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Lucrezio: De rerum natura


È un poema epico e didascalico, in 6 libri, scritto in esametri. Tale poema illustra la dottrina di Epicuro, il filosofo greco fondatore della scuola ‘Il giardino’. La dottrina epicurea poneva al centro del proprio interesse la ricerca del più alto grado di felicità possibile, meta che, secondo Epicuro, era rappresentata dalla piena tranquillità dell’animo, la quale può essere raggiunta solo tramite la conoscenza, l’unica capace di liberare l’uomo dai suoi falsi timori.
Dunque l’obiettivo che si prefigge Lucrezio, riprendendo Epicuro, è di abbattere l’ignoranza, cioè i miti e le tradizioni greche a cui gli uomini credono, che però provocano in loro solo incertezze e paure.
Alla base della concezione della natura di Epicuro (e dunque di Lucrezio) vi è la dottrina degli atomi elaborata dal filosofo greco Democrito, il quale aveva spiegato che la materia è il risultato di un’aggregazione meccanica di elementi minimi, cioè gli atomi.
Il movimento degli atomi (tramite aggregazione e disgregazione) da origine ad ogni realtà, ed è quello che viene chiamato clinamen (da Lucrezio).

Libro III: come altri  libri del ‘De rerum natura’ si apre con un elogio e Epicuro. In lui Lucrezio riconosce lo scopritore della verità, l’uomo che tra le tenebre dell’ignoranza e della superstizione, con la sola forza della sua mente e del ragionamento, ha saputo portare tra gli uomini la luce della conoscenza razionale, rivelando loro così la vera natura dell’universo: agli occhi di chi sa guardare (cioè coloro che come Epicuro sanno osservare la natura), scompaiono i regni dei morti (gli Acheronta, che tanto facevano paura ai greci), si manifestano le tranquille e intaccabili sedi divine, la terra non è più un ostacolo alla contemplazione del vuoto  che si attua sotto di lei, immenso spazio infinito in cui si attua l’eterna aggregazione e disgregazione degli atomi. Per questo Lucrezio desidera imitarlo, pur sapendo che non potrà mai raggiungere la sua perfezione, esattamente come la rondine non può gareggiare col cigno. [A un livello più pratico, Epicuro ha mostrato come solo la conoscenza può condurre l’uomo alla felicità, la quale è impossibile che si realizzi sotto l’oppressione della religio. Per fare ciò ha liberato il genere umano dai suoi due maggior i motivi di angoscia: la paura degli dei e della loro capacità di intervenire attivamente nelle vicende umane, e la paura della morte. Da un punto di vista dottrinale, infatti, il sistema epicureo si fissa su due principi fondamentali:
• Gli dei vivono in un mondo che è soltanto loro, disinteressandosi degli uomini e delle loro vicissitudini,
• Non esiste un regno dei morti in cui le anime dei defunti si raccolgono per vivere una vita ultraterrena.
L’anima, come il corpo, è costituita da atomi, e in quanto tale è destinata a una dissoluzione dopo la quale non c’è vita alcuna.
Nel corso del libro III, in cui si tratta dell’anima, della sua natura, struttura, e destino, tali questioni verranno sistematicamente affrontate e dimostrate.]

