Skip to content

Le scuole penalistiche e le teorie sulla testimonianza


Due opposte concezioni sulla testimonianza si sono scontrate durante i lavori del codice di procedura penale, il quale risente dei risultati di tale scontro:
Scuola Classica, ha ricostruito la teoria della testimonianza sulla base di tre postulati:
- la completezza della testimonianza;
- la volontarietà della narrazione del vero;
- la neutralità psichica del testimone.
Si deduce che il testimone vede e percepisce tutto quello che gli sta davanti e se egli vuole essere sincero è in grado di riferire tutto quello che è avvenuto in sua presenza.
Ne consegue che il testimone dice il falso soltanto quando vi ha interesse, viceversa se non ha interesse a mentire allora dirà il vero.
E’, quindi, soltanto necessario che il magistrato indaghi sugli eventuali legami di interesse che il testimone ha con le parti del processo: ove non vi siano legami d’interesse il testimone deve presumersi veritiero.
Scuola Positiva, ha applicato agli studi sull’uomo il metodo scientifico.
Così facendo si è potuto dimostrare che non è vero che il testimone vede tutto quello che ha di fronte, perché le sue capacità di percezione sono limitate.
Successivamente si è accertato che la deposizione non è un atto completamente volontario, poiché influenzabile dall’inconscio.
Per tali motivi gli studiosi sono arrivati alla conclusione che il testimone può dire il falso per motivi completamente diversi dal suo interesse nel processo.

Tratto da DIRITTO PROCESSUALE PENALE di Stefano Civitelli
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.