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La definizione del genere letterario

La definizione del genere letterario


Definire il genere letterario e l'appartenenza di un'opera ad un genere piuttosto che ad un altro ha sempre costituito un problema, sin dal '500, quando su basi artistoteliche nasceva la prima teoria dei generi. Poi arrivò Hegel, che nella sua Estetica distingueva tre generi: epica (oggettiva), lirica (soggettiva), dramma (oggettiva e soggettiva). Nel 1890 arriva Ferdinand Brunetiére, monumento del positivismo. Quando si definisce un genere non si pone solo un problema di classificazione. Classificare un'opera in generi permette di isolare certe caratteristiche assolute e di mettere costanti e differenze a confronto. Studiare un genere è anche un compito storico. Identificata l'origine di un genere con un testo archetipo (Iliade, Canzoniere, Don Chisciotte), estratte certe caratteristiche dall'archetipo, fissati tramite lui i tratti distintivi del genere e riscontrati gli stessi tratti in opere successive, lo studio del genere in questione diventa lo studio delle trasformazioni, del modo e del grado in cui i tratti distintivi, isolati in un certo numero di opere in base alla somiglianza delle une con le altre, si sono mantenuti o perduti nel corso della storia. Un genere è individuato simultaneamente dalla forma e dal tema. Parliamo di tema intergenerico quando un tema non è perfettamente identificabile con un genere (la guerra è sì tema dell'epos ma anche del romanzo). La forma è determinante per l'identità del genere, ad esempio guerra ed esametro. Ma anche la forma non basta a definire un genere. Solo unendo forma e tema possiamo identificare correttamente un genere.
In effetti forma e tema non bastano ad identificare sempre un genere. Contribuisce molto anche l'orizzonte d'attesa del lettore. Molti autori inseriscono un sottotitolo nella loro opera proprio per indirizzare il lettore, ma questa è anche una spia di come sia difficile, specialmente oggi, qualificare un testo in un genere piuttosto che in un altro.
Ci sono generi come il romanzo o la lirica che per la straordinaria varietà tematica e stilistica delle loro espressioni costringono lo studioso di generi ad una flessibilità interpretativa che altri generi non richiedono. Epica, tragedia e commedia sono invece generi più formalizzati, che hanno una storia antica e che si sono prestati nel corso dei secoli a nuove codificazioni.
Nel caso del romanzo addirittura non importa tanto in che misura quel certo romanzo rientri nell'astratto genere del romanzo quanto in che misura i vari generi si trovino rappresentati e combinati all'interno di quel certo romanzo. Il critico distinguerà l'epico, il lirico, il drammatico, il tragico o il comico che uniti formano quel determinato romanzo. Come? Per rimando a testi che si diano a priori per lirici, drammatici eccetera, cioè per riconoscimento delle allusioni a modelli testuali diversi.
Comunque stiano le cose lo studioso dei generi dovrebbe sempre tenere a mente questo principio: un genere è sempre relativo al sistema letterario e culturale che lo forma e lo descrive. I generi vanno studiati nella loro reciprocità. I generi, ancora prima che dai teorici, sono definiti dagli autori e dalle loro opere, l'uno rispetto o in opposizione all'altro. Il romanzo, per esempio, ha avuto molta più importanza in Inghilterra, la lirica in Italia e il teatro in Francia. Il genere del romanzo e quello della lirica, dunque, andranno teorizzati sulla base delle diverse realtà storiche, di cui hanno subito, inglobato e dissimulato motivi e finalità. Pensiamo all'istituto del matrimonio e Petrarca e Manzoni.

Tratto da LETTERATURE COMPARATE di Gherardo Fabretti
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