile (nel medioevo si parlava dell’esclusione dal mondo dei commerci, questa sanzione non avrebbe senso). C’è incertezza sul numero e sul tipo delle regole e dei principi che compongono la nuova lex mercatoria. Quindi al di là di alcune pronuncie arbitrarie che hanno espressamente stabilito di escludere l’assoggettamento delle loro decisioni a qualsiasi legge nazionale, non ci sono riscontri sull’effettiva completezza e autosufficienza della lex mercatoria, tali da dare una risposta certa all’esigenze dei commerci. La lex mercatoria come fonte, non è cosi facilmente inquadrabile come una fonte dotata di completezza e autosufficienza.
Diverso è il caso degli usi e consuetudini, le quali vengono elaborate e codificate, le quali assumono valenza giuridica nei rapporti fra operatori commerciali. 
Questo quando essi decidono di richiamarle o incorporarle nei propri contratti. Quindi la lex mercatoria come fonte ci lascia un pò perplessi mentre la lex mercatoria come raccolta di usi e consuetudini da utilizzare al bisogno per integrare, essere incorporata e richiamata all’interno di contratti conclusi fra operatori commerciali, sembra essere una possibilità più percorribile.

Tratto da DIRITTO DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE di Alice Lacey Freeman
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