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Gli effetti propri del sequestro

Il provv. autorizzativo non produce alcun effetto all’infuori di quello di introdurre l’esecuzione del sequestro; il primo e più tipico effetto del sequestro si verifica immediatamente dopo tale esecuzione e consiste in quell’idoneità a conservare la situazione in atto in funzione della fruttuosità del processo, che è propria della misura cautelare. Tale effetto è espressamente previsto per il sequestro conservativo dall’art.2906c.c., che sancisce l’inefficacia relativa (ossia rispetto al creditore sequestrante) degli atti di alienazione e cmq di disposizione delle cose sequestrate (una inefficacia simile è prevista dall’art.2913c.c. per il pignoramento). I beni immobili, mobili o i crediti individuati sono sottoposti a un regime giuridico particolare, pur restando nella titolarità del proprietario, un eventuale atto dispositivo su quei beni è come se non fosse mai avvenuto per il creditore sequestrante, che può sempre soddisfare il proprio credito su tali beni. (= provv. cautelare conservativo per eccellenza).
Per il sequestro giudiziario la legge non configura alcun effetto che investa la disponibilità delle cose sequestrate, né alcun altro effetto di natura sostanziale, poiché questa misura cautelare non ha riguardo al valore di scambio delle cose sequestrate, ma alla loro disponibilità materiale. L’efficacia della misura va quindi ricondotta direttamente alle norme che concernono la custodia delle cosa sequestrata e alle norme che sanzionano penalmente l’eventuale violazione di tali disposizioni ed in generale la sottrazione o il danneggiamento delle cose sottoposte a sequestro o a pignoramento (art.334c.p.).
Gli effetti della cautela durano fino a quando si verifica una delle cause di inefficacia previste dall’art.669novies e dall’art.675. Se non si verifica alcuna causa di inefficacia e se il provv. non viene revocato o modificato ai termini dell’art.669decies, o in sede di reclamo ai termini dell’art.669terdecies, ed il giudizio sul merito conduce al riconoscimento dell’esistenza del diritto cautelato, la funzione propria della cautela si completa e si realizza integralmente.
Nel sequestro giudiziario il completamento della funzione cautelare si verifica e si esaurisce automaticamente con la chiusura del processo di cognizione: nel sequestro ex art.670n2 la misura cautelare è in funzione proprio della cognizione; nel sequestro ex art.670n1 il riconoscimento del diritto del sequestrante sulle cose sequestrate attribuisce al titolare sequestrante un titolo di possesso (o detenzione) autonomo che si sovrappone, sostituendolo, a quello dato dal sequestro.
Nel sequestro conservativo il completamento della funzione cautelare si realizza invece attraverso la confluenza del sequestro nell’espropriazione, in funzione della quale la misura cautelare era stata concessa ed eseguita. Questo tipo di sequestro infatti oltre ad avere la stessa efficacia del pignoramento, ne ha anche la stessa struttura, in quanto si esegue con le stesse forme, è quindi logico che confluisca nel pignoramento, attraverso la c.d. conversione del sequestro in pignoramento, nel momento in cui il creditore sequestrante ottiene sentenza di condanna esecutiva, come previsto dall’art.686c1 c.p.c. Poiché però l’art.156 disp.att. dispone che “il sequestrante che ha ottenuto la sentenza di condanna esecutiva prevista dall’art.686 del codice deve depositarne copia nel termine perentorio di 60 giorni dalla comunicazione, nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione” dottrina e giurisprudenza si sono chieste se la conversione avvenga automaticamente oppure per effetto di tale deposito, e, nella prima ipotesi, quali sarebbero le conseguenze del mancato deposito. Secondo l’opinione prevalente la conversione si verifica automaticamente, mentre l’onere del sequestrante di effettuare il deposito investe la procedibilità del già avviato processo di espropriazione, nel senso che se non avviene nel termine, il pignoramento diviene inefficace e il processo si estingue.
La dottrina si è inoltre chiesta se l’effetto della conversione del sequestro in pignoramento può essere determinato anche ha provv. condannatori esecutivi diversi dalla sentenza, in particolare dall’ordinanza ingiuntiva di cui all’art.186ter. la soluzione sembrerebbe affermativa. Si discute infine se la conversione si verfica ex tunc con effetto retroattivo alla data del sequestro, o cn effetto ex nunc, come sembra preferibile per evitare alterazioni della struttura della misura cautelare.
Nell’ipotesi che la causa di merito sia attribuita alla giurisdizione di un giudice straniero, l’art.156bis disp.att. stabilisce che il sequestrante deve, a pena di inefficacia del sequestro conservativo ottenuto, proporre domanda di esecutorietà in Italia della sentenza straniera o del dolo, entro il termine perentorio di 60 giorni.
Art.686c2 c.p.c. prevede l’ipotesi in cui i beni sequestrati sono stati oggetto di esecuzione da parte di altri creditori: in questo caso il sequestrante partecipa con essi alla distribuzione della somma ricavata.
Dopo la conversione i vizi del sequestro possono essere fatti valere con l’opposizione agli atti esecutivi, mentre le contestazioni sulla conversione si configurano come opposizioni all’esecuzione.
 

 



Tratto da DIRITTO PROCESSUALE CIVILE di Federica D'ortenzio
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