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La sospensione del procedimento per incapacità processuale dell’imputato


Il giudice deve valutare se l’imputato (o l’indagato) è in grado di partecipare coscientemente al procedimento penale e cioè se è capace di esercitare consapevolmente quel diritto di autodifesa che spetta a lui personalmente e che non può essere svolto da altre persone al suo posto.
Presupposti dell’accertamento dell’incapacità processuale dell’imputato sono situazioni in cui il giudice non può pronunciare una sentenza di proscioglimento (in giudizio) o di non luogo a procedere (in udienza preliminare).
Quando il giudice deve prosciogliere l’imputato non deve sospendere il procedimento penale: la sentenza deve essere pronunciata anche se l’imputato è incapace processualmente in quel momento.
Diverso è il caso in cui, in base allo stato degli atti, il giudice si trovi nella condizione di dover accertare la responsabilità penale e, di conseguenza, è probabile una condanna.
In questi casi ove sia accertata l’incapacità il giudice deve sospendere il procedimento penale.
La decisione sulla sospensione del procedimento è presa dal giudice con ordinanza ricorribile per Cassazione.
Ogni sei mesi, il giudice, dispone perizia per accertare lo stato psichico dell’imputato.
L’ordinanza di sospensione è revocata qualora l’imputato risulti in grado di partecipare coscientemente al procedimento penale oppure se, durante la sospensione, sono assunte prove che legittimano una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere.
L’ordinanza di sospensione consente comunque il compimento degli atti tassativamente previsti dalla legge.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE PENALE di Stefano Civitelli
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