La classificazione del sistema probatorio
                                    
Per essere utile e non semplicemente nomenclatoria, un'attività 
classificatrice del fenomeno probatorio deve essere finalizzata a 
chiarire aspetti epistemologici dello stesso, tali da conseguire 
risultati efficaci.
Per definire i caratteri del fenomeno probatorio sono state operate nel tempo delle classificazioni del sistema probatorio. Alcune classificazioni sono comode, ma altre sono sensate se riescono a chiarire alcuni aspetti terminologici.
Ma
 quello che interessa alle parti non è sapere su quale tipo di prova si 
basa la concreta decisione, ma è giustificare la decisione presa. In 
questa prospettiva e per individuare i caratteri della prova in senso 
stretto rispetto all'indizio, bisogna partire dalla distinzione tra 
prova rappresentativa e prova critica.
Nella prima l'elemento di 
prova rende presente il risultato di prova in modo che il passaggio 
dall'elemento al risultato risulti automatico; nella seconda invece 
l'elemento di prova delinea un qualcosa di diverso dal risultato di 
prova; per arrivare al risultato di prova bisogna approvare una maggior 
indagine intellettuale.
Es: oggetto di prova = incontro dell'imputato con la vittima all'ora del delitto T e nell'abitazione X della vittima. 
Ipotesi
 1: se un teste deponesse di essersi allontanato da tale luogo in quel 
periodo temporale mentre imputato e vittima vi si trattenevano 
ulteriormente, automatica apparirebbe l'inferenza di un risultato di 
prova conducente alla verifica dell'iniziale affermazione probatoria
Ipotesi
 2: se un teste dichiarasse che l'imputato si trovava in un diverso 
luogo nello stesso momento T, questo elemento di prova dovrebbe essere 
collegato al principio che nega l'ubiquità prima di poter pervenire a un
 risultato di prova idoneo a ottenere una decisione sulla fondatezza o 
meno dell'iniziale affermazione probatoria.
Ma tutte e due le prove 
hanno in comune la necessità della conclusione relativamente alle 
rispettive premesse. La loro distinzione attiene all'immediatezza logica
 della conoscenza conseguita. In entrambi i casi cmq non ci sono dubbi 
sul risultato della prova.
Ipotesi 3: se un teste dichiara di 
aver visto l'imputato posteggiare la propria vettura nell'autorimessa 
pertinente al suddetto immobile in tale lasso di tempo, l'elemento di 
prova così conseguito non sarebbe tuttavia idoneo a rendere certa 
l'inferenza conducente a un risultato di prova che confermi 
l'effettuazione dell'incontro in questione. Si avrebbe solo la sicurezza
 che l'imputato era nei pressi della casa in cui è stato commesso il 
delitto.
L'esistenza dell'incontro tra imputato e vittima sarebbe 
sostenibile da un massima di esperienza contestabile. Quindi l'esistenza
 di questo incontro sarebbe solo possibile ma non necessaria.
La 
differenza con i primi due casi è che l'indizio non è più sufficiente 
per dire che c'è una diversa complessità di mediazione logica; cambia la
 natura delle conoscenze. 
La distinzione tra prova in senso stretto e
 indizio riguarda la modalità logica della conclusione relativa 
all'inferenza fondata sull'elemento di prova.
Sia la prova in senso 
stretto che l'indizio vengono utilizzati per la verifica del thema 
probandum, ma solo nella prova in senso stretto la conclusione 
inferenziale si ottiene attraverso l'impiego di leggi scientifiche e 
logiche universali.
Una volta terminata l'inferenza possiamo sapere 
se ci troviamo di fronte una prova in senso stretto o un indizio. 
La 
conoscenza finale che abbiamo acquisito tramite inferenza si ripercuote 
su tutta la sequenza:
- elemento; 
- inferenza; 
- risultato.
L'elemento
 di prova costituisce il genus al cui interno si collocano le species 
dell'elemento probatorio e dell'elemento indiziario.
Il risultato di 
prova costituisce invece il genus al cui interno si differenziano le 
species del risultato probatorio e del risultato indiziario quali 
conseguenze di un'inferenza probatoria o di un'inferenza indiziaria.
Una
 nozione che entra in gioco è quella di sospetto, con cui si intende 
richiamare un qualcosa che è meno persuasivo dell'indizio.
La 
distinzione tra indizio e sospetto è molto labile. In ambedue i casi 
l'elemento da cui si parte per arrivare a una conclusione fa sì che si 
arrivi a una conclusione incerta.
Questa distinzione ha un riscontro 
normativo che viene in rilievo nel caso in cui il legislatore voglia 
regolare i comportamenti dell'organo procedente che svolge l'attività 
investigativa.
Mentre l'art. 116,1 sulle norme di attuazione del 
c.p.p. dice che è sufficiente il sospetto di reato per effettuare 
indagini prima della sepoltura di un cadavere, il suo comma 2 dice che per il disseppellimento è necessaria l'esistenza di gravi indizi di delitto.