Dopo una breve ricapitolazione dell’argomento fisico dei 2 libri precedenti [Nel primo libro viene introdotta la teoria degli atomi (primordia rerum) secondo cui tutto l’universo è formato dagli atomi - invisibili ed eterni - e dal vuoto, che interagendo tra loro formano ogni cosa, senza nessun limite di spazio e senza quindi che possa trovarsi un centro dell’universo; il libro contiene anche una confutazione delle teorie filosofiche naturalistiche di Eraclito, Empedocle e Anassagora. Il secondo libro spiega il modo in cui si aggregano gli atomi: essi seguono un movimento in linea retta che viene deviato da una forza obliqua detta clinamen, la quale fa in modo che gli atomi si incontrino e si combinino tra loro in base alle loro forme, dando vita a un numero limitato di generi di strutture atomiche, che possono però essere infinitamente replicate ed essere formate da un numero illimitato di atomi. Proprio per questo esistono infiniti mondi.] Lucrezio preannuncia la natura psicologica di questo libro, cioè parlerà dell’animo (animus) e dell’anima, col fine di dissipare la paura dell’Acheronte, che copre ogni cosa del tetro colore della morte e non lascia spazio alla gioia limpida e pura. A questo punto Lucrezio polemizza ironicamente contro i filosofi della natura materialisti (che pensavano l’anima come costituita da un solo elemento) non epicurei, come Empedocle, che credeva che l’anima fosse formata dal fuoco, o Anassagora, che credeva fosse formata dall’aria (o forse si riferisce agli stoici che definivano l’anima come soffio vitale). Poi descrive le conseguenze a cui porta la paura della morte. Con la parola-chiave ‘miseri’ si riferisce a coloro che ignorano la recta ratio, sono cioè i superstiziosi e gli ignoranti, i quali immolano sacrifici ai defunti, offrono doni agli dei e rivolgono tutti se stessi alla religio (superstizione e tradizione). Questi miseri sono coloro che hanno timore della morte, e ciò li porta a compiere atti turpi, ad esempio con avidità bramano onori, oppure varcano i confini della legge, oppure, con il sangue di altre persone e accumulando  stragi su stragi,  ammassano beni e ricchezze. Spesso per il loro stesso timore sono consumati dall’invidia, e si struggono per il desidero e la brama di onori e di gloria, a tal punto che li afferra l’odio per la vita e si danno la morte, dimenticandosi che la causa degli affanni è proprio la paura della morte. Inoltre questo timore intacca la dignità, spezza i vincoli dell’amicizia e spinge a sconvolgere il sentimento della pietà --> infatti spesso, in passato, ha portato gli uomini a tradire la patria e i genitori (facendoli diventare come bambini spaventati nelle tenebre). È dunque necessario che queste tenebre e questo terrore siano dissipati, non con la luce o i raggi del sole, ma con la conoscenza.

Animus e anima

1) sede e natura corporea: prima di tutto l’animus (parte razionale dell’uomo) e l’anima (principio vitale) sono corporei e parte del corpo (come un piede o una mano), e non come pensano erroneamente alcuni, una disposizione generale del corpo (come la salute che non é alcuna parte del corpo), o una relazione armonica (teoria pitagorica, esposta anche da Simmia nel Fedone --> l’armonia è una cosa invisibile è bellissima che si trova nella lira accordata, mentre la lira di per sè e le corde sono cose corporee). Per far capire ciò Lucrezio dice che a volte, anche quando gran parte del corpo è malata, e il principio vitale ha abbandonato gran parte delle membra, la vita tuttavia continua a indugiare, invece quando pochi corpuscoli di calore vengono esalati attraverso la bocca, tutto d’un tratto la vita abbandona il corpo. Dunque non tutti i corpuscoli partecipano in ugual misura alla vita, ma in misura maggiore quelli che sono dotati di calore (e dunque l’anima non può essere un’armonia che non ha alcuna sede nel corpo).
Animus e anima sono a strettamente congiunte, e divergono solamente in sede e funzioni. L’animus (mente) è radicato nel petto e presiede alle sensazioni psichiche, l’anima è invece sparsa per tutto il corpo e assorbe le sensazioni fisiche (dall’esterno) e anche talvolta quelle psichiche (dall’animus). Infatti può capitare che talvolta è solo l’animo ad essere offeso (o a provare qualsiasi altra emozione) mentre il corpo non è stimolato da alcuna sensazione (così come ad esempio può farci male solo la testa, ma non il resto del corpo), invece altre volte l’animo è tormentato da un turbamento così violento che l’anima distribuisce tale turbamento anche alle membra (pallore e sudore, occhi annebbiati, orecchie che sibilano, arti che si afflosciano) --> dunque ciò fa capire che l’animus è congiunto all’anima, in quanto una violenta emozione dell’animo scuote anche tutto il corpo (tramite l’anima). Ciò fa anche capire che entrambi sono corporei e hanno sede nel corpo, in quanto, secondo la teoria epicureista non vi può essere movimento se non vi è contatto, dunque per avere questo turbamento del corpo, vi deve essere anche un contatto tra esso e animus e anima, e dunque essi sono corporei.

