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L'umanesimo cristiano del Rinascimento

L’umanesimo cristiano del Rinascimento


Fu una rinascita antropologica poiché il nuovo di cui si fecero attivi importatori intellettuali di tutta l’Europa influenzò anche le coscienze delle masse tradizionalmente escluse dai processi di socializzazione culturale.
L’antropocentrismo rinascimentale esaltò valori e idee già appartenenti alla tradizione con un solo cambiamento: quello della prospettiva di riferimento. A un’idea della storia umana supina alla volontà divina, transitoria nell’attesa dell’ultraterreno si sostituì l’idea di una storia in cui l’uomo avrebbe potuto svolgere parti da protagonista. All’idea di una natura le cui gerarchie si riflettevano nella gerarchizzazione dell’umanità si sostituì quella di una natura e di un cosmo in cui l’uomo poteva indagare per meglio conoscere e comprendere l’opera della creazione. Ma Dio non era estromesso, acquistava una maggiore rilevanza per il diverso rapporto che l’uomo instaurava con Lui.
L’umanesimo non poté non essere cristiano. La sua prospettiva antropocentrica, il suo legame con la tradizione culturale dell’Europa cattolica, la sua volontà di sperimentazione del nuovo promesso dell’età aurea costrinsero la cultura nuova in schemi che non poterono prescindere dal passato. E così la ricerca e l’imitazione dell’età classica, cronologicamente più vicina all’età dell’oro, divenne anche la ricerca e l’imitazione del cristianesimo originale; la cura filologica dei testi latini e greci interessò anche le sacre scritture; l’esaltazione della dignità umana si trasferì nella contestazione di sistemi ecclesiastici fondati sul privilegio e sul sopruso.
Le tensione religiose che avevano costellato la scena medievale trovavano ora anch’esse una nuova prospettiva e speranze più solide basate su un differente utilizzo della ragione umana.
Schiere di dotti intellettuali, quasi tutti provenienti dagli ambienti ecclesiastici divennero gli artefici di una nuova cultura laica. Non si facevano solo interpreti di nascenti valori borghesi tendenti all’abbattimento della rigidità e dei vincoli di un costrittivo sistema feudale ma miravano più in alto: al ripristino di valori antichi che la ragione umana indicava come naturali e naturalmente perseguibili.
L’utopia entrava nella storia e si separava dalla sfera del mito. Il paradiso perduto poteva essere ritrovato, ripopolato con l’intervento dell’uomo che diventava artefice del proprio destino.

Tratto da LA NUOVA SPIRITUALITÀ DELL'ETÀ MODERNA di Filippo Amelotti
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