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La nascita dello stato moderno


Lo stato moderno nasce pressapoco tra il 1450 e il 1690. Se lo Stato Barocco è certamente diverso dalla forma statale dei giorni nostri, tuttavia ciò non toglie che esso non debba essere privato del suo status di modernità. Anziché negarla, la modernità, si è preferito limitarla rispetto ai suoi sviluppi futuri.
Questa statualità non ha gli stessi tempi e gli stessi modi per tutta l'Europa. Nella metà del XV secolo si profila già nelle grandi monarchie occidentali quali Spagna, Francia, Borgogna e Inghilterra, ma nel resto d'Europa fa capolino solo tra XVI e XVII secolo. In tutte non ha condotto ad un ordinamento politico unitario che sia valido per ogni paese: la monarchia assoluta mostra notevoli differenze per ogni Stato. Non in tutti gli Stati, poi, abbiamo una dinastia principesca per diritto ereditario, e la città – stato medievale continuava ad esistere, soprattutto a sud (Firenze, Venezia). Altri territori, come i Paesi Bassi settentrionali e l'Inghilterra non avevano forme assolutistiche e gli ordinamenti erano nati dai numerosi contrasti sorti tra le forze politiche in gioco, eppure non si poteva negare la loro modernità.
Non ci riferiamo dunque a Stato Moderno per la presenza di un principe assoluto, per lo meno non solo, ma alla quantità di compiti e competenze che si attribuivano all'astrazione Stato. Riduzione dell'autonomia feudale, definizione di un territorio appartenente ad un certo Stato - dunque soggetto alla sua sovranità assieme ai sudditi che vi risiedono – adempimento per i sudditi di compiti essenziali, fondazioni di istituzioni giuridiche, finanziarie e amministrative, creazione di un esercito e del relativo apparato amministrativo, atteggiamento di controllo delle vicende ecclesiastiche.
Quando nasce il principato, esso si pone solo come un'alternativa oppositiva alle precedenti forme di potere, servendosi di argomenti che attingeva dallo stesso mondo feudale contro il quale concorreva: in Francia si servì della superiorità signorile – feudale e della particolare sacralità della corona francese, che facevano di chi la cingeva qualcosa di più di un primus inter pares. Questo concetto di nuovo potere statale estraneo al mondo feudale si cristallizzò lentamente e fu sempre avversato, e per molto tempo revocabile. Le vecchie forze reagirono o alleandosi, o contrattando col re o resistendo apertamente.
Anche dove la nobiltà feudale faceva fatica a reggere lo scontro, ciò non significò mai la perdita della sua importanza politica. La vecchia tesi secondo la quale lo Stato Moderno si appoggiò alla borghesia per la sua crescita, è oggi superata.
È pur vero che il principato si servì spesso di funzionari appartenenti alla borghesia ma ciò non promosse un' ascesa del ceto borghese in toto né una alleanza principato – borghesia contro le vecchie forze feudali, anzi la borghesia perse terreno lì dove era più forte, nella città – stato dell'area mediterranea e nella Germania meridionale.
Nel secolo successivo maturarono le condizioni per cui lo Stato potesse ampliare i suoi poteri. La crisi della vecchia Chiesa e la Riforma Protestante contribuirono in maniera decisiva a estendere la sovranità statale anche alla Chiesa (gallicanesimo in Francia, Chiesa di Stato in Inghilterra, giurisdizione dei principi protestanti in Germania).
L'unità e l'estensione del nuovo Stato permisero l'ampliamento territoriale extraeuropeo, e i territori colonizzati divennero il campo di sperimentazione di questa nuova forza, nonché campo di approvigionamento economico per il proprio sostentamento.

Tratto da STORIA MODERNA di Gherardo Fabretti
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