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Energia cinetica e lavoro

La seconda legge di Newton ci consente di analizzare una gran quantità di fenomeni motori. Talvolta, tuttavia, l'analisi è complicata, quando richiede la disponibilità di dati che semplicemente non abbiamo. Già da molto tempo gli scienziati si erano accorti che esiste un altra tecnica, talvolta più utile e potente, per analizzare il moto. Questa nuova tecnica comporta l'introduzione del concetto di energia, che si manifesta in numerose forme diverse. Infatti il termine energia è di significato così ampio che una sua chiara definizione è difficile da scrivere. Sicuramente un primo tipo di energia è l'energia cinetica ossia l'energia associata allo stato di moto di un corpo. Quanto è più veloce l'oggetto considerato, tanto maggiore è la sua energia cinetica. Quando l'oggetto è a riposo la sua energia cinetica è uguale a zero. Se la velocità v di un corpo di massa m è notevolmente inferiore a quella della luce, si può definire l'energia cinetica come:
K=1/2mv2
L'unità di misura dell'energia cinetica è il joule (J): 1 joule=1 J=1 Kg x m2/s2.

Se acceleriamo un oggetto accrescendone la velocità mediante l'applicazione di una forza, aumentiamo pure l'energia cinetica dell'oggetto. Analogamente se lo freniamo quest'ultima diminuisce. Definiamo questi cambiamenti di energia cinetica dicendo che la vostra forza ha trasferito energia da voi all'oggetto, oppure viceversa. In un tale trasferimento di energia causato da una forza si dice che la forza ha compiuto il lavoro L sull'oggetto. Il lavoro L è l'energia trasferita da un corpo per mezzo di una forza che agisce sul corpo stesso. L'energia ceduta al corpo è un lavoro positivo, mentre quella ceduta dal corpo è un lavoro negativo. Il lavoro ha la stessa unità di misura dell'energia ed è una grandezza scalare.

Come esempio vogliamo trovare un'espressione per il lavoro di una biglia che scorre lungo un filo privo di attrito, teso lungo un asse orizzontale preso come asse x. Una forza F costante, che forma un angolo θ con il filo, accelera la biglia. Possiamo mettere in relazione la forza e l'accelerazione tramite la seconda legge di Newton, proiettata sull'asse x:
fx=max
dove m è la massa della biglia. Supponiamo che la forza agisce sulla biglia per uno spostamento d, modificandone la sua velocità iniziale da v0 al valore v. Se la forza è costante, lo è anche l'accelerazione e quindi:                               v2=v0+2axd
Riscrivendola rispetto ad ax e sostituendo in quella precedente, si ottiene:
1/2mv2-1/2mv02=Fxd
Dunque il lavoro L compiuto dalla forza sulla biglia è:
L=Fxd
Si può scrivere Fx come Fcosθ, ove θ rappresenta l'angolo compreso tra le direzione della forza e dello spostamento. Possiamo quindi riscrivere l'equazione precedente in una forma più generale:                                         L=Fdcosθ
Quest'equazione è utile per calcolare il lavoro quando si conoscono F, d e θ. Il membro destro dell'equazione precedente è il prodotto scalare F per d. Per tanto la suddetta equazione in forma vettoriale diventa:                                              L=F . d
L'uso di queste due ultime equazioni è soggetto a due restrizioni: 1) la forza deve essere costante, vale a dire che non deve cambiare né il modulo né la direzione durante il moto del corpo e 2) il corpo deve essere puntiforme, cioè tutte le sue parti devono muoversi insieme nello stesso modo.Il lavoro ha la stessa unità di misura dell'energia cinetica che è il joule:1 J = 1Kg x m2/s2 =1 N x m.

Tratto da FONDAMENTI DI FISICA di Domenico Azarnia Tehran
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lavoro
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