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Il rapporto medico-cittadino: verso un approccio a qualità connotativa


Il rapporto fra cittadino e medico sta modificandosi rapidamente, almeno nei ceti più colti ed attenti al problema.
“nomina sunt consequentia rerum”: se si adotta una prospettiva realista; ma vale la pena considerare anche l'ipotesi opposta, ovvero la possibilità che siano le parole ad etichettare, r quindi costruire, in modo più o meno stigmatizzante, gli oggetti a cui si riferiscono. In questa prospettiva ambivalente, occorre evidenziare il rapporto che intercorre tra il vocabolo “paziente” e il suo significato.
In parte, è sicuramente vero che il paziente deve essere paziente. La pazienza, in ambito sociosanitario, è tante cose: sofferenza, attesa, differimento del dolore, sopportazione, ma pazienza è soprattutto aver pazienza.
Oggi, si può notare un cambiamento di segno nella sua condizione. Il paziente si è infatti “accorto” di essere un portatore legittimo di diritti. La sua sensibilizzazione è dovuta principalmente a 4 fattori reciprocamente correlati:
1. una maggiore informazione ed una collegata crescita di consapevolezza;
2. l'estendersi di una concezione della salute di natura bio-psico-sociale e non solamente bio-medica;
3. un aumento dei diritti effettivi sanciti legalmente;
4. un ruolo più forte del co-settore nella sua funzione di advocacy.
UTENTE: è la riduzione burocratica di una situazione che è estremamente emotiva e che non implica un servizio diretto alla persona.
CLIENTE: implica un'opzione razionale e volontaria, nelle cose che contano o nei casi più gravi, che il cittadino malato non ha e non vorrebbe avere.
Bisogna ripartire dall'idea di cittadino. Quest'ultimo è un legittimo portatore di diritti e di doveri; è un soggetto di diritti sociali: il primo dei quali è l'assistenza sanitaria. La cittadinanza è un fatto politico, ma se questo non vuole limitarsi alla sola libertà e diventare sostanziale, deve estendersi almeno alla cittadinanza saniaria.
Bisogna porsi lungo un'ottica correlazionale: le parole non sono né una mera derivazione delle cose né sono costruzioni arbitrarie totalmente estrenee a ciò che indicano. Segni e referenti vanno visti come integrati: in questo caso “cittadino” sancisce una trasformazione di fatto dello status di paziente e una nostra opzioni morale e sociale.
MA QUAL E' UN MODELLO EFFICACE PER DESCRIVERE LA RELAZIONE TRA MEDICO E CITTADINO MALATO? IN CHE MODO TALE RELAZIONE PUO' DIVENTARE CORRELAZIONALE E MIGLIORARE LA QUALITA' DI TALE RAPPORTO?
Tale relazione, per avere senso, dovrebbe essere considerata come basata sulla connotazione.
La coppia su cui si basano le nostre considerazioni è quella classica denotazione/connotazione.
La denotazione può essere vista come il legame univoco tra segno e suo referente.
La connotazione è un concetto più sfumato che riguarda tutta quella serie di significati metaforici e di contorno che accompagnano un'espressione. E' un concetto posto al confine tra linguistica e sociologia.
Il rapporto medico-cittadino  malato secondo una prospettiva di tipo denotativo coincide con una relazione obiettivante. Il medico viene visto come il portatore di un particolare tipo di conoscenza specialistica, in grado di leggere i sintomi e di applicare le sue conoscenze scientifiche. La relazione è improntata sulla neutralità affettiva e l'intervento è diretto verso il desease.
Una relazione medico-cittadino fondata sulla connotazione implica invece un orientamento all'illness. Si fonda quindi sull'empatia.
Secondo questo approccio non è possibile che si raggiunga un'effettiva compliance, ovvero aderenza alla terapia, se non si raggiunge una relazione sensata tra medico e cittadino.

Tratto da VALUTARE LA QUALITÀ IN SANITÀ di Angela Tiano
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