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La Repubblica cinese

Non furono tuttavia queste a realizzare l’obiettivo della tongmenghui di abbattere la dinastia, ma anzi, ad esautorare i Qing fu una rivolta del tutto indipendente rispetto agli ideali della lega, scoppiati nel bacino dello Yangzijiang, in seguito alla reazione dei notabili locali alla decisione governativa di nazionalizzare la linea ferroviaria Pechino-Hankou e altre in via di costruzione. La linea era stata finanziata dal capitale cinese ed era in costruzione ad opera di una compagnia provinciale controllata dal Presidente dell’Assemblea provinciale (abbiamo già detto come le Assemblee provinciali costituissero la formalizzazione degli interessi privati locali). La decisione del governo centrale (che tradiva gli interessi delle grandi potenze), determinò la formazione di una società segreta La Lega per la Difesa delle Strade Ferrate, e la violenta repressione operata dalla polizia ad una loro manifestazione, alimentò una più vasta reazione che spinse anche un’altra società segreta (affiliata al tongmenghui di Sun Yat-sen), la Società dei Fratelli Maggiori, a scendere in campo. Quest’ulti-ma organizzò bande armate di contadini, trasformando al protesta in una vera e propria rivolta. Frattanto nella città di Wuhan (che era momentaneamente sguarnita di difesa a causa della vicina rivolta da sedare), un’altra organizzazione rivoluzionaria -formatasi in seno all’Armata dello Hubei- la  Società di Studi Letterari, coadiuvata da un’altra società segreta affiliata al tongmenghui, insorgevano e, prese dall’esuberanza, proclamavano la fine della dinastia e l’instaurazione della Repubblica, invitando le altre province a fare lo stesso (ottobre 1911).

Subito ratificata dall’Assemblea provinciale dello Hubei la decisione fu presto imitata dalle Assemblee provinciali delle altre province (che come abbiamo già detto, costituivano ormai un vero e proprio movimento finalizzato ad ottenere maggiore autonomia e rappresentatività dal governo centrale, cioè un movimento che propugnava una svolta costituzionalista della monarchia o addirittura repubblicana). Non stupisce quindi che, fra ottobre e novembre, anche Hunan, Yunnan, Guangdong, Shanxi, Shaanxi, Guizhou, Guangxi, Jiangxi, Jiangsu, Zheijiang, Fujian, Sichuan e Shandong, si proclamassero indipendenti da Pechino. Alla fine di novembre il governo imperiale controllava solo Manciuria, Zhili, Henan e parte dello Shandong, e le uniche truppe sulle quali potesse contare erano quelle del generale Yuan Shikai. Le potenze straniere, dal canto loro, si erano proclamate neutrali dopo che i ribelli avevano assicurato che avrebbero onorato tutti i debiti ed i trattati sottoscritti dal governo imperiale. Compresa la situazione disperata la corte promise a Yuan Shikai la poltrona di primo ministro in cambio del suo intervento per stroncare la rivolta e ristabilire l’ordine nel paese. Questi accetto, ma subito dopo aver sconfitto l’esercito rivoluzionario a Hankou e a Hanyang, mise improvvisamente termine all’offensiva. Come sarebbe apparso chiaro più tardi, egli non mirava affatto a sconfiggere i rivoluzionari, ma intendeva servirsene nei confronti della corte imperiale per affermare il proprio potere personale. 

Nel frattempo il centro dell’iniziativa rivoluzionaria si spostava da Wuhan a Nanchino, dove i rappresentanti del tongmenghui si adoperarono per riuscire ad assumere la direzione politica della rivoluzione (che come abbiamo visto era scoppiata quasi indipendentemente da loro). L’arrivo di Sun Yat-sen, che era stato in Europa e Usa a perorare la causa rivoluzionaria, riuscì a porre fine ai contrasti fra i delegati inviati a Nanchino dalle Assemblee delle province insorte; così egli poté finalmente essere nominato presidente provvisorio della nuova Repubblica cinese (1° gennaio 1912).
Il nuovo governo repubblicano tuttavia, nonostante si presentasse come nazionale, controllava effettivamente solo l’area attorno a Nanchino: i territori delle altre provincie insorte godevano infatti della più totale autonomia politica e militare. Comprendendo l’estrema situazione di debolezza in cui versavano sia la corte imperiale che il governo repubblicano, Yuan Shikai colse l’occasione favorevole e il 12 febbraio 1912 costrinse la corte a conferirgli l’autorità per istituire un nuovo governo repubblicano e per trattare con il governo rivoluzionario. Così, mentre si consumava l’abdica-zione dell’imperatore-bambino Pu Py, l’Assemblea rivoluzionaria di Nanchino lo proclamava primo Presidente della nuova Repubblica cinese. Era il 14 febbraio 1912, il millenario Impero cinese fondato nel 222 a.C. da Shi Huangdi, cessava di esistere, questa volta per sempre. 

Tratto da STORIA DELLA CINA di Lorenzo Possamai
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