2) Materia dell’animus e dell’anima: dato che animus e anima sono corporei, sono anch’essi costituiti di atomi.
Ma qual è la natura di questi atomi? Lucrezio per spiegare ciò si avvale di un sillogismo.
In primo luogo (prima premessa), i processi della mente (animus) avvengono in modo molto rapido, infatti nulla è più rapido della mente e delle sue fasi di progettazione e attuazione. In secondo luogo (seconda premessa) i corpi, tanto più sono piccoli lisci e levigati, tanto più sono mobili e veloci --> esempi: l’acqua oscilla e fluttua a ogni piccola scossa perché è costituita da particelle piccole e lisce, al contrario il miele è viscoso e i suoi movimenti sono rallentati, perché  non consiste di atomi così lisci e piccoli, oppure un soffio d’aria può far scivolare dalla cima un mucchio di papaveri (che sono piccoli e lisci, dunque forniti di movimento), ma non un ammasso di pietre (in quanto sono di notevole peso e scabra struttura e dunque sono inclini a star fermi). Dato che l’anima (intesa come animus e anima)  è straordinariamente mobile, deve per forza essere formata, da atomi piccoli, levigati e rotondi (conclusione). Un’ulteriore prova del fatto che gli atomi dell’anima sono minuscoli e leggeri e intrecciati alle vene, ai visceri e ai nervi, proviene dal fatto che con la morte, anche se l’anima viene esalata per intero da tutto il corpo, esso non diminuisce di peso.

3) Natura di animus e anima:
Secondo la dottrina epicurea, però, non si può pensare che la mente e l’anima abbiano una natura semplice, bensì hanno una natura composita. Infatti constano di quattro elementi fra loro mescolati e armonizzati in un’unica natura: il vento, il calore (che è misto al calore), l’aria (il calore trae sempre aria con sè), e infine una quarta sostanza senza nome, composta di atomi ancor più piccoli e lisci e dunque ancor più mobili, la quale, in virtù di questo movimento, è il centro motore della sensibilità e del pensiero, il sovrintendente di tutto il corpo e, per così dire, l’anima dell’anima. Spiegazione di questo quarto elemento: questa sostanza è quella che si muove per prima, poi il calore, poi vento e poi l’aria accolgono il movimento e successivamente si muove tutto (il sangue si agita, la sensazione si diffonde per tutti gli organi e poi si diffondono anche il piacere e la sua emozione contraria, finché tutto non arriva alle ossa e all’interno del midollo). Il calore, l’aria è il vento si mescolano fra loro e creano una sola materia, che è appunto la quarta sostanza, che, come si diceva prima, è come l’anima dell’anima ed é la padrona di tutto il corpo.

Secondo la dottrina epicurea vi è una corrispondenza tra emozioni ed elementi dell’anima: ira-fuoco/ paura-vento/ serenità-aria. In alcuni animali vi è una predominanza di caratteri: nel leone è dominante l’ira, nei cervi è dominante il vento e dunque la paura, nei buoi invece non vi è mai una eccessiva ira né una cieca paura, la loro natura è invece collocata a metà ed è caratterizzata dalla tranquillità. Anche negli uomini si può ravvisare una predominanza di caratteri, così che alcuni sono inclini all’ira, altri alla paura e altri sono arrendevoli più del giusto. Tuttavia le tracce dei difetti naturali sono così lievi, che nulla impedisce che l’uomo possa essere educato a controllare le sue emozioni e vivere una vita dignitosa.
 
4) Rapporto anima-corpo: dopo aver spiegato la natura dell’anima, Lucrezio dice che tale natura è contenuta nel corpo, e spiega meglio il rapporto tra anima e corpo. Anima e corpo sono uniti strutturalmente e sono inseparabili, altrimenti, se si separassero, si dissolverebbero. Ad esempio se dall’incenso viene eliminato l’aroma, la sostanza dell’incenso non sussiste più, allo stesso modo è difficile separare anima e corpo senza che entrambi si dissolvano. Il corpo non nasce e non cresce da solo e non dura dopo la morte, infatti le membra isolate non possono sopportare il distacco dall’anima e degenerano nella putrefazione. Anima e corpo, al contrario, sono uniti fin dall’inizio, fin dal grembo materno, e fin dall’inizio imparano il mutuo contatto e i movimenti vitali.

