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Il carattere di legittimità dell'ordine legittimo della pubblica autorità



Per assumere rilevanza scriminante esso deve essere “legittimo”, sia formalmente che sostanzialmente.
Per la legittimità formale dell’ordine è richiesto che:
il superiore abbia la competenza ad emetterlo;
l’inferiore abbia la competenza ad eseguirlo;
siano state rispettate le procedure e le formalità di lex previste per la sua emissione.

Per la legittimità formale dell’ordine è richiesto che:  esistano i presupposti richiesti dalla legge  L'ordine è sostanzialmente legittimo quando la sua emanazione è avvenuta in presenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla norma attributiva del potere ordinarono e in vista del pubblico interesse cui essa si riferisce.
L’ordine dunque deve provenire da un pubblico ufficiale (art. 357 c.p.) o da una persona incaricata di un pubblico servizio (art 358 c.p.).

Responsabilità per l’ordine illegittimo

Se l'ordine è illegittimo, non può assumere rilevanza scriminante: il fatto tipico insito nella sua esecuzione risulta obiettivamente antigiuridico, come chiaramente si desume dall'art. 51 co. 2, secondo cui “se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine”.
Non che giustificata, l'esecuzione di un ordine illegittimo è dunque sempre fonte di responsabilità quanto meno per il suo autore, e talvolta (artt. 51 co. 3-4) anche per chi vi abbia dato attuazione.  
In effetti, l'illegittimità dell'ordine si riverbera sulla rilevanza dell'interesse con esso perseguito, che, non potendosi più considerare la concretizzazione dello scopo per il quale è prevista la norma attributiva del potere ordinarono, non può più essere bilanciato con l'interesse tutelato dalla norma penale, né tanto meno prevalere su di esso.
La rilevanza dell'ordine illegittimo (nei confronti dell'esecutore) si esprime pertanto non sul piano delle cause di giustificazione, ma (eventualmente) su quello della colpevolezza.

Tratto da DIRITTO PENALE di Beatrice Cruccolini
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