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Gli orientamenti autoritari nel governo (1958)


IL 1958, ANNO DECISIVO. Così titolava il 1 gennaio 1958 il quotidiano Il Giorno, fondato due anni prima da Gaetano Baldacci e ancora dal piglio corsaro e investigativo. Il 1958 è un anno importante, fatto di passi avanti e colpi di freno, per le tensioni innescate dagli interventi americani e inglesi in Medio Oriente. È un clima che contribuisce ad accentuare orientamenti autoritari all'interno del governo, che dopo le elezioni del 1958 è guidato da Fanfani. Il ministro dell'Interno, Tambroni, rinnova le dichiarazioni sulla pericolosità delle organizzazioni comuniste e dà indicazioni di limitare fortemente, o di reprimere, le manifestazioni pubbliche su temi internazionali. D'altro canto, la crisi della Quarta Repubblica in Francia e il ritorno al potere del generale De Gaulle, con l'introduzione di un nuovo ordinamento costituzionale, alimentavano riflessioni e allarmi sui rischi insiti nell'agonia dell'esperienza del centrismo.
La stessa situazione economica era ben lungi dall'alimentare euforie. Il 1958, che oggi è considerato l'anno del boom, sembrava allora destare più preoccupazioni che speranze, anche per alcuni contraccolpi negativi determinati dall'entrata in vigore del MEC. I toni di Togliatti quell'anno sono tesi, ma neppure nel governo mancavano preoccupazioni e allarmi, predisponendo nel marzo dello stesso anno una indagine conoscitiva sulla disoccupazione e sui licenziamenti nelle diverse province mentre i pronunciamenti ufficiali di luglio non andavano oltre un cauto possibilismo. Addirittura nel 1959 Antonio Segni parlava di congiuntura economica sfavorevole, invitando a tornare alla cara, vecchia politica dei lavori pubblici per creare guadagno.
 Indubbiamente il carattere di confine del 1958 è nel mondo cattolico più evidente che altrove, e momenti di tensione compaiono fin dall'avvio. Un articolo su Paese Sera a firma dello scrittore Roger Peyrefitte, fortemente critico nei confronti di Pio XII, scatena un putiferio che si conclude con l'allontanamento dello scrittore dall'Italia quale persona non gradita. Famosi poi gli episodi del vescovo di Pistoia e soprattutto di quello di Prato, ma qualcosa stava cambiando nei rapporti tra Stato e Chiesa, e le sentenze del vescovo di Pistoia e Prato, condite dalle opinioni poco concilianti dei prefetti, stavano lì a dimostrarlo. Già Fanfani aveva inserito nel suo programma di governo, oltre alla canonica difesa dal comunismo, una più chiara regolamentazione dell'autonomia tra Stato e Chiesa e la morte di Pacelli nel 1958 sarà il colpo finale.
La morte di Pacelli è anche il primo grande evento consapevolmente definibile come mediatico, così come l'elezione di Roncalli, il cui pontificato, pur concertato come di transizione, porterà notevoli ammodernamenti tra le mure vaticane, rispolverando la natura e i compiti pastorali del pontefiche e la sua vicinanza alla gente.

Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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