Skip to content

Luis de Argote y Gongora (1561 – 1627) : biografia



Il rapporto con Quevedo
La verve dissacratoria di Gongora e gli aneddoti sulla sua vita, potrebbero fare pensare ad una, almeno iniziale, affinità con Francisco de Quevedo. Niente di più sbagliato. Una violenta avversione si frapporrà sempre tra i due sin dagli anni di convivenza a Valladolid. Del resto la loro formazione personale e sociale è diversa, come diversissime sono le loro inclinazioni, i loro gusti e i loro caratteri.
La vita
Gongora apparteneva ad una benestante famiglia cordovese che traeva dall’istituzione ecclesiastica, sotto forma di prebende, tutto il necessario economico per vivere agiatamente; già si spiega qui la precoce vocazione religiosa di Gongora, che nel 1575 iniziò la sua carriera ecclesiastica fino a prendere gli ordini minori. Della natura utilitaristica della sua carica non fece mai mistero, come non fece mai mistero della cospicua somma annuale che percepiva, ben 3000 ducati. Ma le cose non andarono lisce come previsto, e il potere d’acquisto della moneta andò impoverendosi con gli anni, a causa di siccità, scarsi raccolti e inflazione; Gongora si troverà spesso, quindi, in secche finanziarie che nel 1611 lo porteranno a Madrid, come cappellano di corte, nella speranza, disattesa, di migliori guadagni. L’ultimo decennio della vita di Gongora sarà spesso tormentato da una costante preoccupazione economica, come testimoniano molte sue poesie e lettere. È ovvio, però, che il disagio che traspare da quelle lettere (molte peraltro di richieste economiche per conto terzi e non personale, e questo rivela un aspetto inedito del poeta, che si rivela anche uomo attento alle necessità del prossimo) non può essere attribuito esclusivamente ai dissesti monetari, ma prevalentemente ad un più profondo disequilibrio esistenziale.L’atteggiamento tipico di Don Luis è quello del provinciale ironico e distaccato che si trattiene nella metropoli giusto il tempo indispensabile per sbrigare i suoi affari, dopo di che, disgustato dalle mene e dalla corruzione, divertito dalle piccolezze e vanità del mondo della capitale, se ne torna alla libera vita della sua piccola città, dove amici fidati lo attendono. Anche negli ultimi anni di vita, quando si stabilirà permanentemente a Madrid, vagheggerà la sua Cordova con la speranza di chi vorrebbe farvi ritorno, consolandosi, col pensiero nostalgico, dei disinganni e delle privazioni madrilene. Un atteggiamento che lascerà la sua impronta anche nella poesia, tutta giocata implicitamente sull’opposizione tra il mondo esterno e la propria intimità, gelosamente affermata e difesa. Vediamo come. Gongora, nel 1588, compie il suo primo viaggio a Madrid e nella Castiglia, in luoghi assolutamente diversi dall’Andalusia per clima, paesaggio, temperamento e costume degli abitanti e sfoga lo shock nostalgico per la sua terra con la satira. La prima fu per l’enorme ponte segoviano che Filippo II aveva fatto costruire sul piccolo fiume Manzanarre, che già a marzo era afflitto dalle secche della calura. Un esplicito messaggio sul contrasto tra apparenza e realtà, tra atteggiamenti arroganti e mancanza di sostanza, che si ritroverà anche nella satira sui cortigiani, considerati mostri simili agli elefanti e ai rinoceronti che Filippo II aveva ricevuto in regalo dall’Oriente. Nel 1603 va a Valladolid e l’impressione sarà ancora peggiore: una improvvisata capitale, angusta e scomoda, che fa da sfondo alle piccinerie di burocrati (che lo perquisiscono all’arrivo) e cortigiani simili alle etichette senza contenuto delle farmacie. Una città, dice Gongora, sporca, gelida, e con un fiume, l’Esgueva, che è una vera fogna. Gli abitanti sono arroganti e villani.

Tratto da LETTERATURA SPAGNOLA di Gherardo Fabretti
Valuta questi appunti:

Continua a leggere:

Dettagli appunto:

Altri appunti correlati:

Per approfondire questo argomento, consulta le Tesi:

Puoi scaricare gratuitamente questo riassunto in versione integrale.