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I debiti petrarcheschi in Leopardi

I debiti petrarcheschi in Leopardi


L'Interpretazione segna anche una svolta nel rapporto Leopardi – Petrarca. Il giovanissimo Leopardi amava incondizionatamente Petrarca, e lo Zibaldone lo dimostra. In una pagina Leopardi riconosce i suoi debiti petrarcheschi, dicendo che dato che fra i lirici aveva letto solo Petrarca, la natura lo aveva portato a scrivere nello stile del Petrarca. Uno stile che prima è simile a quello del Petrarca, poi diventa meno similie, per poi molto dissimile per avere conquistato l'originalità. Leopardi sosteneva di essersi liberato dall'influenza petrarchesca dal 1821, anche se il suo debito permane anche oltre. Nel 1824 utilizza la sua autorità (quella di Petrarca) per giustificare, nelle Annotazioni alle Canzoni, particolari costrutti o vocaboli.
Ed ecco giungere la fatidica affermazione scritta allo Stella il 13 settembre del 1826: le confesso che [...] io non trovo in lui se non pochissime, ma veramente pochissime, bellezze poetiche e sono totalmente divenuto partecipe dell'opinione del Sismondi (che non comprendeva la causa della celebrità delle Rime). Una dichiarazione sconcertante che non va però letta come una sorta di rivincita nei confronti del calice amaro di passione che era stato il commento.
Leopardi nello Zibaldone, in un passo praticamente contemporaneo alla lettera, considera Petrarca uno scrittore veramente sommo; nella Crestomazia afferma di non volerlo antologizzare per non profanare la sua opera. Nella Prefazione dell'Interprete per Passigli scrive che la sua stima per Petrarca cresce nonostante i suoi mancamenti.

Tratto da LEOPARDI INTERPRETE DELLE RIME PETRARCHESCHE di Gherardo Fabretti
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