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W. Bush e l’America Latina prima dell’11 settembre


Nel primo viaggio al di fuori degli Stati Uniti Bush andò in Messico da Vincente Fox nel 2001 e affermò che uno degli obiettivi fondamentali sarebbe stata la ricerca della massima collaborazione con l’America Latina e l’impegno di una costruzione di una comunità di libertà tra tutte le americhe. Le stesse considerazioni furono espresse quando ospitò Ricardo Lagos, presidente del Cile. Al terzo summit delle Americhe a Quebec si impegnò a rispettare il termine del 2005 come data utile per la firma del Ftaa (free trade agreement of the Americas). Disse che non voleva abbandonare la strada tracciata dal predecessore riguardo la democratizzazione delle Americhe. Disse che avrebbe aiutato la Colombia a sconfiggere i narcotrafficanti con il programma di assistenza finanziaria.
Nonostante l’impegno di Bush a ottenere progressi tangibili, alcuni consiglieri politici lo avvertirono che se avesse continuato sulla strada intrapresa avrebbe conseguito gravi perdite elettorali all’interno della propria base politica contraria a regolarizzare gli immigrati latinoamericani entrati illegalmente negli USA.
Un primo passo falso fu la nomia di Don Evans come nuovo segretario al commercio. Questi promise di impegnarsi nella difesa dei produttori statunitensi di acciaio da ogni forma di concorrenza sleale. A lamentarsi di questa presa di posizione fu il Brasile che temeva  he con un simile segretario al commercio, gli Usa avrebbero adottato misure protezionistiche in grado di danneggiare le esportazioni brasiliane. Altre scelte di Bush nella formazione dell’amministrazione misero in allarme i governi latino americani. In primo luogo la squadra politica estera del nuovo governo appariva o del tutto priva dio esperienza verso la regione. Uomini come Otto reich, John Negroponte, Eliot Abrams, rischiavano di mettere in crisi la volontà della casa bianca di inaugurare una politica di buone relazioni con l’America Latina. Il ritorno al potere di simili individui veterani del governo Reagan era visto dal Sudamerica come il ritorno degli Usa ai giorni bui della Guerra Fredda quando si sostenevano dittature brutali purchè anticomuniste.
Sebbene Bush avesse criticato Clinton e la sua politica verso l’America Latina incapace di avviare trattative per l’accordo commerciale delle Americhe poiché privo dell’autorità negoziale congressuale a concludere accordi commerciali, anch’egli all’inizio della presidenza fu costretto a fare i conti con gli stessi problemi di Clinton. Seppure fin dai primi incontri con il congresso avesse esercitato pressioni per ottenere tale autorità (nota come trade rpomotion atorithy o TPA), quando andò a Quebec per il summit non aveva ancora tale autorità.
La difficoltà di Bush ad ottenere la TPA era indice di profonde divisioni nell’amministrazione e nell’opinione pubblica sulla politica commerciale. In primo luogo c’era l’opposizione democratica che tentava di imporre alla Casa Bianca le sue priorità. Essa collegava la concessione del suo voto favorevole all’introduzione di norme sul rispetto dell’ambiente e la tutela dei lavoratori di ogni accordo di scambio negoziato dal presidente. A tali prescrizioni si opponevano sia i repubblicani che i paesi in via di sviluppo, La Cina e la Russia non avrebbero mai accettato prescrizioni ambientali riguardo all’emissione di CO2 poiché le avrebbero considerate come tentativi degli Usa e dei paesi industrializzati di bloccare o frenare la loro crescita. Dall’altra c’erano gli interessi economici delle lobby economiche interne agli Usa in grado di condizionare le scelte legislative dei rappresentanti al Congresso. Quando a fine 2001 la Camera dei rappresentanti votò con un margine ristrettissimo la concessione della TPA a Bush all’interno del provvedimento approvato si stabilì che Bush non avrebbe potuto concludere alcun accordo commerciale in ambito agricolo.
Per molti paesi della regione, concludere un accordo per liberalizzare il commercio con Washington era uno strumento per accedere ai mercati e ai capitali statunitensi e ridurre le condizioni di estrema povertà in cui versavano i loro popoli.
Il Summit canadese si concluse con l’accordo di tutti i partecipanti a completare i negoziati per concludere l’Ftaa entro il 2005 e farlo entrare in vigore nel 2006.
Nei mesi seguenti l’amministrazione Bush assunse varie decisioni controverse con cui si inimicò numerose componenti dell’opinione pubblica mondiale, dalle forze ambientaliste (con il rifiuto di aderire al protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas e con l’idea di iniziare trivellazioni petrolifere nei paesaggi incontaminati dell’Alaska) ai sostenitori dei diritti civili (quando non volle ratificare l’istituzione del tribunale penale internazionale per i crimini di guerra). Comunque Bush continuò a portare aventi la sua politica latinoamericana privilegiando i rapporti con il Messico e assumendo atteggiamenti peculiari con Cuba e Venezuela.
Bush non aveva modificato l’atteggiamento di ostilità verso Cuba e per la sua amministrazione aveva scelto molti cubani-americani favorevoli al mantenimento dell’embargo.
Durante la campagna presidenziale dichiarò che avrebbe appoggiato la continuazione dell’embargo e nelle prime settimane di governo chiese al Congresso di inasprirlo con ulteriori restrizioni ai viaggi da e per Cuba, più supporto ai gruppi di opposizione a Castro. Quando però nel 2001 Cuba fu colpita dall’uragano Michelle firmò un ordine per permettere la vendita di cibo a Cuba contravvenendo alle norme stabilite da Clinton che vietavano di vendere alcunché a Castro.
La decisione di Bush era una soluzione di compromesso: avrebbe placato le richieste delle lobby agricole di esportare i loro prodotti a Cuba ma non avrebbe apportato modifiche all’embargo.
Il presidente venezuelano Chavez aveva assunto atteggiamenti poco amichevoli con gli Usa. Non aveva permesso agli aerei statunitensi impiegati alla lotta al narcotraffico di sorvolare lo spazio aereo. Aveva incontrato Saddam Hussein in Iraq in dispregio delle sanzioni imposte dall’Onu al paese. All’interno dell’Opec era il principale fautore della linea dura verso ogni richiesta degli Usa di ridurre le tensioni sui prezzi del petrolio con un incremento della produzione. Aveva iniziato a sostenere i bisogni energetici del regime di Castro con il greggio venezuelano.
L’amministrazione Bush non volle rispondere subito alle provocazioni dato che il Venezuela era il quarto fornitore di petrolio degli Usa.

Tratto da AMERICA LATINA E STATI UNITI di Filippo Amelotti
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