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La missione della chiesa in Italia - inzio '900-



Di fronte all’avanzata inarrestabile dell’industrialismo, del movimento operaio e della società di massa, la Chiesa di Roma e il mondo cattolico reagirono in modo complesso e articolato. Accanto al rifiuto tradizionale della società industriale, alla duplice condanna lanciata nei confronti dell’individualismo borghese e delle ideologie socialiste, vi fu anche il tentativo in parte riuscito di rilanciare la missione della Chiesa. L’impegno dei cattolici su questo terreno si era cominciato a manifestare già nell’età di Pio IX, ma ebbe un impulso decisivo durante il successivo pontificato di Leone XIII. Questi favorì il riavvicinamento tra i cattolici e le classi dirigenti di quei paesi dove maggiore era la tensione tra Stato e Chiesa, ma soprattutto cercò di riqualificare il ruolo della Chiesa in materia di questione sociale. Il documento più importante ed emblematico di questo sforzo fu l’enciclica Rerum Novarum, emanata da Leone XIII nel maggio del 1891 e dedicata ai problemi della condizione operaia. L’enciclica ribadiva la condanna del socialismo e riaffermava l’ideale della concordia tra le classi, ma indicava anche il rispetto dei doveri spettanti alle parti sociali. La creazione di società operaie e artigiane ispirate ai principi cristiani veniva apertamente incoraggiata e tutti i cattolici erano invitati a impegnarsi su questo terreno. Negli ultimi anni dell’800 venne emergendo soprattutto in Italia e in Francia una nuova tendenza politica che fu definita Democrazia Cristina, che mirava a conciliare la dottrina cattolica non solo con l’impegno sociale ma soprattutto con la prassi e gli istituti della democrazia. Quando nel 1903 salì al soglio pontificio il nuovo papa Pio X, legato a una visione più tradizionale dei compiti della Chiesa e del laicato cattolico, i democristiani furono richiamati all’ordine e si videro proibita ogni azione politica indipendente dalle gerarchie ecclesiastiche.
La battaglia per i valori nazionali o per gli interessi del proprio paese finì spesso col legarsi alla lotta contro il socialismo, alla difesa dell’ordine sociale esistente e al sogno di restaurazione di un ordine passato. In altri termini il nazionalismo tendeva a spostarsi a destra, si sganciava dalle sue matrici illuministiche e democratiche per riscoprire quelle romantiche e tradizionaliste, si collegava spesso alle teorie razziste allora in voga, che pretendevano di stabilire una gerarchie tra razze superiori e inferiori e di affermare su questa base la superiorità di un popolo su tutti gli altri. I pangermanisti auspicavano la riunificazione in un unico Stato di tutte le popolazioni tedesche, comprese quelle che nel 1871 erano rimaste fuori dai confini del Reich. Un movimento contrapposto al pangermanismo, ma ad esso affine per molti aspetti, fu il panslavismo che nacque in Russia alla fine del’800 e si diffuse anche nei paesi slavi dell’europa dell’est fungendo da strumento della politica imperiale zarista. Una reazione all’antisemitismo fu la nascita del sionismo, cioè di quel movimento, fondato nel 1896 dallo scrittore ebreo viennese Theodor Herzl, che si proponeva di restituire un’identità nazionale alle popolazioni israelite sparse per il mondo e di promuovere la costituzione di uno stato ebraico in Palestina.

Tratto da PICCOLO BIGNAMI DI STORIA CONTEMPORANEA di Marco Cappuccini
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