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Esperimenti di Stanley Milgram

Stanley Milgram è uno studioso di psicologia dell’apprendimento e ha voluto ideare e condurre con i suoi collaboratori un esperimento avente ad oggetto le dinamiche dell’obbedienza. L’esperimento è il seguente: si estraggono dall’elenco telefonico una serie di nomi, nel campione ci finiranno dentro diverse tipologie di persone, alla quale viene spedita una lettera da un dipartimento universitario che invita a partecipare ad un esperimento scientifico sulle dinamiche dell’apprendimento. Non c’erano incentivi economici, si prometteva solo il rimborso delle spese di viaggio. Una serie di persone dà la loro disponibilità. A questi viene presentato questo esperimento: un soggetto detto sperimentatore illustra a due persone che si presentano il ruolo che dovranno svolgere nell’esperimento. Queste due persone svolgono una il ruolo di insegnante, l’altra di allievo. Il contenuto viene specificato come dinamiche dell’apprendimento in condizioni di stress emotivo. L’insegnante legge una lista di 30 parole comuni tra loro non associate, l’allievo le deve ripetere nel giusto ordine. Ogni volta che l’allievo sbaglia, l’insegnante deve schiacciare un tasto da una specie di consolle che prevede 30 diversi tasti, a ognuno di questi tasti corrisponde la somministrazione di una piccola scossa elettrica all’allievo. Ogni interruttore segna un aumento della scarica elettrica di 15 volt (quindi l’ultimo interruttore prevede una scossa di 450 volt). I 30 interruttori sono divisi a loro volta in gruppetti da 5, ciascuno di colore diverso. I due soggetti non erano affatto scelti a casa, o meglio scelti a caso erano solo gli insegnanti, l’allievo di volta in volta è un attore e l’interruttore non dà la scossa, sebbene l’allievo faccia finta. Così tutti i partecipanti pensavano che l’esperimento verteva sulle capacità dell’allievo, invece l’oggetto dell’esperimento era la disponibilità dell’insegnante a infliggere del male ad un altro soggetto. Era stabilito in anticipo come si doveva reagire se l’insegnante manifestava dei dubbi, lo sperimentatore doveva spingerlo ad andare avanti con una serie di incitamenti che crescevano progressivamente. Era già stato predisposto l’insieme di input che lo sperimentatore doveva dare all’insegnante, perché man mano che si andava avanti con l’esperimento erano già fissate le azioni che l’allievo/attore avrebbe dovuto inscenare: fino ai 75 volt la vittima non doveva dare segno di malessere, dai 75 cominciava ad emettere un piccolo verso che cresceva fino ai 120 volt, ai 150 la vittima inizia a protestare, a 180 il soggetto inizia a dire che non sopporta più il dolore, dai 270 volt solo grida, dai 300 la vittima avrebbe detto che avrebbe smesso di rispondere, e così via.
L’esperimento ha ricavato come risultato che i soggetti erano disposti ad obbedire all’autorità. Circa il 70% di coloro che hanno partecipato a questo esperimento sono andati fino in fondo. Tutti questi soggetti sono stati intervistati dopo e gli è stata svelata la verità, da un lato si sono mostrati sollevati e dall’altro hanno dovuto riconoscere fino a che limite sono arrivati. Milgram sosteneva che in ognuno di noi c’è un piccolo sadico, in questo caso i soggetti erano spinti da una serie di fattori:
- la sollecitazione al contributo ad un esperimento scientifico;
- la necessità di giustificare i propri atti precedenti: quando il passetto successivo non è molto distante da ciò che abbiamo appena fatto, il soggetto va avanti, perché se dicesse a se stesso no ad un livello, dovrebbe ammettere di aver fatto qualcosa di sbagliato anche prima.
Ai nostri fini questo esperimento ci porta a concludere che la realizzazione del male è una cosa che non può essere estranea a nessuno di noi.

Tratto da DIRITTO PENALE COMMERCIALE di Valentina Minerva
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