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Principi e regole che impongono la trasparenza nella PA: l'obbligo di motivazione


L'obbligo di motivazione, inteso come esplicazione del percorso argomentativi che ha portato alla decisione, sostanzialmente contiene i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che, in seguito alla fase istruttoria, hanno determinato la decisione.
Non ha solo lo scopo di richiamare la P.A. al rispetto del principio di ragionevolezza, ma anche ad agevolare coloro che vogliono ricevere tutela giudiziaria ed assicurare ai cittadini i presupposti per un giudizio informato sull’attività dell’amministrazione.
Eccezioni all’obbligo di motivazione si hanno soltanto per gli atti normativi e quelli a contenuto generale, in quanto la loro struttura, composta da una serie di disposizioni messe in relazione tra loro, rende agevole la comprensione del ragionamento che ne è a fondamento anche senza una esplicita motivazione.
In ogni caso questa eccezione deve essere oggetto di interpretazione restrittiva.
Gli atti che devono essere motivati sono, con la riforma del 2005, tutti gli atti amministrativi anche organizzativi, mentre prima erano soltanto i c.d. provvedimenti amministrativi (atti autoritativi).
L’obbligo vige tanto per gli atti discrezionali quanto per quelli vincolati.
Nonostante la disciplina più rigida del 2005, la giurisprudenza ha eliminato l’assenza di motivazione tra le cause di annullamento degli atti e ha ritenuto valida la motivazione in corso di giudizio, sminuendo sostanzialmente l’importanza dell’obbligo di motivazione.

Tratto da DIRITTO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE di Stefano Civitelli
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