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Il modello del contenzioso amministrativo nel regno di Sardegna


Alla stregua di questi decreti si delineava il seguente quadro:
a.    non ogni attività amministrativa era soggetta a un sindacato giurisdizionale.
In particolare, era esclusa da qualsiasi tipo di sindacato la c.d. amministrazione economica, espressione allora utilizzata principalmente per designare l’attività amministrativa non puntualmente disciplinata da norme di legge o di regolamento, o rimessa a valutazioni dell’Amministrazione.
In questi casi, dato che il cittadino non poteva invocare una norma che lo tutelasse, non vi era neppure spazio per una tutela giurisdizionale: la tutela del cittadino poteva svolgersi solo nell’ambito dell’Amministrazione stessa, in particolare per mezzo di ricorsi gerarchici;
b.    in alcune materie elencate dalla legge, la tutela dei cittadini era demandata ai “giudici ordinari del contenzioso amministrativo”, ossia al sistema articolato nei Consigli di Governo e nel Consiglio di Stato;
c.    in altre materie individuate specificamente da leggi speciali, la tutela dei cittadini era demandata a “giudici speciali del contenzioso amministrativo” (controversie in materia di contabilità pubblica, alla Corte dei conti; controversie in materia di pensioni, al Consiglio di Stato).
Il Consiglio di Stato, quindi, era giudice speciale del contenzioso amministrativo, in unico grado, in materia di pensioni, e giudice ordinario del contenzioso amministrativo, in grado di appello;
d.    negli altri casi la competenza spettava al giudice ordinario, ossia ai giudici civili.

Un sistema del genere lasciava ampio spazio alla possibilità di conflitti, che si presentavano quando due autorità di ordini diversi rivendicavano la medesima competenza (c.d. conflitti positivi), oppure quando escludevano entrambe la propria competenza (c.d. conflitti negativi).
La disciplina per la loro risoluzione fu introdotta con una legge del 1859: la decisione dei conflitti era assunta con decreto reale, previo parere del Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno, sentito il Consiglio dei Ministri.
Il sistema sanciva pertanto una prevalenza dell’autorità amministrativa su quella giurisdizionale.
Ai giudici ordinari del contenzioso amministrativo non erano conferiti poteri di annullamento rispetto agli atti amministrativi dedotti in giudizio: era diffusa la convinzione che l’annullamento costituisse un atto riservato all’Amministrazione, ma soprattutto non deve sfuggire che il giudizio non aveva un carattere specificamente impugnatorio e verteva su rapporti in atto fra l’Amministrazione e i cittadini.

Tratto da GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA di Stefano Civitelli
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