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L’Illuminismo italiano


Nel 1748, anno della pace di Aquisgrana, segna un significativo momento di svolta. L’Italia, raggiunto un assetto territoriale stabile, almeno in alcune zone, è interessata al miglioramento della situazione economica, dalla politica delle riforme (in Piemonte, nei domini austriaci, in Toscana), dallo sviluppo della cultura illuministica. Prima di allora, non era stato possibile a causa dell’arretratezza economica, dell’instabilità politica dovuta alle guerre di successione e dell’assenza di una borghesia dotata di un consistente peso economico – sociale.
L’intellettuale illuminista italiano non è un grande solitario ma una figura impegnata in problemi sociali e cariche pubbliche. Per questo motivo, l’illuminismo italiano viene accostato di più a quello francese che non a quello inglese, proprio per il suo interesse verso problemi morali, giuridici ed economici.
Nel clima favorevole di riformismo politico, di rinnovamento educativo e laicizzazione instauratosi dopo la metà del secolo, la penisola viene coinvolta nel dibattito filosofico europeo. I centri più attivi sono la Lombardia e il Napoletano.
In Lombardia, il riformismo di Maria Teresa e di Giuseppe II incontra la cooperazione di una nuova èlite dirigente, proveniente dalla borghesia e patriziato. Gli illuministi lombardi furono non solo divulgatori di una nuova filosofia ma impegnati nel realizzare progetti anche concretamente. Di qui il forte interesse per l’economia, la giurisprudenza e l’amministrazione che caratterizza l’opera, per esempio, di Pietro Verri (1726 – 97) e di Cesare Beccaria (1738 – 94). Intorno a queste due figure – e al fratello di Pietro, Alessandro – ruotano i dibattiti dell’Accademia dei Pugni, fondata nel 1761, e le polemiche letterarie, filosofiche e politiche del Caffè, il periodico uscito dal maggio 1764 al giugno 1766. Se Beccaria deve la sua fama internazionale al trattato Dei delitti e delle pene (1764), in cui argomentava contro la tortura e la pena di morte, Pietro Verri con le Meditazioni sulla felicità (1763) e con il Discorso sull’indole del piacere e del dolore (1773) si inseriva nella discussione europea in campo morale. Il movimento illuminista ebbe la sua massima espressione nel Sud e in particolare a Napoli. Dopo l’assunzione della corona delle Due Sicilie da parte di Carlo di Borbone (1734) si inaugurò una stagioni di grandi speranze riformatrici. Speranze del resto deluse, perché né l’impegno del sovrano né la competenza del suo collaboratore, Bernardo Tanucci, riuscirono a scalfire il potere feudale e a scuotere le arretrate strutture economiche, sociali e giuridiche del Regno. Poterono però esprimersi notevoli figure di pensatori illuministi. I precursori dell’illuminismo napoletano sono Ludovico Muratori (1672 – 1750) e Pietro Giannone (1676 – 1748). Il primo, storico ed erudito di fama europea, autore degli Annali d’Italia (1744 – 1749) e delle Riflessioni sopra il buon gusto nelle lettere e nelle arti (1708), è importante per la polemica contro i ritardi della cultura italiana del tempo e per aver stabilito criteri metodologici, come la messa tra parentesi della tradizione e l’accertamento della realtà dei fatti. Il secondo, autore della Istoria civile del Regno di Napoli (1723), mostra come il potere ecclesiastico abbia limitato e indebolito il potere politico e per questo va ridotto ai soli poteri spirituali. Ricordiamo pure Federico Galiani (1727 – 87) che elaborò l’opera Della Moneta (1751) un teoria economica in grado di confrontarsi con le teorie della fisiocrazia. Antonio Genovesi (1713 – 69) fu il fautore di una concezione sperimentale e baconiana della scienza e di un moderato utilitarismo in campo etico, che nelle Lezioni di commercio (1765 – 7) dettò un programma riformatore di grande modernità ed attento alle esigenze e condizioni del Regno: razionalizzazione del sistema fiscale, contenimento dei privilegi baronali ed ecclesiastici, più equa ripartizione delle terre, ruolo attivo dello Stato nello sviluppo economico. Genovesi, dalla sua cattedra di economia, formò una generazioni di intellettuali civilmente impegnati, fra i quali Mario Pagano (1748 -99) che pagò con la morte la sua partecipazione alla Repubblica partenopea, e Gaetano Filangieri (1752 – 88), la cui Scienza della legislazione costituisce un progetto riformatore e una trattazione politica illuministica.

Tratto da CONTRORIFORMA E SECONDO 800 IN LETTERATURA di Gabriella Galbiati
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