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Limiti della potestà legislativa regionale (art. 117(1) cost.): l'ordinamento comunitario e i rapporti con l’Unione europea


La riforma del Titolo V impone alle leggi regionali (e a quelle statali) il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario.
In virtù dell’appartenenza dell’Italia all’UE e del primato del diritto comunitario, le norme europee non solo si aggiungono al diritto interno, ma prevalgono su di esso, fino al punto di incidere sulle competenze regionali fissate a livello costituzionale.
L’art. 1173 cost. attribuisce alle Regioni la potestà legislativa (concorrente) in materia di “rapporti delle Regioni con l’UE”.
Il citato art. 1173 cost. da un lato offre un fondamento costituzionale alla disciplina dei rapporti fra Regioni e UE da tempo predisposta dal legislatore statale ordinario, dall’altro pone le premesse per una più incisiva ed ampia potestà legislativa delle Regioni in materia.
L’art. 1175 cost. dispone che “le Regioni, nelle materie di loro competenza, partecipano alle decisioni dirette alla formazione degli atti normativi comunitari e provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli atti dell’UE, nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza”.
Quanto alla fase di formazione del diritto comunitario, il primo timido segnale lanciato dall’ordinamento in favore di un coinvolgimento delle Regioni si è avuto con l’art. 9 della l. 183/87 con il quale, da un lato è stato imposto al Presidente del Consiglio l’obbligo di comunicare anche alle Regioni e alle Province autonome, oltre che alle Camere, i progetti comunitari di regolamento e di direttiva; dall’altro è stato riconosciuto agli enti autonomi il potere di inviare al Governo le loro osservazioni in proposito.
Più significativa, in confronto, è la previsione secondo la quale la Conferenza Stato-Regioni dedica almeno due volte all’anno un’apposita sessione allo scopo di esprimere il proprio parere “sugli indirizzi generali relativi all’elaborazione degli atti comunitari”.
Nemmeno il Trattato di Maastricht del 1992 si era orientato con decisione in senso regionalistico, dal momento che l’unica novità in materia è stata l’istituzione del Comitato delle Regioni, organo composto da rappresentanti delle collettività regionali nominati su proposta dei governi, cui è stato attribuito solo il potere di dare pareri al Consiglio e alla Commissione della Comunità.
Anche relativamente all’attuazione del diritto comunitario il coinvolgimento delle Regioni era già stato previsto dalla legislazione ordinaria anteriore alla riforma del Titolo V.
Emerge dall’insieme della legislazione ordinaria, che è stata riconosciuta alle Regioni la potestà di dare attuazione agli atti normativi comunitari, e che, parallelamente, è stato attribuito allo Stato un potere sostitutivo in caso di inerzia degli organi regionali.
Riguardo alle direttive, quello che maggiormente interessa, in questa sede, è che le Regioni, con apposite leggi, “possono dare immediata attuazione alle direttive comunitarie” nelle materie di loro competenza.
Nell’ipotesi di inerzia del legislatore regionale, per evitare che l’Italia incorra in responsabilità per inadempienza nei confronti dell’Unione, è lo Stato a predisporre provvisoriamente, per dare esecuzione agli obblighi comunitari, apposite disposizioni di attuazione.
A tutela dell’autonomia delle Regioni, peraltro, tali disposizioni statali sono “cedevoli”, cioè destinate a valere solo fino a quando non intervengano le leggi regionali.
Anche per quanto riguarda l’esecuzione dei regolamenti comunitari, da effettuarsi in via amministrativa, è prevista la competenza delle Regioni, i cui organi, al pari di tutti quelli degli altri enti pubblici, svolgono “anche il ruolo di apparato esecutivo o amministrativo europeo”.
Nel caso di “accertata inattività” degli organi regionali, è previsto che il Presidente del Consiglio dei Ministri assegni all’ente inadempiente un congruo termine per provvedere, decorso il quale, il Consiglio dei Ministri nomina un commissario che provvede in via sostitutiva.
In caso di assoluta urgenza, il provvedimento può essere adottato direttamente dal Consiglio dei Ministri, ma in questa ipotesi va comunicato immediatamente alla Conferenza Stato-Regioni, che ne può chiedere il riesame entro 15 giorni.

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