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Pitagora e la scuola pitagorica

Pitagora è un personaggio avvolto da un alone di mistero. Si tramanda che fosse un profeta-mago, operatore di miracoli e che possedesse una sapienza derivatagli direttamente dal suo dio protettore, Apollo. Gli adepti della sua scuola lo veneravano come un dio. Della sua vita sappiamo molto poco: nacque a Samo nel 571/570 a.C., ma nel 532/531 fuggì dall’isola natale a seguito di un’invasione persiana. Si rifugiò in Magna Grecia dove fondò, a Crotone, una sua scuola filosofica che fu anche un’associazione religiosa e politica e si diffuse ben presto in tutte le città greche dell’Italia meridionale, assumendo molte volte il potere politico ed esercitandolo in senso oligarchico: nel 510 sostenne addirittura l’invasione, da parte di Crotone, di Sibari, città democratica alla quale fu poi imposto un governo oligarchico. Morì nel 497/496 a.C..
Quella di Pitagora fu la prima vera scuola filosofica: è possibile, infatti, che nella scuola di Mileto (i cui esponenti di maggior rilievo sono Talete, Anassimandro e Anassimene) non ci fosse un discepolato diretto, mentre a Crotone era stata fondata una vera e propria istituzione scolastica in cui gli adepti venivano sottoposti a un giuramento nei confronti della propria setta col quale si impegnavano ad accettare le dottrine principali della scuola e le concezioni religiose e politiche.  
Ai Pitagorici si deve l’istituzione della matematica (che ad essi deve il suo nome) come una vera e propria scienza, elaborandone concettualmente i suoi termini fondamentali (quantità, punto, linea, superficie, angolo, corpo) e facendo astrazione da tutte le applicazioni pratiche. Essi inoltre stabilirono il carattere rigoroso della dimostrazione matematica che fu poi la norma fondamentale della matematica greca.
La tesi fondamentale della filosofia pitagorica è che il numero è la sostanza delle cose, ossia è l’elemento fondamentale di cui le cose sono costituite. Tale affermazione è strettamente legata alla figura della tetrade divina.

In essa, secondo i Pitagorici, si racchiudeva l’essenza stessa della realtà:

  1. al primo livello corrispondeva il punto, ossia l’unità;
  2. al secondo livello corrispondeva la linea;
  3. al terzo livello la prima figura piana, ossia il triangolo;
  4. al quarto livello la prima figura solida, ossia la piramide.
La somma dei quattro numeri dava 10 (1 + 2 + 3 + 4 = 10), la decade, il numero perfetto, altro numero importantissimo nella numerologia pitagorica.
Affermare che il numero è la sostanza delle cose e, dunque, che le cose sono costituite da numeri, significa che il mondo è un ordinamento geometrico misurabile.
Se la sostanza delle cose è il numero, allora l’opposizione tra le cose si riconducono all’opposizione tra numeri. Ora, il numero si distingue in dispari e pari: il polo positivo di questa opposizione risiede nei numeri dispari che sono una entità limitata; il polo negativo risiede nei numeri pari che sono una entità illimitata. Ma vediamo in che senso:
Il numero pari 6 viene rappresentato dai Pitagorici in questo modo:


ed è illimitato in quanto una freccia che lo attraversa prosegue all’infinito senza mai arrestarsi.

Il numero dispari 7 viene rappresentato in questo modo:


ed è limitato in quanto una freccia che lo attraversa non prosegue all’infinito, ma trova un punto d’arresto.
Da qui deriva anche la concezione del limite come unità, ordine, perfezione, bene (in accordo con la filosofia classica posteriore e in disaccordo con Anassimandro) e dell’illimitato come molteplicità, disordine, imperfezione, male.
Questi opposti sono conciliati nel mondo da un principio di armonia. E poiché la scienza dell’armonia è la musica, i rapporti musicali esprimono la natura dell’armonia universale e sono il modello di tutte le armonie che si ritrovano nell’universo.

Nonostante l’idea secondo cui tutta la realtà è riconducibile ai numeri, pare che nella scuola Pitagorica sia sorto uno scandalo talmente grave da giustificarne la massima segretezza e l’imposizione, ai membri della scuola, di non rivelare tale segreto, pena la morte: si tratta dell’impossibilità di misurare la diagonale del quadrato. Per i Pitagorici, infatti, la diagonale risultava incommensurabile rispetto al lato in quanto lato e diagonale non possono essere misurati tramite un sistema di misurazione comune.
Ad esempio: se il lato di un quadrato è 1, la sua diagonale risulta essere “radicale di 2”, numero che non può essere ricondotto all’unità.

Essa è legata alla dottrina della “metempsicosi” o “metempsomatosi”, secondo Erodoto di derivazione egiziana: secondo tale dottrina, l’anima è una sostanza immortale che, a seguito della morte del corpo, trasmigra in altri corpi. È un processo che riguarda qualsiasi forma di essere vivente (secondo alcuni solo animali e uomini, secondo altri interessa anche i vegetali).
È probabile che anche nel Pitagorismo la trasmigrazione dell’anima a seguito della morte corporale in un altro corpo dipenda dallo stile di vita che si è condotto nella vita precedente: una vita virtuosa comporta una reincarnazione in un sapiente, una vita corrosa dai vizi conduce ad una reincarnazione in forme di vita inferiore (donna, animale, vegetale). Tale concezione è presente anche in Platone, in particolare nel “Fedro” e nel “Fedone”.
Alla base di questa dottrina c’è l’idea che l’anima ha vita autonoma rispetto al corpo inteso come prigione. Quest’idea non è comune a tutta la cultura greca ed è di derivazione orfica. È particolarmente innovativa in quanto l’anima, nei poemi omerici, era pensata come “soffio vitale” che abbandona il corpo quando questi cessa di vivere. In Omero dunque l’anima rimane strettamente legata al corpo e non ha vita autonoma: anche se gli uomini hanno un’esistenza nell’Ade, essa è, tuttavia, un’esistenza sfuocata, in quanto gli uomini non sono altro che pallide ombre di ciò che erano una volta.
È interessante notare come anche il regime alimentare dei pitagorici fosse strettamente collegato alla dottrina della metempsicosi: per i motivi già elencati, infatti consideravano sacrilegio anche uccidere un animale per cibarsene. L’unico scopo nella vita dei pitagorici era quello di purificare la loro anima attraverso l’esercizio della filosofia.

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