5) Rapporto animus/mens e anima: a questo punto Lucrezio spiega meglio la distinzione tra animus e anima. Animus/mens è la mente intesa come capacità percettivo/elaborativa, ed é la garanzia di permanenza di vita; l’anima è invece diffusa nelle varie membra del corpo e segue il destino di quest’ultimo, in tutto o in parte. Per dimostrare che la vita può esserci soltanto quando è ben presente il primo, Lucrezio dice che anche un corpo fortemente mutilato continua a vivere e questo per la concezione secondo cui l’anima è diffusa in tutto il corpo e quindi, anche se ne viene tolta una parte, è possibile che ne rimanga una quantità sufficiente per garantire la vita. Al contrario senza l’animus nessuna parte dell’anima può albergare nelle membra neanche per un secondo, ma si disperde nell’aria e lascia le membra a morire. A chiarimento di tutto ciò Lucrezio riporta il paragone dell’occhio: l’occhio può essere colpito, danneggiato, ferito deturpato, ma se la pupilla rimarrà intatta rimarrà sempre la capacità di vedere, al contrario perdendo la pupilla non servirà più a nulla, non sarà semplicemente più un occhio.

6) mortalità dell’anima (intesa come unione di animus e anima): Da qui in poi Lucrezio, per semplificare, parla di anima, intendendo con essa l’unione di animus e anima.
 
La lunga illustrazione della mortalità dell’anima si articola in queste parti:

• Per dimostrare che l’anima muore insieme al corpo, in primo luogo Lucrezio si avvale della struttura atomica dell’anima. Essa  è costituita da particelle minuscole e sottili, ancora più piccole di quelle che compongono l’acqua, la nebbia o il fumo (tutte aggregazioni che, non più accolte in un contenitore, si disperdono di necessità) --> a maggior ragione quando il contenitore che accoglie l’anima, cioè il corpo, si disgrega, l’anima si dissolve. E se il corpo, che può essere davvero considerato il contenitore dell’anima, non riesce più a trattenerla, sicuramente non può trattenerla l’aria, che che è molto più rada del nostro corpo.
• La crescita e lo sviluppo dell’anima è parallelo a quello del corpo --> alle varie fasi dello  sviluppo del corpo corrispondono analoghe fasi dello sviluppo dell’anima (da fanciulli il corpo è debole e anche l’anima è fragile, quando si cresce il corpo si irrobustisce e anche l’anima matura, infine con la vecchiaia le membra e il corpo diventano fiacchi è così anche la ragione zoppica). Dunque se anima e corpo crescono insieme e si producono insieme, non vi è ragione di non credere che con la morte del corpo si dissolva anche l’anima.
• Quando il corpo soffre, anche l’anima mostra di soffrire gli stati psicologici corrispondenti al dolore fisico come angoscia e paura. Tale corrispondenza di sensazioni mostra che l’anima è  mortale come il corpo.
• Nelle malattie del corpo spesso anche l’animo vaga smarrito, e cioè va incontro a deliri. Dunque anche l’anima viene affetta dalla malattia, e come il corpo muore per questa malattia, anche l’anima, che ne é stata infettata, morirà con lui.
• Quando si beve il vino, i suoi effetti non coinvolgono solo il corpo (pesantezza delle membra, passo impacciato, lingua che si intorpidisce), ma ne risente anche l’anima (la mente s’annebbia). Ma quello che può essere sconvolto (cioè l’anima) attesta che, se una forza appena più aspra penetri in esso, gli accadrà di perire.
• Questa prova sulla mortalità dell’anima si avvale della descrizione dell’epilessia.




Una crisi epilettica infetta allo stesso modo il corpo, l’animo e l’anima. Conclusione di queste ultime 3 prove: se l’animo e l’anima possono essere sconvolti da ciò che avviene dentro al corpo (per malattia, ubriachezza ed epilessia), a maggior ragione lo sono da ciò che avviene al di fuori.
• La mente può essere curata, come un corpo malato, e come un corpo malato è sensibile ai farmaci. Quindi anche qui mostra un comportamento uguale al corpo, quindi se il corpo muore anche l’anima muore. Anche questo prova la sua mortalità.
• Spesso vediamo che un uomo perisce a poco a poco e membro per membro perde il senso vitale: prima diventano livide le dita e le unghie dei piedi, poi muoiono i piedi e le gambe, e poi le tracce della gelida morte percorrono gradualmente gli altri arti. E poiché anche la natura dell’anima si scinde e non esce tutta insieme, deve ritenersi mortale. L’ultima prova consiste dunque nella graduale separazione dell’anima dal corpo.
• Come i singoli organi del corpo così anche l’anima, il quale possiede una sede fissa nel corpo, non può sussistere separato dal corpo (una mano separata dal corpo non può sopravvivere, allo stesso modo l’anima)


Tratto da STORIA DELLA FILOSOFIA di Mariasole Genovesi
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