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La guerra tedesca dei contadini - 1525 -

La guerra tedesca dei contadini  - 1525 -


La guerra tedesca dei contadini costituisce senza alcun dubbio il fenomeno più complesso e difficile da interpretare. Essa ebbe inizio da un'occasione apparentemente futile ma decisamente ricca di efficacia simbolica: le smodate e assurde richieste di corvèes di una signoria comitale della Foresta Nera meridionale. Quella piccola rivolta divenne ben presto un vasto movimento il cui centro erano l'Alta Svevia a nord del Lago di Costanza, l'Algovia e la Foresta Nera. La sua veemenza di breve durata, la sua risonanza nella pubblicistica, i fermenti politici generali, estesi a larghi strati della popolazione, inducono a dar ragione a quegli storici che vi ravvisano la manifestazione specificamente contadina di una coscienza generale della crisi, di una predisposizione generale alla crisi nella società tedesca di quel periodo. Il coinvolgimento di territori svizzeri ed austriaci dà ragione a questa tesi, né può considerarsi un caso che proprio in quel periodo la Riforma fosse al culmine della sua prima fase ancora molto spontanea, emotiva, in cui molti ostacoli vennero abbattuti. Cosa fosse questa crisi ancora gli storici se lo domandano. Fu forse il tentativo di una rivoluzione protoborghese, come se le azioni dei contadini andassero viste in relazione alle agitazioni urbane contro l'usura e i monopoli, alla diffusa esigenza di riforme nella chiesa e al movimento politico per una riforma dell'Impero? È una interpretazione un po' arrischiata. Forse allora una lotta per la ricostituzione dei buoni e antichi diritti, come in innumerevoli opuscoli contadini si sosteneva? Questo fu un argomento ma non fu tuttavia l'unico né il fondamentale. I gravami contadini in realtà non sono interpretabili in senso unico e manifesto. La loro guerra era diretta contro i loro signori immediati, responsabili di non tralasciare occasione per modificare il tradizionale intreccio di relazioni economiche e signorili tra signoria e condizione contadina. È dimostrato che numerosi signori del Sud – Ovest cercavano da tempo di ripristinare diritti signorili ormai aboliti e di porre limitazioni ai diritti comunali di caccia e pascolo. Il rischio era ora che si concentrasse nelle mani di un solo uomo poteri prima separati e che addirittura si minacciassero le allora funzioni autonome delle comunità rurali. Fu allora che nacquero i Dodici Articoli della primavera del 1525, in contrasto con tale pericolo.
La guerra dei contadini non si limitò ad articolare le esigenze dei vari livelli del ceto rurale ma divenne spesso e volentieri un vasto movimento comprendente piccole città e centri rurali che affermava i diritti dell'uomo comune e accanto ai gravami concreti agitava programmi politico – costituzionali di portata più generale.
Se dal punto di vista bellico tale rivolta fu un fallimento, i suoi effetti furono invece molto più duraturi di quanto gli storici pensassero, dando vita spesso a forme di unione solidale, di rappresentanza politica collettiva che portò in quelle regioni (almeno fino al consolidamento dell'assolutismo di fine Settecento) alla formazione di uno stato a rappresentanza territoriale dove i contadini erano rappresentati nella Landschaft. In Tirolo addirittura si trasformò in una vera e propria rappresentanza di ceto, con diritti di approvazione e votazione di imposte e ordinamenti.
Da un punto di vista escusivamente congiunturale le agitazione e le rivolte della fine del Cinquecento e del primo Seicento furono molto più logiche di quelle di cent'anni prima. Questo può essere in effetti considerato il loro periodo d'oro nella storia Europea, soprattutto in Francia, che difatti è stata oggetto di indagini minuziose in tal senso; ma anche in altri paesi come Napoli, Boemia, Sicilia e Inghilterra le cose non furono meno infuocate.

Tratto da STORIA MODERNA di Gherardo Fabretti
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