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L’arbitrato


In materia di diritti disponibili le parti possono consensualmente devolvere la soluzione delle loro controversie a giudici privati.
L’arbitrato rinviene il suo fondamento nell’autonomia privata.
Da circa un secolo si conoscono in Italia due specie di arbitri.
Il primo è il cosiddetto arbitro rituale il quale rinviene unicamente nell’autonomia privata la condizione dell’esercizio da parte degli arbitri di attività decisoria, destinata ex lege ad acquistare efficacia di sentenza e ad essere soggetta ai controlli propri delle sentenze.
Il secondo, il cosiddetto arbitro irrituale, non disciplinato esplicitamente da alcuna disposizione di legge, rinviene nell’autonomia privata non solo la condizione dell’esercizio da parte degli arbitri di attività decisoria, ma anche l’efficacia vincolante della relativa decisione, decisione che sarà soggetta ai controlli propri dei contratti.
In questa sede sarà esaminato il solo arbitrato rituale.
Fonte dell’arbitrato rituale è un accordo con cui i due o più parti convengono di far decidere da arbitri una o più controversie.
Tale accordo può essere stipulato quando la controversia è già insorta, e in tal caso si chiama compromesso, oppure prima, in occasione della stipulazione di un contratto, le parti possono convenire nello stesso contratto, o in atto separato, che le controversie future eventualmente nascenti dal contratto medesimo siano decise da arbitri, in tal caso si parla di clausola compromissoria.
Il compromesso che la clausola compromissoria devono avere forma scritta ad substantiam.
Oggetto di compromesso o clausola compromissoria non possono essere controversie relative a diritti indisponibili che non possono formare oggetto di transazione.
È facoltà delle parti indicare nel compromesso o nella clausola compromissoria il numero degli arbitri, purché in numero dispari; qualora manchi l’indicazione del numero di arbitri sono tre .
Ferma la possibilità per le parti di nominare direttamente o indirettamente gli arbitri nel compromesso o nella clausola compromissoria, all’art. 810 c.p.c. è descritto il procedimento inteso a rendere possibile la nomina degli arbitri.
Possono essere arbitri sia cittadini italiani sia cittadini stranieri; non possono esserlo chi è privo, in tutto o in parte, della capacità d’agire.
La nomina degli arbitri si perfeziona con la loro accettazione e dà luogo ad un rapporto di lavoro autonomo da cui sorgono diritti e doveri.
Gli arbitri sono tenuti all’imparzialità, come si desume dalla disciplina della ricusazione degli arbitri.

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