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Cassirer - L'influenza di Goethe e Kant nel pensiero di Holderlin

Holderlin e Goethe

In ogni grande poeta la particolarità della sua visione si sviluppa in due modi:  nel suo sentimento individuale della natura e nel suo sentimento individuale per la forma e gli eventi interiori. La lirica di un poeta nasce da quest'incontro. Terzo fattore tipico del periodo tedesco è l'aspirazione a diventare coscienti di questo modo della creazione e giustificarlo internamente. L'interiore e l'esteriore si misurano l'uno con l'altro e ognuno vuol comprendere l'altro a partire da sé. Così il poeta diventa consapevole dell'unità di ogni cosa vivente nella fusione tra i momenti della vita, nel rapporto armonico tra dimensione esteriore ed interiore. Goethe scorse quest'armonia non solo come poeta ma anche come scienziato. La sua immagine della natura come metamorfosi diviene la chiave per l'alternanza e il mutamento delle forme che sentì dentro di sé.
L'artista secondo Goethe potrà competere con la natura solo se avrà appreso spiandola il modo in cui essa procede alla formazione delle sue opere. Goethe cerca dunque il contrappeso dell'osservazione oggettiva, cosa che poeti della sua epoca non avevano.

Poesia soggettiva ed oggettiva: Holderlin criticato! Ma la poesia di Holderlin non restò così soggettiva. In Holderlin agisce una nuova e particolare forma dell'oggettività, che ha la sua radice ultima non nella contemplazione e osservazione sensibile e reale della natura, ma nella ricezione della natura del mito. Il mondo degli dei greci divenne per Holderlin una seconda natura. Il tragico in Holderlin è motivato da questo: non perché io e mondo non possono trovare un equilibrio. Il tragico va cercato piuttosto negli elementi stessi di questo rapporto. Per Goethe l'unità ultima della natura che il nostro pensiero e l'intuizione  possono afferrare si schiude nel mutamento incessante delle forme. Goethe si gode tale apparenza senza arrivare ai fondamenti ultimi. Ma Holderlin prende un'altra strada. Nella natura ricerca più l'essere che il divenire (Goethe si accontenta di contemplarne il divenire). Non il movimento, ma la quiete, ciò in cui la natura gli schiude la propria essenza.  Dove Holderlin si immerge in un'immagine della vita organica, la sgancia istintivamente dalla natura e per lui diviene modello di vita etica.
 
La forza della vera animazione della natura la vediamo in Holderlin negli elementi fondamentali inorganici e nelle potenze: aria, luce, cielo, etere, sole, terra. Anche quando Holderlin si concede del tutto al movimento e alla continuità della natura (come Goethe), incarna tale unità in concrete individualità, nelle figure di vari dei. In "pane e vino" raggiunge l'apice dando voce al silenzio. A questa concezione della natura corrisponde una ricezione degli eventi del tempo. Mentre Holderlin si immerge negli eventi vi cerca comunque in continuazione un punto che sia oltre il tempo, oltre ogni inquietudine, per giungere all'interiorità dell'essere. Holderlin non si accontenta di osservare la vita fuori e dentro di lui, ma è attratto da quel mistero che risiede oltre la vita, oltre nascita e morte. Qui comprendiamo l'Empedocle. Il Tragico, rappresentato nella figura di Empedocle, non deve possedere significato individuale  ma universale. Superare la legge della successione (vuole dire che in qualche modo col suo gesto Empedocle testimonia un trascendere lo spazio-tempo?), concentrare il contenuto della vita in un unico momento in cui il corso della vita stessa è interrotto: ecco il senso del sacrificio di Empedocle.

Procedendo nella tragedia, in Holderlin matura la concezione generale di un'estetica universale del tragico. E da qui si ricollega alla speculazione idealistica: i poemi tragici devono fondarsi su un'intuizione intellettuale, ovvero l'unitezza di ciò che vive, che non può esser avvertita da animi angusti. Tale concetto di intuizione intellettuale ci riporta di nuovo a Fichte e Schelling. Ma per comprendere il rapporto con questi due dobbiamo risalire alle origini dell'idealismo, quindi a Kant.

Holderlin e Kant

L'idealismo critico di Kant prende le mosse dall'opposizione tra universale e particolare, che lui concepisce solo nel senso di validità logica. Kant non si chiede quale sia l'origine dell'essere e dell'esperienza, ma la validità e la necessarietà dei giudizi di esperienza (praticamente imposta la domanda sul piano logico). La questione non ha a che fare con gli oggetti, ma con le nostre modalità di conoscerli, modalità che devono essere possibili a priori. Si dice una questione così posta che è posta in termini trascendentali. Kant vuole mostrare come dalla percezione può scaturire l'esperienza.

Possibilità dei giudizi sintetici a priori (proposizioni della matematica e della fisica) = possibilità di connessione originaria di ogni particolare. Kant insomma non si chiede da quale fondamento metafisico deriva la libertà. Va mostrato solo come si possa dedurre la validità di una legge etica suprema dal fatto della coscienza etica. La domanda principale della filosofia critica è sulla possibilità dei giudizi sintetici a priori.

Schelling nelle sue lettere filosofiche al posto di tale domanda ne pone un'altra, diversa per la forma ma uguale per il contenuto: come potrebbe l'Assoluto uscire da se stesso?? Come si passa dall'infinito al finito, o com'è possibile l'esistenza del mondo? La critica della ragione non si occupa dell'esistenza del mondo, ma della conoscenza. Fichte nel porre la domanda sulla possibilità di esistenza del mondo non vi risponde con le categorie della metafisica prekantiana. Si può dare un risposta a questa domanda: quali sono gli atti fondamentali e necessari attraverso cui l'intelligenza si rappresenta una realtà oggettiva? La norma dell'agire esige un'autolimitazione. Solo nel porsi un limite l'agire può diventare consapevole di sé e della sua destinazione finale. In sintesi comunque il pensiero di Fichte giustifica l'esistenza empirica, concepita da un lato come opposizione, dall'altro come modello dell'attività etica. Schelling va oltre. Rispetto all'agire la natura è solo oggetto offerto alla libera attività, cui bisogna esercitarsi trasformando. Ma tale idea di passività assoluta limita e contraddice la natura stessa. La natura si eleva da semplice oggetto (Fichte) a soggetto-oggetto. Nell'atto del produrre bisogna al contempo immedesimarsi nel prodotto stesso, con l'intuizione intellettuale.  Se la percezione sensibile e i concetti percepiscono la natura come insieme di elementi particolari, l'intuizione intellettuale la coglie come sviluppo, riconoscendo un identico impulso teso ad operare secondo uno stesso modello e finalità. A questo punto subentra l'obiezione hegeliana alla filosofia di Schelling.

Tratto da HÖLDERLIN E L'IDEALISMO TEDESCO di Dario Gemini
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