Questa è un'ipotesi normativa in cui la distinzione tra sospetto e indizio riguarda le modalità comportamentali.
In
 tale disposizione il vocabolo indizio serve a individuare una premessa o
 per lo svolgimento di eventuali indagini o per l'applicazione di una 
misura cautelare.
L'indizio mira a soddisfare esigenze connesse a 
sviluppi intermedi del procedimento penale senza essere finalizzato alla
 fissazione del fatto oggetto del medesimo. Esso, quindi, si riferisce a
 uno strumento conoscitivo dotato di efficacia provvisoria, riservandosi
 ad altro momento una più meditata considerazione ai fini della 
ricostruzione fattuale.
Il momento più impegnativo per l'attività
 giurisdizionale è il momento in cui il giudice si trova a scegliere, 
tra le risultanze che ha di fronte, quelle utili per decidere.
Il 
giudizio di concludenza probatoria verte sull'idoneità e sufficienza 
della prova per arrivare a un giudizio di verità sull'affermazione 
rappresentativa e costitutiva della domanda giudiziale.
Ma 
l'individuazione della nozione di concludenza, risulta utile per far 
risaltare le due accezioni fondamentali del vocabolo prova: evidence (= 
prova come esperimento conoscitivo) e proof (= quanto il giudice ritiene
 conosciuto sulla base dell'attività espletata).
Evidence è la 
acquisizione per esempio tramite testimonianza; mentre proof è ciò che 
il giudice pensa dopo, la conclusione probatoria, un elemento basilare 
per la ricostruzione giudiziale del fatto. 
Per aver giudizio di concludenza si fa una valutazione probatoria, cioè un'analisi delle prove:
- come si valuta ciascuna prova;
- come si valuta l'insieme delle prove.
Si ha prova riuscita nel caso di coincidenza tra oggetto di prova e risultato di prova.
Prima
 dell'operazione inferenziale relativa al passaggio dall'elemento al 
risultato di prova, bisogna esaminare il grado di attendibilità della 
fonte e/o del mezzo di prova, nonché la comprensibilità dell'elemento di
 prova. L'elemento di prova va interpretato; va fatta una traduzione dal
 linguaggio del teste a quello giuridico.
Infine, per la scelta di 
derivare una conclusione probatoria da un singolo esperimento 
conoscitivo, occorre valutare il rapporto tra i momenti di una sequenza e
 quelli delle altre; es: può essere necessario determinare 
l'affidabilità di una fonte di prova attraverso il raffronto tra 
differenti strumenti gnoseologici applicando la cosidetta tecnica della 
riprova e quindi effettuando eventuali controlli incrociati o 
verificando l'esistenza di elementi di riscontro.
Per adempiere al 
proprio compito valutativo, l'organo procedente deve sostanzialmente 
operare su base argomentativa, con ampio impiego delle massime 
d'esperienza.
La differenza si ha quando il nostro livello di 
disciplina si pone con riferimento alla struttura degli elementi 
impiegati per arrivare al risultato.
Il loro parametro discretivo 
emerge quando si concentra l'attenzione non su quanto ottenuto 
attraverso il procedimento probatorio, bensì sulla disamina del 
procedimento intellettivo.
Quando si pone in dubbio, ad es., 
l'affidabilità di un teste oculare o l'autenticità di un documento, si 
dice che la decisione che ne facesse uso sarebbe fondata non su indizi 
ma su prove ingannevoli o addirittura false.
Il processo indiziario è quando manca un criterio che in base a requisiti di prova consenta di giungere a conclusioni sicure.
Gli elementi non portano a una conclusione probatoria certa.
L'ultimo
 stadio dell'attività giudiziale concerne la valutazione probatoria 
complessiva, caratterizzata dall'utilizzo combinato dell'intero 
patrimonio conoscitivo giudiziale.
Possono esserci prove divergenti o
 convergenti o anche una sola prova. Compete al giudice decidere se 
l'insieme dei singoli risultati non goda di un'efficacia persuasiva così
 labile da farla ritenere insufficiente.
Essenziale è che il giudice,
 tenendo conto in sentenza di tutti i dati disponibili, svolga un 
ragionamento convincentemente argomentativo e formuli una decisione 
coerente con le prove acquisite.
Le prove, nel contesto di 
giustificazione, rappresentano gli elementi attorno a cui si articolano 
le argomentazioni. Riguardo al contesto di decisione si può decidere in 
un determinato modo in base a ciò che si ha di giustificato.
Nel 
contesto di decisione il campo delle alternative è definito dalle 
ipotesi ricostruttive che abbiano superato la verifica ottenuta dal 
confronto con i risultati tratti dalle prove acquisite.
La prova vincola e giustifica le decisioni.
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Dettagli appunto:
- Autore: Enrica Bianchi
- Facoltà: Giurisprudenza
- Corso: Giurisprudenza
- Titolo del libro: Sistema di procedura penale I - principi generali
- Autore del libro: Giulio Ubertis
- Editore: UTET
- Anno pubblicazione: 2007
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