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Le lotte e i sindacati di fabbrica negli anni '50

Le lotte e i sindacati di fabbrica negli anni '50


LE FABBRICHE. Nel marzo 1958, alla vigilia delle elezioni di commissione interna alla Fiat, viene diffuso un opuscolo anonimo non molto diverso da quelli distribuiti o inviati alle famiglie dall'azienda negli anni precedenti: Presentarsi candidato o scrutatore per la FIOM significa mettersi in lista di licenziamento. Questa volta la CISL non ci sta e si schiera apertamente con la CGIL affermando che non si presenterà alle elezioni se non fossero cessate le interferenze padronali. È questa la rottura con una parte consistente della CISL torinese, che aveva a capo Edoardo Arrighi, cresciuta negli ultimi anni proprio grazie alla politica intimidatoria della Fiat. Sarà scissione: il gruppo di Arrighi fonderà un sindacato esplicitamente filo – padronale che alle elezioni prendera il 25%, quanto la FIOM, mentre la FIM prenderà il 13%. Nonostante la bassa percentuale la CISL conferma la direzione e il gruppo aziendale sconfessa i membri di commissione interna – filopadronali – e al congresso provinciale della FIM – CISL sconfigge i moderati.
Avanzava un processo che, anche tra arretramenti e sconfitte, stravolgerà comunque il quadro che alla metà degli anni '50 sembrava consolidarsi. Tra ricatti delle commesse voluti dagli USA per bocca di Clare Boothe Luce e sconfitte della CGIL, i mutamenti furono comunque numerosi: la FIOM entrò in alcune fabbriche dove le assunzioni era stata condotta all'insegna del totale anticomunismo e le colossali sperequazioni tra guadagni delle industrie e scatto salariale spinse anche i più moderati alla protesta.
BARLETTA – ITALIA? Segnali diversi, e a loro volta contraddittori, arrivano da altre realtà. Nel medesimo tempo delle lotte e dei sindacati di fabbrica, i rapporti dei prefetti sugli scioperi agricoli del Polesine e del Ferrarese sembrano riproporre scene di inizio secolo: le agitazioni sono accompagnate da incendi dei fienili e danneggiamenti ai raccolti, e sono fronteggiate mediante l'impiego di lavoratori provenienti da fuori provincia che sono affluiti in virtù della costante protezione delle forze di polizia.
Intanto per la prima volta, nel 1958, le mondine che lavorano nelle insalubri risaie sono meno di quelle necessarie; si compenserà con l'afflusso di lavoratrici dal Meridione. Gli scontri sono all'ordine del giorno: a Brindisi la relazione del questore sul soffocamento di una rivolta insurrezionale, confermata da Tambroni, viene smentita non solo da giornali di sinistra ma anche da giornali centristi come Il Giorno; presto cade anche la tesi della rivolta comunista, avendo la donna vittima della sparatoria della polizia la tessera della DC. Alla base di questa e altre rivolte pugliesi la crisi viticola e la generale diminuzione dei prezzi agricoli.
L'episodio più drammatico a Barletta, dove la polizia uccide due braccianti che chiedevano una più equa distribuzione dei pacchi – viveri della Pontificia Opera di Assistenza e del Soccorso Invernale. Sempre a Barletta, tre anni dopo, 58 persone muoiono nel crollo di una palazzina costruita su cinque piani e fondata su un instabile garage: una delle tante case sorte in maniera selvaggia .


Tratto da STORIA CONTEMPORANEA di Gherardo Fabretti
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